Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

giovedì 28 dicembre 2017

E se parlassimo un poco della voce?



Sentì nel parlare dei clienti un rapido calo di tono e ne ricevette come una scossa,  ma si avvicinò lo stesso al  bancone.

Da : " IL CORSO DELLE COSE " di  ANDREA CAM1LLERI

a ) La capacità d’interpretare le sfumature delle voci varia a seconda del sesso

Il carattere di una persona, così come i suoi stati d’animo, possono alterare il tono, il volume e la velocità della voce che il nostro temperamento e la fisiologia inducono a tenere. Con ciò s’intende dire, sia che determinati modi di parlare indicano tratti caratteriali generali, sia che non sempre i fini che si perseguono sono così cristallini come si dice.  E’ il caso di quando si raccontano frottole per scapolarla da una situazione difficile, oppure perché si teme un rifiuto o comunque di sfigurare, oppure si cerca di forzare la mano a un interlocutore timido o distratto perché prenda una data decisione.
Quest’ultimo del resto è un ferro del mestiere tipico del mondo femminile. I pregiudizi sociali infatti impongono alla donna di non manifestare apertamente desideri sessuali e, quindi, se non vuole contravvenire alle regole di bon ton e nel contempo non vuole farsi scappare qualche buon partito deve trovare sistemi indiretti e quindi non verbali per far capire il suo interesse. Modulare quindi adeguatamente la voce può fare al suo caso indicando all’ignaro prescelto che probabilmente suscita un qualche interesse in lei. Ma lo stesso varrà per quando lo avrà accalappiato e, sapendolo più forte e arrogante, cercherà d’indurlo indirettamente a prendere una decisione gradita, di modo che poi quello non possa accusarla di averla dovuta accontentare per forza.
Senza contare che comunque è sempre la donna la più capace a capire i sentimenti dell’interlocutore e che ciò le dà un vantaggio nel rapporto con l’altro sesso, mediamente più forte e aggressivo. L’essere in grado di capire lo stato emotivo di chi parla infatti la rende più consapevole dell’umore e del comportamento dell’altra persona dandole così occasione di reagire nel modo più confacente.
Non solo, grazie a questa sua maggiore sensibilità è in grado di intuire meglio i bisogni dei propri figli e la cosa aumenta le possibilità che i piccoli sopravvivano e crescano sani.
L’uomo invece, a cui la natura ha dato maggiori abilità guerriere, non aveva bisogno di simili sottigliezze. Per costui, nella guerra come nella caccia, contava il risultato in termini di nemici o prede abbattute o catturate e per riuscirvi abbisognava  di un linguaggio diretto e chiaro volto soprattutto a coordinare la propria azione con quella dei compagni.
Ne consegue appunto che l’uomo non attribuisce nessun senso alle variazioni di voce, se non che alcune sono assordanti, altre così basse da non essere udite, altre noiosi piagnistei. Ecco perché, spiegano Allan e Barbara Pease ( vedi bibliografia ), in un litigio non capiscono come mai la moglie urli : << .. “ Non usare quel tono con me! ” .. >>.
Pare addirittura che i canali auricolari dei ragazzi, soprattutto nella pubertà, crescano così rapidamente e convulsamente da farli soffrire di sordità temporanea ( altro che un affinamento dell’udito che li renda atti a rilevare e a interpretare le variazioni di voce altrui ). Da qui, la maggior veemenza ( sono infatti già più vivaci delle femmine e quindi già più predisposti a disubbidire ), con i quali i genitori li rimproverano di non ascoltare.
Non a caso, proseguono gli autori sopra citati, quando a scuola i professori riprendono verbalmente le studentesse riscontrano una discreta efficacia mentre per avere un qualche effetto positivo con i maschi prima li obbligano a guardarli per catturarne l’attenzione, poi li sgridano.

b ) Ciò ch’è possibile intuire dalla voce

Non è semplice risalire dai tratti della voce ( questi sono studiati dalla paralinguistica, che assieme alla prossemica e alla cinesica cercano di comprendere gli aspetti non-verbali della comunicazione ), “ al sentire “  e alla personalità che la emette. E questo in quanto la nostra attenzione, che è rivolta a cogliere il senso delle frasi dette dall’interlocutore, non riesce a soffermarsi sulle incongruenze tonali, vocali e ritmiche di chi parla, particolari che normalmente indicano tensioni, insicurezze, bugie.
Il discorrere dunque, disturbando la percezione degli elementi “ sotterranei “ della conversazione, non consente di riflettere su ciò che prova chi parla e così continuiamo a valutare gl’interlocutori a seconda di ciò che dicono. Quel ch’è certo è che gli stati d’animo influiscono sull’energia della persona al punto da riflettersi nel tono, nella velocità e nella veemenza con cui parliamo.
Secondo Marco Pacori ( vedi bibliografia ), un metodo per divenire più capaci di coglierli consterebbe nel mettersi davanti al televisore e, chiudendo gli occhi, seguire un talk show.
Vediamo a esempio come gli specialisti studiati descrivano gli elementi vocali che accompagnano i vari sentimenti che possono insorgere in una persona.
La voce di chi ha paura, è ansioso o nevrotico viene definita con aggettivi come acuta, strozzata, stridula e tremante. Il tono con cui costui parla ha poche modulazioni e aumenta la velocità dell’eloquio, rendendolo teso. Il discorso poi è spezzato da inspirazioni frettolose e superficiali, le pause sono lunghe e spesso inframezzate da sussulti, commenti acuti e rapidi laddove nuovi eventi spaventosi accadano. Aumentano gli errori di pronuncia e sintassi, si possono avere colpi di tosse convulsa, esitazioni, schiarimenti, balbuzie improvvisa, ripetizioni.
Se tristi o depressi la voce è profonda e monocorde, il soggetto parla lentamente, prende frequenti e lunghe pause, l’articolazione delle parole è buona. A volte si riduce a un bisbiglio.
La voce di chi è gioioso o prova piacere risulta piena, melodiosa, calda, squillante e alta. La parlata è veloce e serrata.
Chi disprezza o prova disgusto articola le parole lentamente e con forza, il tono è incolore, a volte nasale, cadenzato. Le pause sono brevi.
Il rabbioso parla in fretta, le parole sono chiare, precise e ben scandite. Il volume è alto sino alle grida, la voce dura e piena. Le pause sono brevi. La tonalità è secca, perentoria, spigolosa
Chi è rilassato formula frasi più lunghe, il tono è basso, il ritmo di articolazione delle parole è regolare e la voce più sonora.
L’annoiato ha voce piatta e profonda e il parlato è lento e stanco. Il remissivo ha voce acuta, flebile e soffocata. Chi parla velocemente e fluentemente è estroverso, vitale, spigliato.

