Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

sabato 17 giugno 2017

Barba e mascolinità

a ) La barba : indice di maturità sessuale

Negli uomini la barba comincia a crescere con la pubertà e la sua “ esuberanza “ è direttamente proporzionale alla produzione nel soggetto di testosterone. Nelle femmine solitamente si forma una peluria distinguibile solo da vicino ma nei maschi è tutt’altra musica. Mentre i Pease ( vedi bibliografia ), ricordano che l’uomo è l’unico  primate a cui in faccia crescano peli più lunghi che nel resto del corpo, Desmond Morris ( vedi bibliografia ), col suo amore quasi maniacale per i dettagli riferisce che nell’uomo essa cresce di circa mezzo millimetro al giorno, ovvero quasi 30 centimetri ogni 2 anni. Ricorda poi che il record mondiale di lunghezza per una barba supera i 5,30 metri mentre l’apertura massima registrata per i baffi è di 2,6 metri.
Nessun altro animale può vantare un simile primato e ciò significa, visto che gli uomini primitivi avevano un’aspettativa di vita pari a circa 20 anni e tenuto conto che le difficili condizioni di vita nonché di nutrizione dovevano avere effetti negativi sul suo “ rigoglio “, dovevano comunque trascinare un agglomerato di peli lungo oltre un metro, ovvero un qualcosa che sovente era più alto di loro e che se non avessero in qualche modo accorciato avrebbe finito per farli inciampare o per incastrarsi fra i cespugli o i rami più bassi degli alberi.
Una simile appendice inoltre, sommata ai capelli che anche allora probabilmente raggiungevano estensioni pari a quasi un metro, doveva caratterizzarci come animali alquanto bizzarri anche se sicuramente imponenti e quindi autorevoli. Fatto questo che, a titolo consolatorio, più era pronunciato più poteva contribuire a salvarci la pelle e a farci guadagnare l’ammirazione femminile.
Sembra del resto ormai relegata in cantina l’ipotesi che la barba servisse ai maschi quale sorta di sciarpa naturale a protezione della gola. Vero è che, in quanto cacciatori, erano più esposti delle femmine alle intemperie ma anche in questo caso una bella pelliccia avrebbe risolto definitivamente il problema, tant’è vero che, cita Morris, gli eschimesi, che sono gli uomini meglio attrezzati per sopportare il freddo, hanno cuscinetti di grasso e pochi peli al posto di una barba rigogliosa.
E’ più probabile invece ch’essa in sé non sia che uno dei corollari dell’avvenuta maturità sessuale. Alle femmine s’ingrossano fianchi, monte di venere, seni e deretano, ai maschi si sviluppano muscoli, pene e barba.
Ne consegue dunque che una giovane che  veda un soggetto le cui guance e il mento stiano per essere sopraffatte dai peli può supporre che l’individuo sia pronto per la copula.

b ) La barba quale segno di mascolinità

La faccia d’altronde è la sede di numerose ghiandole odorifere i cui effluvi, che sono graditi dalle donne, sono trattenuti più a lungo da chi ha una barba fluente. Non è un caso che durante l’adolescenza i giovani più attraenti perché interessati da una più grande attività ormonale che ne accentua i tratti virili, conoscano pure una iperproduzione delle ghiandole sebacee e soffrano delle eruzioni acneiche più gravi.
La visibilità della barba poi, che appare più fitta dei capelli e i cui peli sono di diametro maggiore, accentua il tratto aggressivo della mascella sporgente e questo, visto che i maschi hanno le mascelle già di per sé più massicce e il mento più sporgente delle femmine, dà loro un aspetto più imperioso anche quando sono distesi.
Nessun’altra specie animale può vantare un mento così esposto in avanti quando il soggetto è in collera e ritratto quando remissivo. Se una femmina avesse simili caratteri, e a volte succede, la considereremmo pericolosa  mentre le donne tenderebbero a giudicare i maschi meno dotati in questo senso come dei rammolliti. Questo nonostante che nessuno studio provi che le mascelle prominenti indichino che l’individuo sia un “ duro “. Si tratta di un nostro modo di reagire inconscio alla vista di atavici segnali associati alla bellicosità.

