Paideia : 5 la scuola italiana fra la metà dell’ottocento e
gli inizi del novecento
La scuola
italiana in realtà non partì benissimo.
La sua
ossatura infatti si venne a realizzare col varo della legge sulla Pubblica
Istruzione del 13 novembre 1859, comunemente indicata col nome del ministro
Gabrio Casati incaricato di redigerla, e il professore Renato Tisano, ne :
" Il dibattito sulla scuola in
Italia fra la metà dell’ottocento e gli
inizi del novecento "[1],
ci consente d'individuare i fattori che sono stati alla base delle scelte
didattiche dell'epoca.
Scopriamo così
che all'educazione scolastica era affidato il compito di : << .. Creare
una unità nazionale operante nella coscienza dei cittadini .. >>.
Il Regno di
Sardegna infatti non aveva un potenziale economico paragonabile a quello
prussiano che, galvanizzando gli scambi commerciali fra gli stati della
Confederazione Germanica, contribuisse all'armonizzazione culturale delle
popolazioni locali e a rendere condivisibile l'idea di uno stato unico. Per i
Savoia in definitiva l’unificazione dell’Italia era stata una mera espansione
territoriale che poteva contare, nelle regioni da annettere, solo sul consenso
di quella ristrettissima cerchia d’intellettuali e di notabilato che giudicava
l’unificazione nazionale un passo fondamentale verso la ricostituzione della
passata grandezza romana.
Da qui la
necessità di confidare nella scuola per superare le profonde differenze
linguistiche, d'usi e costumi degli ex stati peninsulari. Nella scuola primaria
a esempio : <<
.. Il principio unificatore è costituito dalla lingua materna. Di qui la
funzione preponderante attribuita alla lettura attraverso la quale vengono
offerte al fanciullo alcune nozioni di storia, geografia e scienze naturali ..
>>.
Nonché, in un
ambito più generale, l'esaltazione della : << .. Trinità Dio-Patria-Pamiglia ..
>>, e di risoluzioni del tipo : << .. Chi si contenta
gode .. >>, e : << .. Volere e potere .. >>.
Non è un caso
che il professor Tisano lo sottolinei ricordando il punto di vista di Giuseppe
Tarozzi nel congresso del 1905 della Federazione Nazionale Insegnanti Scuola
Media, dove nota : << .. Acutamente, che la posizione di privilegio attribuita alla
scuola classica trae origine non solo dalla supposta sua maggiore attitudine a
preparare all'istruzione universitaria mediante la formazione
linguistico-letteraria, ma dalla convinzione ch'essa tuteli il " carattere
etnico e patrio della cultura ", collegando così l'educazione classica e
orgoglio patriottico razziale .. >>.
L’attenzione
volta a far si che la futura classe dirigente si sentisse “ italiana “,
prosegue lo studioso, spiega per inciso come mai lo Stato non si sia mai
impegnato a fondo nella lotta all'analfabetismo e del resto, continua lo
scrittore, al primato dato all'italiano e alle materie storico-letterarie
contribuisce pure l'avversione del cattolicesimo per la scienza.
Non è un
segreto infatti che : << .. Il dispotismo politico e l'ingerenza ecclesiastica
specialmente nel campo della filosofìa e della scienza .. >>, abbiano :
<< .. Fatto si che, dopo Galileo, il primato scientifico passasse
dall'Italia ad altri paesi e che, per quel tanto ch'era possibile, il movimento
scientifico italiano si svolgesse nel corso del XVII e della prima metà del
XVIII secolo fuori dall'università .. >>.
Tant’è vero
che, ancora nella prima metà del XIX secolo : << .. In Italia non esiste nulla che
corrisponde all'École Poytecnique francese .. >>, mentre : << ..
Viceversa a Roma esiste ancora una cattedra di fisica sacra, avente lo scopo di
magnificare, con una trattazione distinta in 6 parti secondo i giorni della
creazione, l'opera del creatore e di confutare gli abusi delle scienze.. ».
Scontato è
dunque l'insegnamento che i prelati inculcano e, quel ch'è peggio, esigono che
pure gli altri adottino : greco, latino, letture e biografie " edificanti
", la filosofia " buona ", la letteratura " giusta ".
Non solo. Una
simile propensione culturale è pure
rafforzata dalla nostra arretratezza economica. Il pensiero scientifico
infatti, da quanto ci mostra la storia, ha il " brutto vizio " di
crescere assieme allo sviluppo dell’industria moderna e questo in quanto il
benessere conseguente all'effervescenza degli scambi stimola la
razionalizzazione dell'organizzazione del lavoro, il miglioramento delle
strumentazioni, delle tecniche produttive e della distribuzione. Rende
impellente nuove e più precise misurazioni, la scoperta di sostanze e materiali
più convenienti, progettazioni più accurate e complesse, ecc.
Un accentuato
sviluppo economico dunque inviterebbe a un dinamismo e a una ricerca che in
realtà sono completamente estranei alla mentalità di una società agricola e
povera qual'é quella italiana dell'800 e ciò fa si che da noi nulla intacchi
l'egemonia aristocratica.
Da qui, anche
nei suoi soggetti più acculturati, il disinteresse per le conoscenze fisiche e
tecniche a tutto vantaggio di quello che, esulando dal gretto utilitarismo
traibile dal " Finito “ accresca la spiritualità avvicinando al vero
Essere, " infinito “.