c ) Sul volume della voce

Sicuramente più interessante, perché facilmente verificabile, è il fatto che quando finiamo di fare una domanda o vogliamo creare una maggiore aspettativa alziamo la voce e contemporaneamente spostiamo verso l’alto le gestualizzazioni delle mani mentre quando la narrazione verte su fatti meno avvincenti oppure vogliamo cedere la parola ad altri, abbassiamo il volume e i movimenti delle mani.
Fabio Pandiscia ( vedi bibliografia ), spiega che se si è distanti da due persone che colloquiano si può capire se parlano ad alta voce osservando, per l’appunto, l’altezza delle mani. Anna Guglielmi invece ( vedi bibliografia ), informa che per catturare l’attenzione di un uditorio a volte basta abbassare la voce. In questo modo gli astanti, se vogliono capire ciò che gli si dice, saranno obbligati a porre più attenzione a chi parla. 
Di solito se si fa una breve pausa per poi riprendere a parlare di un argomento che ci piace il tono rimarrà alto e così pure la testa e i gesti della mano. Se l’interlocutore è vicino e si usa con lui un volume molto alto la cosa verrà interpretata dall’altro come un’invasione del proprio territorio e quindi darà adito a sue reazioni difensive o, se questi si riconosce  come suo subordinato o capisce di aver torto, a comportamenti servili.
D’altro canto usare un tono di voce alto implica  il volersi affermare perentoriamente oppure l’esternare qualcosa che ci sta a cuore. In tal caso quanto maggiore è la foga adoperata tanto maggiore è il pericolo che gl’interlocutori più tranquilli si sentano oppressi.
Spesso le donne, per dimostrare la propria autorità, tendono ad alzare la voce. Gli uomini considerano un simile comportamento un atto di aggressione e la cosa è all’origine di molti litigi fra le coppie.
I timidi si esprimono con voce sorda, strozzata e sottile. Le persone dominanti e intraprendenti adoperano un volume più alto e parlano velocemente. Ciò che dicono inoltre sarà coerente con quanto il loro corpo esprime ( il non verbale sarà quindi “ congruente “ con quanto detto ).
Un vecchio proverbio dice : Paese che vai usanze che trovi e a quanto pare ciò vale pure per le faccende riguardanti il volume della voce. Giuseppe Maffeis infatti ( vedi bibliografia ), spiega che in Giappone quando le donne si rivolgono all’altro sesso e la cosa è ancor più pronunciata durante occasioni ufficiali o di lavoro, usano un tono acuto e molto squillante. Gli arabi invece, per invogliare il proprio interlocutore ad intervenire nel discorso, tendono ad abbassare la voce. Gli inglesi d’altro canto, quando non vogliono essere interrotti abbassano la voce.

d ) Sul tono della voce ovvero la modulazione della voce  

Enfatizzare adeguatamente le parti di un discorso che paiano importanti, oppure l’accompagnare quelli tecnici in modo distaccato e freddo, consente di rendere più interessante e credibile quanto si dice. In quest’ultimo caso infatti, si cerca giustamente di lasciare che l’uditore si concentri su dati che già di per sé paiono convincenti mentre si tende a sottolineare l’importanza di quanto si sostiene allorquando la tesi sposata non paia inoppugnabile di per sé ma solo grazie alla certezza che l’oratore trasfonde in essa. Non è un caso che una persona particolarmente capace di trasmettere questo tipo di sensazioni venga giudicata appassionata e intelligente mentre chi generalmente parli in maniera fredda e monotona sembri piuttosto limitato. Un tipo siffatto del resto, se arringa l’uditorio pronunciandosi in maniera piatta e incolore lo annoierà invece di entusiasmarlo e ne perderà i favori. Il perché ciò accada è abbastanza facile da spiegare : un discorso che faccia appello ai sentimenti delle persone ma che venga espresso in maniera monocorde indica una frattura tale fra quanto sostenuto e l’intensità della propria fede al riguardo da risultare falso.
Chi dice bugie in effetti non si comporta molto diversamente. Il timore che una qualche nostra azione venga giudicata riprovevole dalla comunità e faccia scattare ritorsioni innesca tensioni che cercano uno sfogo fisico in movimenti, gesti e tic che il soggetto cerca di nascondere. Ne consegue che costui tenda a parlare più velocemente del solito per togliersi al più presto da una situazione imbarazzante, usi frasi brevi e pause lunghe come per cercare parole che non lo possano tradire e il tono sia spesso inadeguato e spezzato da una respirazione corta e frettolosa.
Marco Pacori ( vedi bibliografia ), spiega che secondo David Givens, le coppie tenderebbero a parlare a voce bassa e a sussurrare in quanto, nei vertebrati, la percezione del suono si sarebbe evoluta dal senso del tatto. Secondo lo studioso dunque il parlare piano verrebbe percepito come una carezza data per mezzo della voce e la cosa quindi risulterebbe particolarmente gradita, sia dagli amanti, sia dai genitori con i loro piccoli.
A coronamento del discorso è da ricordare che nella fase del corteggiamento la priorità data dai due innamorati va al mostrarsi inoffensivi e al suscitare la migliore impressione e questa è appunto la sensazione che ci dà chi parli a bassa voce e con calore. Non solo, così facendo si mostra di essere interamente dediti al potenziale partner, l’uno perché intento a capire cosa stia sussurrando l’altro che, del resto, rivolge la propria attenzione esclusivamente all’oggetto del proprio desiderio.
Nella fase del corteggiamento molte donne sfoggiano una voce acuta, quasi canteri­na, tipica della loro fanciullezza. Solitamente la cosa è piuttosto gradita dagli uomini, sia perché a questa tonalità corrispondono livelli elevati di estrogeni, sia in quanto, ricordando la propria inermità infantile, risveglia gl’istinti protettivi maschili. Le donne d’altro canto sono attratte dagli uomini la cui voce sia bassa e profonda e questo perché segno di un alto tasso di testosterone e quindi di una buona virilità. Ne consegue, spiegano Allan e Barbara Pease ( vedi bibliografia ), che : << .. Di solito, quan­do una donna aumenta la tonalità di voce e un uomo la abbas­sa, significa che si desiderano sessualmente. .. >>. Oddio, può pure capitare che anche l’uomo sfoggi una voce acuta e comportamenti infantili per fare breccia sull’istinto di donne particolarmente materne e ciò può innescare benissimo l’inizio di una relazione ma un tale comportamento solitamente indica il riproporre uno schema infantile che, se all’epoca era funzionale adesso indica  una persona non pienamente matura.
In linea generale nell’ambiente di lavoro gli uomini tendono a reputare le donne dalla voce più profonda come più intelligenti e credibili.
Allan e Barbara Pease ( vedi bibliografia ) affermano che : << .. Per ottenere questa tonalità di voce è sufficiente abbassare il mento e parla­re in modo più lento e monotono. Nel tentativo di acquisire au­torità molte donne alzano, sbagliando, la voce, ma ciò le fa sem­brare aggressive. È stato inoltre osservato che alcune donne obese usano una voce fanciullesca per contrastare il potere del­la mole, altre, per incoraggiare un atteggiamento protettivo ne­gli uomini a cui sono interessate. .. >>.
Se si ha a che fare con una persona non particolarmente attraente non si avrà alcun interesse a mantenere il rapporto e a rendersi gradito, per cui la voce non sarà calorosa, non ci si curerà di essere divertenti, ci si dilungherà poco sull’argomento trattato e al suo esaurimento seguiranno pause piuttosto lunghe, chiaro indizio che con l’interlocutore si sta mantenendo quel tanto di relazione che possa farci parere ben educati. La faccenda però cambia se si è vecchi amici o una coppia consolidata o se si è in Oriente. In questi casi lo stare a lungo in silenzio senza provare fastidio oppure il prendersi lunghe pause indicano un'ottima intesa e armonia tra gli interlocutori.
La faccenda va diversamente con soggetti di cui si voglia conquistare l’amicizia o con i quali si desideri stringere legami più profondi. In questo caso infatti si cercherà di essere affascinanti, modulando la voce e comportandosi in modo da rendersi ben accetti, anzi ammalianti.
In simili frangenti pare addirittura che l’uomo sfoderi all’inizio un tono più acuto, infantile, volto a voler mostrare la mancanza di aggressività. Userà poi un tono medio per comunicare la propria sicurezza e disponibilità e  infine più basso quando si entrerà nel pieno della confidenza con l‘altro. Se meno sicuro però il volume della sua voce sarà più basso e il tono sommesso
Marco Pacori ( vedi bibliografia ) spiega che : << .. Una recente indagine condotta da Susan Hughes, Sally Farley e Bradley Rhodes ha dimostrato che in effetti entrambi i sessi modificano la voce quando si trovano di fronte a qualcuno da cui sono attratti, rendendola più roca e profonda. .. >>.
Allan e Barbara Pease (vedi bibliografia ), sempre particolarmente attenti alle caratteristiche peculiari dei due sessi, ci informano che : << .. Le donne, quando ascoltano, utilizzano una serie di suoni acu­ti e profondi (cinque toni), inclusi gli “ooh” e gli “aah”; gli uo­mini dispongono di una serie di toni più limitata (solo tre) e hanno difficoltà nel decifrare i significati che si nascondono dietro i cambiamenti di tono, perciò parlano con voce più mo­notona. Per mostrare che stanno ascoltando, usano ciò che viene de­finito “il grugnito”, ossia una serie di brevi “hmm” intercalati da sporadici cenni del capo. Le donne criticano i partner per questa forma d’ascolto, che spiega in parte la ragione per cui li accusano spesso di non dare loro retta: in molti casi gli uomini stanno effettivamente ascoltando, però non lo dimostrano. .. >>..
Ne consegue che se le donne, sia che parlino di lavoro o d’altro, riscontrano nei loro interlocutori dei suoni del genere non devono reputarlo un segnale negativo, anzi. E se  invece di manifestare assenso alle idee dei maschi con un fiume di parole manterranno un atteggiamento freddo, rotto qua e là da un qualche uhmm, diverranno pure più credibili agli occhi di quelli.