c ) La barba segno di status, potenza e saggezza

Il ruolo della barba tuttavia non si esaurisce qui. Molti milioni di anni fa, quando non avevamo l’ausilio della tecnologia,  il soggetto più forte e abile aveva la meglio. Era dunque più longevo e la barba aveva tutto il tempo di allungarsi. Era ovvio che costui, avendo tali caratteristiche, divenisse il leader del suo gruppo ed essendo il soggetto più forte poteva probabilmente avere tutte le femmine che voleva visto che altrimenti i rivali sarebbero stati uccisi o messi al bando. Del resto dal punto di vista femminile la cosa non costituiva una umiliazione : la fortunata che fosse riuscita a legarlo a sé avrebbe potuto sperare di godere di una protezione e di uno status invidiabili, condizione che giustamente lo faceva ritenere il partito ideale.
Date simili premesse non ci si deve sorprendere se ai tempi dei tempi la barba era considerata il simbolo virile di forza maschia. Morris ( vedi bibliografia ), ricorda che perderla era considerata una disgrazia e di solito i vinti, i prigionieri e gli schiavi venivano puniti appunto con la rasatura. Gli uomini giuravano sulla loro barba ch’era considerata sacra e  persino Dio era raffigurato con la sua bella e lunga lana. I Faraoni facevano lo stesso anche se le loro erano finte e così pure la regina egiziana Hatshepsut ne ostentava una quale segno della sua potenza. Antiche Dee erano raffigurate barbute in modo da attribuire loro maggiore importanza e lo fu anche una delle prime Martiri Cristiane. A poco a poco però le signore dal viso peloso finirono sempre più spesso come attrazioni nei circhi e quando l’interesse del pubblico per i mostri umani declinò, dovettero normalizzare il proprio aspetto per essere accettate socialmente e trovare altre fonti di guadagno. Non gli restò quindi che eliminare i peli in eccesso.
D’altronde pare che la pelle delle altre parti del loro corpo fosse liscia e bella come quella delle donne normali e che, secondo Morris, il fenomeno genetico che produce il pelo facciale sia altamente specifico.
Comunque sia, per mostrare l’alto status e la saggezza mascolina i sovrani delle antiche civiltà come la Persia, i Sumeri, l’Assiria e la Babilonia dedicavano molto tempo alla sua cura, giungendo persino a spruzzarla di polvere d’oro e a decorarla con fili d’oro.

d ) Le ragioni del radersi

Parrebbe strano dopo tutto ciò che si è detto riguardo la sua qualità di attributo maschile, parlare di tagliarla ma questo uso col tempo ha avuto il sopravvento, soprattutto in Occidente. Sicuramente la si sfoltiva e rimpiccioliva da sempre, altrimenti avrebbe costituito un intralcio durante le normali vicende di caccia o di guerra ma è risaputo che sacerdoti o devoti avevano preso a tagliarla per offrirla a Dio quale segno di umiltà e sottomissione.
In un momento successivo, quando le comunità stanziali cominciarono a  ingrandirsi fino a costituire dei veri e propri agglomerati urbani si ebbe la possibilità di avere un maggior numero di armati, che del resto necessitavano di un comportamento uniforme e capacità di disporsi in maniera coordinata. In questo quadro di razionalizzazione operato al fine di aumentare l’efficienza dell’esercito non sfuggì neppure la cura dell’aspetto e quindi anche il taglio della barba, che sembra sia stato fatto applicare su larga scala in Grecia, Roma e da Alessandro Magno. 
La barba lunga infatti poteva essere sfruttata dal nemico per neutralizzare più facilmente l’avversario. Senza contare che in essa s’annidavano parassiti fastidiosi, quando non debilitanti, che potevano facilmente migrare in quelle dei vicini e infestare così interi reparti. A sentir sempre il buon vecchio Morris pare addirittura che i romani si sbarbassero per distinguersi dai barbari, ch’erano barbuti.
Un’altra ragione che con l’evolversi della società potrebbe forse aver contribuito all’espansione della sbarbatura può andare ricercato nel parallelo con i primati che, pulendosi reciprocamente il pelo, rafforzano i legami con gli altri membri della comunità. Non è un caso che prima dell’avvento dei rasoi di sicurezza e poi di quelli elettrici il clima piacevole che s’instaurava tra barbieri e clienti abbia sicuramente migliorato l’umore delle giornate di molti e che questi quindi, non aspettassero che di rinnovare al più presto l’operazione.
Parallelamente a questa esperienza, probabilmente tipica di una età più avanzata dove l’evoluzione tecnica e sociale aveva portato alla crescita sempre più marcata di frange sociali più variegate, ricche  e sensibili alle gioie della vita, lo sbarbarsi venne preferito anche per altre ragioni.
Accanto agli uomini tutti di un pezzo infatti, dediti alla guerra e alla caccia e che mostravano orgogliosi  la barba lunga in quanto indicava la loro carica mascolina, ricchi commercianti, artigiani e a poco a poco cultori politici e delle arti liberali dovettero preferire radersi come segno distintivo di un nuovo genere di elite, più raffinata, igienista e quindi anche più curata nel corpo.
Accadeva così che, come l’aumentata vita sociale in molti casi portava a considerare “ bon ton “ il fatto che le donne neutralizzassero i propri forti odori sessuali, un certo tipo di maschietti convennero che fosse di buon gusto il non avere davanti al viso una fitta peluria sporca di cibo e di altro. Così facendo poi diventavano nettamente visibili i segnali trasmessi dalla bocca e le pur sottili sfumature d’espressione facciale, che nel genere umano sono più numerose che in qualsiasi altra specie animale. Oltre che a farli parere maggiormente comunicativi del resto, cosa nettamente più importante in un contesto sociale più complesso e quindi successivo a quello dove erano considerate le sole virtù guerresche, i contatti intimi con un uomo privo di peli facciali tipo carezze e baci davano a entrambi i partner sensazioni  più piacevoli.
La rasatura poi implicava che la persona godesse di buone risorse e di un certo status dato che aveva tempo e denaro da dedicare alla cura del proprio corpo. In alcuni casi poteva trattarsi addirittura di un tratto distintivo della tribù  rispetto a quelle rivali che mantenevano invece tradizioni più “ pelose “.
Senza contare che lo sbarbarsi significa bloccare, come sostiene Morris ( vedi bibliografia )  i propri : << .. Segnali mascolini di minacciosa autoaffermazione. .. >>. Il volto raso infatti ricorda maggiormente il volto di un bambino e stimola negli altri maschi sentimenti  paterni piuttosto che aggressivi. Potrebbe quindi essere preferito da personalità schive o sottomesse che, istintivamente, vogliano indicare ai leader che non hanno a che fare con potenziali rivali ma con rispettosi servitori.
In società più democratiche e quindi più vicine a noi ciò potrebbe significare che chi si rasa voglia annacquare l’impulso a primeggiare a vantaggio della cooperazione.
Anna Guglielmi d’altro canto ( vedi bibliografia ), fornisce spunti per una diversa considerazione. Secondo il suo punto di vista infatti persone introverse e insicure potrebbero lasciarsi crescere la barba proprio in quanto essa può, sino a un certo punto, nascondere espressioni emotive che minino l’immagine positiva che l’individuo voglia darsi.