Non deve
dunque stupire se : << .. Il Gabelli nota che " alla metà del secolo
l'istruzione classica era l'unica che esistesse " e che ancora nel 1886
" noi avevamo, fra pubblici e privati, 737 ginnasi e 326 licei "..
>>.
Dove si
studiava : << .. Scrive a questo proposito Isidoro Del Lungo : ".. Poco e mal
curato italiano; .. storia appena di nomi e così la geografìa; un pizzico di
greco; filosofia in dose misurata e infine un piccolo catechismo di scienze
esatte schematizzato .. La cosa poi in fondo, che solo si studiava a buono era
il latino .. ". .. >>.
Certo : << .. Dopo
l'unificazione, anche in Italia, sotto la spinta della rivoluzione industriale,
si verifica la rottura dei quadri della cultura tradizionale. La legge Casati,
sia pure con molta cautela, non può non prenderne atto, facendo posto, nel
ginnasio e maggiormente nel liceo, alla matematica, alla fisica, alla chimica e
alle scienze naturali, accanto alle discipline tradizionali .. >>. Apertura
che : << ..
A molti tradizionalisti appare eccessiva, foriera di caos, vero cavallo di
Troia atto a favorire le invasioni del liceo da parte di giovani provenienti da
ambienti socio-culturalmente scadenti e, comunque non destinati all'università,
alle professioni libere e ai posti di comando .. >>.
E se è vero
che assistiamo : << .. Al moltiplicarsi di scuole
classiche o al sorgere di scuole tecniche o " popolari "
caratterizzate però dalle stigmate di una essenziale inferiorità nei riguardi
del vecchio liceo .. >>, le cose non vanno meglio all'università
perché fino agli inizi del '900 è costante la sua tenace chiusura : << .. Di
fronte alle finalità utilitarie e pratiche, la sua incapacità di superare
l'antitesi fra avviamento alla ricerca e preparazione professionale, la
persistente pretesa di lasciar fuori dall'università quei nuovi ordini di studi
dei quali la borghesia viene reclamando l'istituzione richiesta dall'affermarsi
dell'industria ( la preparazione degli ingegneri continua a essere affidata a
scuole d'applicazione ) .. >>.
Certo, come
già detto, le cose pian piano evolvono. Lo sviluppo industriale cominciato
nella seconda meta dell'ottocento e cresciuto a ritmi sostenuti nel primo
novecento, imporrà che gli allievi acquistino una maggior dimestichezza colle
scienze, nonché la creazione di numerose scuole a indirizzo tecnico e
professionale ( " Scuola Tecnica " e " Istituto Tecnico "
). Ciononostante la cultura umanistica mantiene il suo primato e non appena
l'ottimismo positivista nel progresso continuo e pacifico conoscerà le prime
battute d'arresto, si avrà un'esplosione idealista particolarmente truculenta
dove verrà ribadito a gran voce che v'è altro oltre il materialismo e che
quest'altro è più vero e profondo perché " motore " di tutto.
Ciò porterà ai
: <<
.. Fumosi vaneggiamenti degl'intellettuali .. >>, dietro ai quali
sono : <<
.. Identificate le forze delle quali l'ideologia irrazionalista è a un tempo
prodotto e strumento : quelle forze che porteranno presto l'Italia nel gorgo
della guerra e, subito dopo, al fascismo .. >>.
<< .. La crisi della
fiducia nel progresso continuo e pacifico, lo scatenarsi dell'attivismo
irrazionalistico del nazionalismo, dell'imperialismo .. >>, ebbero del
resto pesanti ripercussioni nella scuola. Questo perché : << ..
Naturalmente, prima di gettarsi in avventurose imprese di conquista, il
nazionalismo deve affondare le radici nell'animo degli italiani attraverso una
intensa e capillare azione educativa. Si tratta in primo luogo di conservare
netta la distinzione fra quadri dirigenti e massa, il che, tradotto in termini
scolastici vuol dire evitare ogni " inquinamento " della scuola
riservata alle elite, severità, espulsione dei " profani " dal "
tempio ". Tutti questi motivi hanno il loro momento polemico nella
violenta campagna da un lato contro la " mediocrità " e il grigiore
" della democrazia, dall'altro contro il " naturalismo "
positivistico. Il fiorire di teorie genericamente spiritualistiche,
volontaristiche, attivistiche, assolve allo scopo d'imporre una concezione
gerarchica e oligarchica della società, nella quale gl'intellettuali s'illudono
di costituire la vera "aristocrazia ".
L'esaltazione della cultura
classica ( .. ) sotto questo punto di vista è, per dirla con Luigi Salvatorelli
" l'analfabetismo degli alfabeti ", consistente in una infarinatura
storico-letteraria in cui i due elementi essenziali sono l'esaltazione di Roma
e dell'impero romano come nostri antenati e il racconto del Risorgimento ad
usum delphini .. >>.
[1] Dal VI° volume
della " Storia del pensiero filosofico e
scientifico " di Ludovico Geymonat, Milano,
ristampa della Nuova Edizione del 1977, Aldo Garzanti Editore. Tutti gli
stralci del paragrafo riportati fra virgolette, sono tratti dal presente
lavoro.