e )  Schiarirsi la voce

Schiarirsi la voce oppure dare un colpo di tosse senza che ragioni di salute giustifichino la cosa indicano che quanto detto o ascoltato è fonte di tensione e quindi poco gradito. Per Pacori ( vedi bibliografia ) : << .. Dal punto di vista fisiologico, tosse e raschiamento della go­la sono risposte riflesse dovute a un’irritazione della mucosa della gola; nel nostro caso, la sensazione di prurito è provocata da una breve sospensione del respiro nel colpo di tosse e da una deglutizione forzata di saliva nel raschiamento della voce. Entrambi questi fenomeni compaiono associati a stimoli emotivi forti e inaspettati (Sternbach, 1960). .. >>.
Se dunque l’interlocutore non schiarisce la voce o tossisce a causa di un raffreddamento o altro, è probabile che reagisca così, spiega Fabio Pandiscia ( vedi bibliografia ), per : << .. Espellere simbolicamente un qualcosa, un allontanare un argomento, un ge­sto, un segno o una parola; è uno dei scarichi di tensione più usati in un colloquio. .. >>.
Può pure capitare che sostituisca una richiesta, è il caso di quando qualcuno ostruisce il cammino o comunque si voglia far sentire la propria presenza in modo discreto ma se viene fatto in riferimento a un qualcosa che ci turba profondamente è probabile che l’improvvisa apprensione provata possa ingenerare la reazione fisiologica descritta sopra

f ) Riferimenti bibliografici

Vera F. Birkenbihl, Segnali del corpo, Milano 1998, Franco Angeli srl.
Vincenzo Fanelli, Trova l'anima gemella, Milano 2010, Tecniche Nuove
Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A Giuseppe Maffeis, Guida pratica – Il linguaggio del corpo, Milano 2011, Edizioni Riza S. p. A.
Angelo Musso, Ornella Gadoni, Giusy Musso, Il linguaggio segreto del corpo, Milano 2000 1° edizione, Gruppo Editoriale Futura SpA
Marco Pacori, I segreti della comunicazione, Milano 2000, DVE Italia S.p.A
Marco Pacori, I messaggi segreti del corpo, Milano 2012, Giunti Editore S.p.A.
Marco Pacori, I segreti del linguaggio del corpo, Milano 2010, Sperling & Kupfer Editori S.p.A.
Marco Pacori, Il linguaggio del corpo in amore, Milano 2011, Sperling & Kupfer Editori S.p.A.
Marco Pacori, Come interpretare i messaggi del corpo, Milano 2002, DVE ITALIA S.p.A.
Fabio Pandiscia, Comunicare bene, Francavilla al Mare 2009, Edizioni Psiconline S.r.l.
Allan e Barbara Pease, perché gli uomini possono fare una sola cosa per volta, Milano, 3° edizione Sonzogno 2005, RCS libri S.p.A.
Allan & Barbara Pease, Perché gli uomini .. Perché le donne .. La bibbia del vivere in due,  Milano 2006, RCS Libri S. p. A.
Allan e Barbara Pease, Perché le donne non sanno leggere le cartine e gli uomini non si fermano mai a chiedere?, Milano, XIII° edizione Sonzogno 2004, RCS libri S.p.A.


domenica 10 dicembre 2017

Il Tipo 5 dell'Enneagramma, detto anche l'Osservatore undicesimo paragrafo

Ha sensi di colpa ed ha un Super Io esigente. E’ poi un operatore obiettivo e acritico.