e ) La barba e le mode

Si è sin qua detto che la barba, quale segno di virilità maschile è sempre stata tenuta in gran considerazione e i soggetti più barbuti spesso erano a capo della comunità. Accanto al suo culto tuttavia e indipendentemente dal fatto che schiavi, prigionieri e servitori fossero obbligati a sbarbarsi, si sviluppò a poco a poco il  gusto per il volto rasato. In parte ciò fu dovuto dal propagarsi nella società civile di abitudini maturate in ambito militare, in parte in ambienti sociali più raffinati, ricchi ed edonisti e comunque non in concorrenza con il potere civile e militare.
A volte il propendere o meno per un mento glabro fu dettato dal seguire la preferenza dei sovrani, o comunque da figure carismatiche. In altri casi gruppi antagonisti, con la eccezione dei maschi aggressivi o trascurati, preferirono farsi crescere lunghe barbe laddove prevaleva il gusto di rasarsi oppure tagliarle se la moda vigente considerava  “in “ il portarle.
Nei militari la barba era curata e appuntita, esprimendo per l’appunto le personalità organizzate e dominanti dei loro proprietari. Quella di hippies, pittori e poeti, personaggi che solitamente si caratterizzavano come ribelli e anticonformisti, era incolta e ispida e rifletteva il loro diniego delle regole e dei costumi dominanti.
In Gran Bretagna, durante il periodo elisabettiano, chi portava la barba dovette pagare una tassa considerevole, cosa che ovviamente ne limitò la diffusione alle sole classi abbienti, quale simbolo di status elevato. In altri contesti  gli uomini barbuti furono oggetto di ostracismo sociale. In società o in classi dove il ruolo maschile era ed è dominante la barba è un ornamento naturale molto apprezzato.
Fatto sta comunque che rasarsi fa apparire più giovani, puliti, socievoli e comunicativi.
Proprio perché l’assenza di peluria è uno dei tratti specifici della donna è ovvio ch’ella faccia di tutto per mantenere la propria pelle liscia. Non è un caso che l’industria offra e pubblicizzi decine e decine di prodotti atti ad aiutarla a mantenerla levigata.
Del resto, spiega Tonino Lasconi ( vedi bibliografia ), l’avere un derma meno follicoloso la rende più morbida e sensibile al tatto. Ciò in parte spiega perché  esse amino tenersi per mano, camminare a braccetto, baciarsi per salu­tarsi e siano più sensibili al caldo e al freddo.
Secondo i Pease ( vedi bibliografia ), gli uomini con tratti effeminati cercano spesso di apparire più virili ostentando una barba di due o tre giorni. Sempre a sentir loro chi è stressato o ammalato produce meno testosterone e dunque, se in quel caso volesse sembrare più sexy dovrebbe radersi meno frequentemente. Colui che invece, rasatosi al mattino, presenti a mezzogiorno già l’ombra della barba, dà invece l’impressione di essere un bel mandrillone.
Una considerazione a parte merita la barba a punta chiamata pizzetto, che aumenta le dimensioni del mento dando la sensazione che chi la porta sia ordinato e in gamba. I Pease però, al riguardo fanno presente ch’esso è in qualche modo connesso con il culto di Satana e pertanto chi lo porta  possa non essere ben visto in certi ambienti.
Affermano poi che è molto difficile che gli uomini cambino il modo di portare capelli e barba. A differenza delle donne infatti i maschi ( per lo meno le generazioni più vecchie ), risultano spesso così poco sensibili alle novità delle moda da continuare ad acconciarsi come piaceva loro in giovine età, ossia quando gli premeva d’inserirsi positivamente in società e spiccare parimenti davanti al gentil sesso. Avvenuto ciò la loro attenzione va poi a rivolgersi laddove sono più predisposti, ossia nell’affermazione sul lavoro, nello sport e più in generale nella risoluzione dei problemi.