Secondo Naranjo[1] mentre l’8, che non si sente amato, s’arrabbia e : << .. Si predispone a .. >>, lottare da solo : << .. Per soddisfare i propri bisogni .. >>, il 5, isolandosi, è come se : << .. Annullasse la presenza dell'altro nel suo mondo interiore .. >>. Il disprezzo con cui lo tratta però gli fa avvertire: << .. Un senso di colpa che non solo è paragonabile a quello del prepotente ma è ancor più “ visibile “, perché nel prepotente viene negato per difesa mentre qui si manifesta come una tendenza pervasiva e kafkiana. .. >>.
Ciò fa si che : << .. Il tipo Cinque ( insieme al Quattro, situato nella parte inferiore dell'enneagramma ) .. >>, sia : << .. Caratterizzato da una tendenza alla colpa ( che il tipo Quat­tro avverte più intensamente ), che egli ' argina ' mettendo una debita distan­za fra sé e i sentimenti. Tuttavia, la presenza della colpa si rivela in un vago senso di inferiorità, nella vulnerabilità all'intimidazione, nella goffaggine e in un certo senso di imbarazzo e, soprattutto, nella riservatezza, che è il tratto più caratteristico di questa persona. .. >>.
Secondo Naranjo,[2] il senso di colpa del 5 implica la : << .. Presenza di un Super Io esigente .. >>,  che, così come per l’1, gli fa chiedere : << .. Molto a se stesso e agli altri. >>. Solo che : << .. Il perfezionismo dell’Uno è più esteriore, mentre quello del Cinque è più interno. Inoltre, il primo aderisce in una certa misura a un'identifica­zione con il Super-Io, mentre il secondo si identifica con il suo sé svalutato. .. >>.
Del resto è proprio in quanto il 5 : << .. S’identifica con la sottopersonalità vessata e colpevole, oggetto delle richieste del Super-Io .. >>, ( l’1 invece : << .. S’identifica col super-Io-sè coerente .. >>), che coltiva : << .. L’introversione del tipo pensiero che evita l’azione .. >>, minimizza i bisogni, le pretese ( l’1 invece è esigente ) e si fa : << .. Comandare a bacchetta in virtù di una obbedienza compulsiva .. >>.
Secondo la Palmer[3] la : << .. Capacità di distacco emotivo li rende adatti a incarichi decisionali .. >>, o, visto che : << .. Non perdono la lucidità nelle situazioni più difficili .. >>, a : << .. Stare vicini alle persone in situazione di stress .. >>. Sono poi : << .. Amici per la vita a patto di conservare l’indipendenza e la possibilità di ritirarsi quando ne sentono il bisogno. .. >>.
I 5, dice la Fumagalli[4], considerano : << .. Il proprio tempo un bene preziosissimo ( ritengono infatti di non averne mai a sufficienza ), che deve essere impiegato per approfondire conoscenze sempre nuove e che non deve essere sprecato. .. >>.
<< .. Un cinque è, solitamente, una persona tranquilla .. >>, che si annoia raramente. Questo perché : << .. Ha sempre qualcosa da fare .. >>, e se : << .. Arriva a tradurre in azione il proprio pensiero e la propria razionalità .. >>, non : << .. Oppone resistenza alle opportunità di entrare in comunicazione con il prossimo .. >>. Diventa così : << .. Una persona preziosa per la società. .. >>.
Visto che vuole conoscere le cose e non valutarle : << .. Si astiene dal formulare giudizi moralistici e dall’esprimere delle critiche : questo è rassicurante per chi gli sta vicino perché non lo fa sentire in colpa .. >>. Ogni scelta di vita poi è : << .. Il frutto di una attenta ed elaborata riflessione .. >>, e per Baron e Wagele[5] non si lascia : << .. Influenzare dalle circostanze sociali. .. >>.
Il 5 integrato infine : << .. E’ in grado di distaccarsi dalle cose ma non si sente obbligato a farlo. .. >>. Il 5 non integrato : << .. Deve rinunciare alle emozioni, ai sentimenti, alle relazioni perché ha paura di  non saperle gestire .. >>.





[1] Claudio Naranjo, Carattere e nevrosi, Roma 1996, Astrolabio
[2] Claudio Naranjo, Carattere e nevrosi, Roma 1996, Astrolabio
[3] Helen Palmer, L’Enneagramma, Roma 1996, Astrolabio
[4] Teresa Fumagalli, Enneagramma in pratica, Colognola ai Colli 1998, Demetra
[5] Renee Baron ed Elizabeth Wagele, L’Enneagramma facile facile, Cinisello Balsamo 1996, San Paolo Edizioni

martedì 21 novembre 2017

Sul sonno : terza parte. Come dormi?

a ) Tanto per rilassarsi un poco

.. Si erano fatte le cinque del mattino, era inutile toccare il letto. Si fece una doccia lunghissima, si rasò, si vestì, s'assittò sulla panca della verandina a taliàre  il mare che arrisaccava a lento, come un  calmo respiro.  Si era fatta una napoletana da quattro : ogni tanto si susìva, andava in  cucina, riempiva la tazza, tornava ad assittarsi.  Era contento per il suo amico  Calòrio ..

Da : “ UN MESE CON MONTALBANO “ di ANDREA CAMILLERI

b ) Ma ne siamo proprio sicuri?

La tesi che le posizioni da noi preferite per indurre il sonno non siano frutto della casualità è avvalorata da tanto di studi. Lo sostiene a esempio Chris Idzikowski, direttore dello Sleep Assessment and Advisory Service (Servizio di consulenza e valutazione del sonno) di Londra e docente all’Università del Surrey, che ha studiato il sonno di circa 1000 connazionali. Dalle sue ricerche emergerebbe tra l’altro che addormentarsi sul lato destro favorirebbe un sonno ristoratore e tranquillo mentre chi preferisce quello sinistro andrebbe maggiormente incontro a incubi o sonni agitati. Lo stesso professore su Sleep and Hypnosis affermerebbe che il modo in cui ci si addormenta influenza lo stato emotivo dei nostri sogni.
Stress, ansia, caffè e sigarette, sempre a suo avviso,  contribuirebbero a far soffrire di mioclonie notturne, ovvero brusche contrazioni muscolari agli arti inferiori accompagnate spesso dalla sensazione di cadere e da un improvviso risveglio. Stesse cause, a cui poi si deve aggiungere la presenza di traumi emotivi, starebbero alla base del PLMD (Periodic Limb Moving Disorder ), ovvero la contrazione alle gambe con estensione dell’alluce e con una parziale flessione delle anche o delle ginocchia.
Non credo  comunque che sia facile arrivare a conclusioni incontestabili e questo proprio in quanto mi è parso di capire che in alcuni casi chi scrive sull’argomento si mantiene sulle generali. Detto ciò “ tiremm innanz! “.

c ) Le posizioni assunte durante il sonno e le relazioni col carattere

Anche se ricordarlo può sembrare banale risvegliarsi abbracciati produce sensazioni molto belle e sicuramente rafforza la convinzione d’essere innamorati.
Molto simile è il dormire coricato su un fianco e con un braccio allungato verso il partner, posizione che rivela un atteggiamento aperto al dialogo e protettivo, un interessamento serio, tenero e responsabile.
Un partner che dorma rannicchiato nel letto e dalla parte opposta alla nostra può  essere una persona che ha bisogno di spazio per non sentirsi invaso o comunque che non gradisca molto l’esperienza provata.
I maschi preferiscono generalmente dormire vicino alla porta e la cosa si spiega con il loro ruolo ancestrale di difensori del nucleo familiare. Il mettersi vicino all’ingresso infatti dà l’impressione di voler far da scudo col proprio corpo davanti a eventuali aggressori e il tutto a beneficio della propria compagna e dei figli che dormono nella stanza.
Lo stare a pancia in giù, la testa sotto il cuscino che è cinto dalle braccia, viene associato a persone estroverse e soddisfatte, a volte addirittura sfacciate, che però sono permalose e suscettibili. Si tratterebbe poi di soggetti che non amano sorprese e forti emozioni e quindi tenderebbero a voler controllare gli eventi.
A me consta però che si tratti di una posizione non particolarmente comoda. La respirazione infatti è ostacolata dal fatto che bocca, petto e naso sono schiacciati dal peso del corpo. Il cuscino sul capo del resto aumenta l’umidità e la temperatura della zona e ciò fa si che il preferirla ad altre posture implichi, nella maggior parte dei casi, un tale desiderio di sfuggire la realtà da trovare comoda una posizione che in realtà non lo è. Potrebbe preferirla chi vorrebbe dormire ma è così irritato dalle voci e dai rumori ambientali da “ lasciarseli alle spalle “, oppure da un soggetto ( spesso un bambino o un anziano ), che abbia comunque paura del buio e s’illuda che nascondendosi possa  evitare i pericoli che la notte e la sua immaginazione comportano.
C’è chi preferisce dormire rannicchiato, piegandosi e alzando le ginocchia ( posizione fetale ), come se volesse abbracciarsi. In questo modo il ventre risulta protetto e comunque si offre ai potenziali aggressori una minore superficie corporea. E’ una probabile conseguenza di rapporti infantili conflittuali e pare che sia più accentuata nelle donne che, notoriamente, sono preda di maggiori ansietà legate alle sfera sessuale ( quali la gratificazione emotiva ed erotica in un rapporto che le vede soggetto passivo ), e hanno quindi anche più probabilità di sentirsi insoddisfatte. Il soggetto che l’assuma abitualmente è perciò insicuro e inibito e ha certamente bisogno di maggiori attenzioni affinché si “ lasci andare “. Spesso questo signore stringe forte il cuscino a sé o si avvolge fra le lenzuola e le coperte tirandosele fin sopra la testa anche se in questo caso il fatto rivela una maggiore tendenza a manifestare tratti  capricciosi.
Altra questione è quella di chi, prima di dormire si rimbocca con cura le coperte. Si comporta in tal modo chi risulta essere così “ chiuso “ e timido da parere senza energia e vitalità
La Birkenbihl ( vedi bibliografia ) distingue poi una posizione semifetale, che si differenzierebbe dalla precedente perché l’individuo tiene le ginocchia meno piegate. Pare che una simile postura sia preferita da persone meno disadattate e quindi più equilibrate.
Dorme a pancia in su con le braccia stese lungo i fianchi, le gambe dritte e la testa leggermente piegata di lato una persona  calma, riflessiva e riservata.
Chi dorme invece sulla schiena con gambe e braccia larghe manifesta fiducia e soddisfazione. E’ infatti una posizione dove l’individuo tende a occupare più spazio ( gambe e braccia larghe ), e dà prova di sicurezza lasciando il vulnerabile ventre in bella vista. Solitamente un tipo siffatto ama dormire poco coperto e molte volte ha i piedi fuori. Si tratta di una persona impetuosa e disordinata, espan­siva, socievole e disponibile all'ascolto.
Tenere comunque le braccia sopra la testa o all’altezza delle spalle indica una persona sicura di sé e attiva, che sa controllarsi e si conosce bene. Il non rimboccare le coperte è segno di indipendenza e dinamismo, propri di chi ha una forte personalità e ama comandare.
Chi dorme sulla schiena con le braccia affiancate al tronco e le gambe dritte è solitamente calmo e riservato. La confusione lo irrita e pretende molto sia da se che dagli altri.
Se si tende ad addormentarsi sul fianco, le braccia lungo i fianchi e le gambe unite come se si fosse sugli attenti, dovrebbe avere una natura accomodante, estroversa e fiduciosa. In genere al mattino si tende a svegliarsi nella stessa posizione, con le lenzuola e le coperte piuttosto in ordine.
Sembra che preferisca dormire di fianco con le braccia perpendicolari al corpo, talvolta poste sotto il cuscino, una persona aperta ma anche sospettosa e cinica. Lenta nel decidere ma irremovibile una volta che l’abbia presa.
Pare che chi dorma senza cuscino sia una persona so­bria, essenziale e organizzata. Non ammette debolezze e non cerca di piacere: desidera es­sere accettata per quello che è.
Chi invece preferisce farlo appoggiando la testa sopra a grossi e morbidi guanciali è piuttosto pigro, e dà importanza al benessere materiale e al lusso.
Riposare con la testa rialzata da due cuscini denota una persona vivace, energica, indipendente.

d ) Riferimenti bibliografici
Vera F. Birkenbihl, Segnali del corpo, Milano 1998, Franco Angeli srl.
Giovanni Chimirri, I gesti che seducono, Milano I998, Giovanni De Vecchi Editore
Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A.
Giuseppe Maffeis, Guida pratica – Il linguaggio del corpo, Milano 2011, Edizioni Riza S. p. A.
Desmond Morris, L’uomo e i suoi gesti, Milano, V edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.
Marco Pacori, I segreti del linguaggio del corpo, Milano 2010, Sperling & Kupfer S.p.A.
Allan & Barbara Pease, Perché gli uomini .. Perché le donne .. La bibbia del vivere in due,  Milano 2006, RCS Libri S. p. A.


lunedì 6 novembre 2017

Sul sonno : seconda parte : scusi disturbo?


a ) Disturbi del sonno

Spesso il sonnambulismo si verifica durante il primo terzo del principale episodio di sonno. In quest’occasione è tipico alzarsi dal letto e muoversi nei dintorni per un tempo che può variare da pochi minuti a mezz’ora. Chi ne va soggetto ha un'espressione fissa, vuo­ta e al mattino non ricorda alcunché.
Il paziente può arrivare persino a uscire di casa, mettere in moto l’auto, andare in bagno, conversare, mangiare o essere preso dal panico e tentare di sfuggire pericoli immaginari. Se piccino può urinare in casa.
Quando un sonnambulo dialoga con qualcuno si esprime poveramente, è difficile risvegliarlo e quando accade rimane confuso per parecchio tempo.
E’ possibile che chi sia affetto da un tale disturbo cerchi di non rivelarlo agli altri venendo così a soffrire di isolamento sociale o difficoltà lavorativa.
Rumori in casa, il bisogno di svuotare la vescica, l’essere stressato, l’uso di alcol e sedativi nonché l’aver semplicemente fame possono indurre il soggetto a un episodio sonnambulico. Lo stesso poi può ferirsi o addirittura provare terrore, nel qual caso può far male a terzi.
Negli adulti può essere associato ad ansia e disturbi dell’umore e ne possono aumentare la frequenza febbre, apnee, movimenti pe­riodici idiopatici degli arti ed emicranie. Spesso i maschi adulti possono avere episodi sonnambulici violenti mentre è più facile che le donne mangino. Nei giovani il fenomeno di solito scompare da sé. Può comunque capitare che la sintomatologia riprenda più avanti e negli adulti segua un decorso cronico a fase altalenanti.
Per Otto Fenichel, ( vedi bibliografia ), il sonnambulismo sarebbe una forma di : << .. Conversione caratterizzata dalla sopraffazione dell’Io da parte di uno stimolo intenso .. >>,  che spinge a una : << .. Sindrome arcaica di scarico. .. >>.
Più precisamente realizzerebbe : << .. Uno scarico pantomimico della tensione interna. .. >>. A volte però rappresenta : << .. Una fuga dal luogo di tentazione .. >>, altre volte la : << .. Soddisfazione potenziale d’impulsi inconsci .. >>, oppure il modo per trovare sicurezza contro questi.
Chi soffre d’insonnia lamenta difficoltà ad addormentarsi e frequenti risvegli. La causa del fenomeno è da ricercarsi in un condizionamento negativo riguardo il sonno e in parte può essere dovuto a stress psicologico, mentale, medico e sociale, in parte agli effetti diurni di una lieve perdita di sonno.
Può succedere dunque che un episodio depressivo o una malattia inducano a una maggior fatica a riposarsi che poi permarrebbe anche successivamente oppure che una probabile e normale diminuzione del bisogno di dormire dovuta al procedere dell’età causi un’ansietà tale da sviluppare una sorta d’incompatibilità con la camera da letto, gli arredi e l’idea stessa di dormire. Capita così che il soggetto poi s’addormenti in momenti meno adeguati o si trovi meglio in luoghi nuovi. Se la cosa persiste ovviamente, lamenterà un minor benessere, una diminuzione della capacità di concentrazione, maggiore affaticabilità e un peggioramento dell’umore.
Spesso costui pensa di aver avuto un sonno di durata minore di quanto sia realmente avvenuto e  in genere non ha sonnolenza diurna. Soventemente presenta una maggiore tensione muscolare, ha problemi digestivi, è più introverso, è depresso e ha una maggiore reattività fisiologica allo stress.
Un simile disturbo diventa  più fre­quente con il crescere dell'età e fra le donne. Gli adulti  lamentano difficoltà di addormentamento mentre gli anziani sono soggetti ad avere, sia difficoltà riguardo il mantenimento del sonno, sia un precoce risveglio mattutino.
Nell’ipersonnia viene accusata una tale sonnolenza d’aver difficoltà a risvegliarsi e di giorno si diviene preda di frequenti sonnellini che, sebbene durino anche un’ora o più, non risultano ristoratori. La persona che ne è affetta dunque continua a sentirsi stanca ed è soggetta a repentini addormentamenti che possono interferire con il normale svolgimento dell’attività ( calo di memoria, efficienza, concentrazione ), nonché esporlo a rischi per la propria incolumità e quella altrui.
Tra le cause di un simile comportamento v’è una notevole apatia verso gli accadimenti che, se valutata come noia o pigrizia, disturba notevolmente le relazioni sociali e familiari.
Spesso questo soggetto, per ovviare alla stanchezza può abusare di stimolanti. Svegliandosi poi è confuso, litigioso o atassico ( “ ubriaco da sonno “ ). La sonnolenza diurna persistente inoltre può portare a comportamenti automatici ( usualmente di tipo routinario, poco complessi) che il soggetto esegue con poca o nessuna memoria successiva.
Nella maggior parte dei casi il decorso è cronico.
A volte l'insonnia e l'ipersonnia sono sintomi di un qualche disturbo mentale e spesso il paziente è portato a concentrare l’attenzione sull’alterazione della quantità e della qualità del proprio sonno fino a reputarlo la vera causa del proprio malessere, cosa che tra l’altro è spesso ritenuta preferibile all’essere consapevole di avere difficoltà mentali.
In realtà persone fortemente ansiose hanno difficoltà ad addormentarsi e possono svegliarsi nel cuore della notte in preda a forti inquietudini. Faticano a dormire pure coloro che patiscono di depressione mentre chi soffre di attacchi di panico andrà incontro a risvegli notturni poco piacevoli. Morfeo poi non dispensa favori neppure a chi ha problemi di adattamento o soffre di una recrudescenza di schizofrenia. L’ipersonnia d’altro canto è spesso visibile nel  disturbo bipolare dell’umore e in particolar modo quando insorge la fase depressiva mentre durante la fase maniacale sono più frequenti le manifestazioni d’iposonnia. I giovani depressi hanno la tendenza a essere dormiglioni, gli anziani insonni.
Coloro che se ne lamentano accusano stanchezza, astenia; hanno tentato inutilmente di ovviare alla mancanza di sonno coi farmaci e riposano meglio durante il giorno. Il disturbo è più frequente nelle donne in quanto sono più ansiose e hanno maggiori sbalzi d’umore.
Non sempre la cura farmacologica del disturbo mentale correlato comporta la scomparsa dei sintomi relativi al cattivo sonno. I soggetti bipolari del resto lamentano iposonnia e ipersonnia a seconda del tipo di episodio in atto ( maniacale o depressivo ); agli psicotici la qualità del sonno peggiora quando la malattia si acutizza e migliora non appena il quadro clinico ritorni meno severo.
Nella narcolessia il paziente, che sicuramente vive quei momenti come poco stimolanti, è colto da attacchi irresistibili di sonno che per altro accadono in situazioni inappropriate ( alla guida dell’auto a esempio ). Questi episodi, che comunque la persona cerca di scacciare, possono durare  fino a un’ora e nel mentre la persona sogna. Soventemente, in seguito a rabbia, sorpresa, riso, si può sviluppare cataplessia, ovvero la perdita del tono muscolare. In queste situazioni i soggetti  possono arrivare a lasciarsi sfuggire le cose dalle mani e cadere sulle ginocchia piegate. Il fenomeno può durare da pochi secondi a mezz’ora, si rimane coscienti di quanto accade e termina con il ritorno al recupero pieno delle proprie forze e abilità fisiche. Raramente la persona si addormenta.
Nel 20-40% dei casi i soggetti narcolettici, subito prima di addormentarsi, avvertono anche una attività immaginativa o uditiva simile al sogno (allucinazioni ipnagogiche) o appena dopo il risveglio (allucinazioni ipnopompiche). Queste visioni che possono avere contenuti piuttosto preoccupanti e per altro interessano anche individui senza la patologia in questione, hanno relazione con l’ambiente.
Fino al 50% di questi pazienti lamentano l’avvenimento di una specie di paralisi durante il sonno, ovvero incapacità di muoversi, parlare o respirare allorquando dormono. In realtà anche individui non affetti da questo disturbo possono accusarlo e non è vero che la respirazione sia bloccata tuttavia può accadere che la persona abbia avuto allucinazioni senza potersi muovere (  paralisi del sonno ) e, sebbene un episodio del genere non duri più di pochi minuti, l’esperienza è tutt’altro che piacevole. Spesso il paziente narcolettico soffre di disturbi dell’umore quali ansia e depressione e per sua sfortuna il decorso del disturbo è piuttosto stabile.
Alcool, sedativi, febbre e la deprivazione del sonno incrementano gli episodi che per altro possono presentare aspetti di sonnambulismo. E’ frequente in coloro a cui sia stato diagnosticato un disturbo post-trau­matico da stress oppure d'ansia, in persone schizoidi e borderline.
II terrore nel sonno comincia durante il sonno profondo REM ed ha più probabilità di verificarsi nel primo terzo della notte. L'inizio è preannunciato da un'attività EEG molto ampia, da un aumento del tono muscolare e da un incremento del ritmo cardiaco,  spesso al di sopra dei 120 battiti al minuto.
Nei bambini questo problema  si risolve spontaneamente durante l'adolescenza. Negli adulti spesso segue un decorso cronico.
L’incubo in sé  è caratterizzato da una sequenza di avvenimenti molto elaborati che  causano ansia e terrore. Spesso terminano con una sensazione di pericolo imminente oppure può riguardare una debolezza sentita come molto frustrante. Esperienze traumatiche poi possono replicare il pericolo o la situazione terrificante originaria ma spesso i sogni angoscianti non hanno come oggetto eventi reali. Gli incubi si verificano con maggiore probabilità nella seconda metà della notte e, in caso di disturbo post-traumatico da stress, è possibile che mentre avvengano il soggetto parli, strilli o dia pugni. Comunque sia, la persona che ne soffre manifesta al risveglio iperreattività del siste­ma nervoso autonomo ( per es., sudorazione, tachicardia e tachipnea, ovvero aumento della frequenza degli atti respiratori ). A differenza di quando si è terrorizzati poi, chi è oggetto d’incubi e si ridesta diventa rapidamente vigile anche se ansioso o impaurito e ricorda benissimo il sogno.
Se gl’incubi sono troppo frequenti l’individuo evita di dormire e di giorno avrà sonnolenza, depressione o ansia e poca concentrazione.
Le femmine sono più soggette a questo tipo di disturbo che comunque ricorre frequentemente in bambini esposti a gravi fattori di stress psicosociale. Nella maggior parte dei casi cessano in età adulta ma a volte diventano cronici.
Nella sindrome delle gambe senza riposo vi è l’irresistibile desiderio di muovere le gambe o le braccia accompagnato da irrequietudine, preoccupazione, bruciore e prurito che sono attenuati momentaneamente col movimento.  Se il fenomeno si verifica appena prima del sonno può ritardarlo, oppure, se il soggetto dorme, può risvegliarsi. Ne conseguirà stanchezza e sonnolenza diurna.
Le cause sono sconosciute anche se il disturbo è più frequente in individui anemici o con insufficienza renale, artrite reumatoide, malattia va­scolare periferica o la disfunzione del nervo periferico.
Il disturbo colpisce uomini e donne in eguali percentuali, ha decorso stabile o peggiorativo ed è più facile che mieta nuove vittime con l’aumento dell’età della popolazione.  E’ poi più probabile che colpisca persone con familiari già sensibili alla patologia.
A differenza della sindrome delle gambe senza riposo chi ha crampi notturni alle gambe non ha desiderio di muoverle e non presenta le ripetute scosse di piccola ampiezza che inducono ad agitarle, tipico dei movimenti idiopatici degli arti. Chi ne soffre del resto e questo capita abbastanza comunemente  in chi è interessato dalla sindrome delle gambe senza riposo, non ne è consapevole anche se poi lamenta insonnia a causa dei frequenti risvegli e stanchezza diurna.
La sindrome apnoica ostruttiva del sonno è la forma più comune di Disturbo del Sonno Correlato alla Respirazione e durante il sonno è caratterizzata da ripetuti episodi di ostruzione delle vie aeree superiori (apnea e ipopnea).
Di solito compare in soggetti sovrappeso e si verifica con russamenti pesanti o brevi respiri affannosi che si alternano ad episodi di cessazione del respiro a causa della completa ostruzione della via aerea.
Il russare solitamente è abbastanza forte da disturbare il sonno delle per­sone  che coabitano. La cessazione del respiro, che a volte può durare per 60-90 secondi e associarsi a cianosi, può pure preoccupare i compagni di letto. La fine dell’episodio di apnea può essere associata a pesanti russamenti "resuscitativi", respiri affannosi, gemiti, borbottii o movimenti di tutto il corpo.
La maggior parte dei soggetti affetti non è consapevole di russare pesantemente, di respirare con difficoltà e svegliarsi frequentemente.
Alcuni soggetti non sofferenti di apnee possono comunque dimostrare risvegli associati con aumentata resistenza delle vie aeree. Questi soggetti hanno molte caratteristiche cliniche in comune con la sindrome apnoica ostruttiva del sonno.
La sindrome apnoica centrale del sonno è caratterizzata da episodi di cessazione della ventilazione durante il sonno (apnea e ipopnea) senza ostruzione delle vie aeree. La causa di ciò è da individuarsi con la non continuità dei movimenti respiratori della parete toracica e dell'addome e sono più comuni fra gli anziani con patologie cardiache o neurologiche che interessano la regolazione della ventilazione. I soggetti lamentano insonnia per ripetuti risvegli, che essi possono  associare a difficoltà respiratorie. Può inoltre presentare un lieve russamento.
La sindrome ipoventilatoria alveolare centrale è caratterizzata da una compromissio­ne del controllo della ventilazione che comporta dei livelli di ossigeno arterioso anormalmente bassi e che peggiorano ulteriormente nel sonno. I polmoni dei soggetti con questo disturbo hanno normali proprietà meccaniche, ricorrono in soggetti notevolmente sovrappeso e il fenomeno può essere associato a sintomi sia di eccessiva sonnolenza che di in­sonnia.
II soggetto con Disturbo del Sonno Correlato alla Respirazione può lamentare di notte una sgrade­vole sensazione notturna, un senso di soffocamento o un'ansia intensa concomitante ai fenomeni di apnea o di ipoventilazione. I movimenti del corpo associati alle difficoltà respiratorie possono essere violenti e il paziente non si sente riposato al risveglio. E’ comune la secchezza delle fauci e un’abbondante voglia di urinare durante la notte o al risveglio al mattino.
I pazienti possono lamentare cefalee "sorde", turbe della memoria, difficoltà di concentrazione, irri­tabilità, depressione ansia, panico e demenza.
L'eccessiva sonnolenza diurna può procura­re lesioni (per es. addormentamento alla guida di un veicolo) e può anche provocare gravi menomazioni lavorative e sociali che possono portare alla perdita del lavoro, a problemi coniugali e familiari e a compromissione delle prestazioni scolastiche.
Nei bambini più piccoli i segni e i sintomi sono  più subdoli e la diagnosi è più difficile da porre. A differenza degli adulti potrebbe non russare, dovrebbe avere risvegli agitati e posture insolite nel sonno, come dormire sulle mani e sulle ginocchia. Anche l'enuresi notturna è comune e dovrebbe destare il sospetto di sindrome apnoica ostruttiva del sonno se si verifica in un bambino che di notte era precedentemente asciutto.
Altre manifestazioni del disturbo sono l'abitudine a respirare di giorno con la bocca, la difficoltà a deglutire e un'articolazione povera del linguaggio. Nei bambini di età inferiore ai 5 anni i sintomi più frequenti sono le apnee notturne o il relativo respiro affannoso. I bambini che hanno più di 5 anni si preoccupano maggiormente di sintomi diurni quali la sonnolenza, i problemi comportamentali, la difficoltà di attenzione e di apprendimento e le cefalee al mattino. All'esame fisico si possono osservare pectus escavatum e costola convessa. Se si associa all'ingrossamento adenoto (la causa più comune di apnea ostruttiva del sonno nei bambini), può essere osservata la tipica “facies adenoidea", caratterizzata da una espressione spenta, edema periorbitale e respirazione attraverso la bocca.
Nel disturbo del Ritmo Circadiano del Sonno i soggetti si lamentano di insonnia in certi momenti del giorno e di eccessiva sonnolenza in altri. Vi è dunque uno squilibrio tra il ciclo sonno-veglia richiesto dall'ambiente in cui la perso­na vive e il suo particolare ritmo circadiano sonno-veglia ( Tipo a Fase del Sonno Ritardata ). E’ più frequente in persone schizoidi, evitanti e depressi. Il disturbo non è causato dall’abuso di farmaci o dall’assunzione di sostanze e solo in certi casi i sintomi sono gravi ( tipo l’addormentarsi in auto mentre si guida, ). Se svegliati prima dell'ora prestabilita dal sistema circadiano di regolazione del sonno i soggetti possono di­mostrare "ubriachezza da sonno", ovvero difficoltà di risveglio, confusione e comportamento inappropriato). Anche la qualità delle prestazioni spesso segue un andamento ritardato, con un picco di efficienza che si manifesta nelle tarde ore del­la sera.
Oltre al Tipo a Fase del Sonno Ritardata si ricorda il Tipo da Salto di Fusi Orari, in cui  la gravità dello squilibrio è proporzionale al numero di fusi orari attraversati viaggiando, con un massimo di difficoltà osservato dopo aver percorso otto o più fusi orari in meno di 24 ore. Per la mag­gior parte dei soggetti è tipicamente più difficile tollerare di viaggiare verso est (anticipando le ore di sonno-veglia) che verso ovest ( posticipando le ore di sonno-veglia ). Può essere più comune in soggetti mattinieri ("allo­dole mattutine") e può determinare scarsa concentrazione, diminuzione della memoria, compromissione della coordinazione, debo­lezza, sensazione di testa vuota, cefalea, stanchezza, malessere, ridotto appetito ed indigestione. Può inoltre dar luogo a episodi maniacali- depressivi o psicotici.
Anche il Tipo da Turno Lavorativo è da considerarsi un Disturbo del Ritmo Circadiano del Sonno, ed è generato dai programmi di turni notturni (con un ritorno a programmi diurni nei giorni liberi) che impediscono qualunque adattamento stabile del ritmo circadiano. Il problema poi è pure esacerbato da un tempo di sonno insufficiente, dalle richieste sociali e familiari e dai rumori ambientali (per es., telefono, traffico urbano) durante i periodi programmati per dormire.
Può essere più comune in soggetti "mattinieri", e può dar luogo a episodi maniacali-depressivi o psicotici. Il lavoro a turno è un fattore di rischio per gli incidenti correlati alla sonnolenza sul lavoro e alla guida di veicoli.
Il "Tipo a Fase del Sonno Antici­pata" lamenta un'incapacità a rimanere sveglio la sera, e risvegli spontanei nelle prime ore del mattino.
Il ritmo sonno-veglia diverso dalle 24 ore è stato descritto essenzialmente nei soggetti non vedenti, in modo particolare in quelli che non hanno percezione della luce. Il sonnellino e l'insonnia che ricorre regolarmente si manifestano quando i ritmi circadiani endogeni del soggetto (che sono lievemente più lunghi di 24 ore) sono fuori fase con il ciclo luce- oscurità rispetto alle ore sonno-veglia socialmente adeguate.
Soggetti con un disturbo del ritmo circadiano del sonno possono avere una storia di consumo di alcol,  sedativi o stimolanti conseguente ai tentativi di controllare i loro schemi sonno-veglia. L'uso di queste sostanze può a sua volta esacerbare un Disturbo del Ritmo Circadiano del Sonno.
Disturbi del Sonno possono essere dovuti a una qualche condizione me­dica giustificata dall’osservazione di un nesso temporale tra lo sviluppo della malattia e l’alterazione del sonno.
Nel disturbo del sonno indotto da sostanze vi sono stati di intossicazione o astinenza che possono verificarsi fino a 4 settimane dopo la cessazione del loro uso. Di solito però è osservato entro alcuni giorni di astinenza. Le sostanze più comuni che possono intossicare il fisico in tal senso sono : alcool, amfetamine e stimolanti correlati, cocaina, oppiacei e sedativi, ipnotici e ansiolitici.

b ) Riferimenti bibliografici

American Psychiatric Association, DSM IV, Milano 2002, Masson S.p.A.
Otto Fenichel, Trattato di psicoanalisi, Roma 1951, Casa Editrice Astrolabio.