d ) Gesti aventi per oggetto la barba e valutazioni circa la sua consistenza

Capita di vedere qualcuno passare la mano lentamente e più volte sulla guancia, come per accarezzarsi la barba. Lo fa solitamente chi deve prendere una decisione o sta seguendo una sua idea complicata. Indica dunque che sta riflettendo e che al momento non sa che partito prendere.
Toccarsela in un momento di agitazione può significare che si controlla se si è in ordine. Parrebbe ridicolo farlo ma si tratta di uno di quei casi che Morris ( vedi bibliografia ), definisce attività dislocate, ovvero : << .. Movimenti irrilevanti che si effettuano nei momenti di frustrazione o di conflitto interiore. .. >>.
Si accarezza la barba, vera o immaginaria che sia e in maniera affettata, magari anche sbuffando, chi vuole far capire all’interlocutore o agli amici che quanto si va dicendo ( o a volte ciò che si sta facendo ) è noiosissimo. Il buon Morris attribuisce questa gestualità agli austriaci ma in realtà mi pare alquanto più estesa geograficamente, essendo nota a esempio pure qui da noi.
In Arabia Saudita il muovere a destra e a sinistra le dita di una mano sotto il mento, come per scuotere la barba suggerisce che colui cui ci si riferisce l’abbia lunga e quindi sia un vecchio.
In Francia chi compie un movimento circolare sulla guancia con l'indice destro pare intenda far capire che l’interlocutore lo vuole ingannare.
Sempre in Francia uomini barbuti che in caso di alterco con un altro passino il dorso della mano sotto il mento e poi la spingano in fuori con un movimento ad arco verso l’avversario, come se volessero lanciargli addosso il proprio tripudio di pelo, pare intendano insultare l’altro piuttosto pesantemente. Visto ch’essa infatti è un simbolo di virilità, con questo gesto che Morris ( vedi bibliografia ), denomina : “ la barbe “ è come se in maniera stilizzata intendessero tirargli addosso o, forse, addirittura colpirlo con il proprio membro.
Boh! Paese che vai usanze che trovi ( sempre che siano ancora seguite )!
Interessante, anche se questa sua conclusione deriva da studi fisiognomici piuttosto che da risultati di ricerche scientifiche, è la seguente considerazione di Anna Guglielmi ( vedi bibliografia ).
A suo dire infatti  barba e baffi folti indicano che la persona è più por­tata per l’attività fisica, che è robusta e pratica. Se invece è più rada la persona tende maggior­mente all’attività mentale, è più delicata e apprezza le cose belle.

f ) Riferimenti bibliografici

Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A
Tonino Lasconi, Il misterioso linguaggio del corpo, Leumann ( Torino ) terza ristampa 1994, Editrice ELLEDICI
Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1° edizione 1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Desmond Morris, L’uomo e i suoi gesti, Milano, V edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.
Desmond Morris, I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Allan & Barbara Pease, Perché gli uomini lasciano sempre alzata l’asse del water e le donne occupano il bagno per ore?, Milano 3° edizione BUR 2010, BUR
Allan & Barbara Pease, Perché gli uomini .. Perché le donne … La bibbia del vivere in due, Milano 2006, RCS Libri S. p. A.




martedì 6 giugno 2017

Il Tipo 5 dell'Enneagramma, detto anche l'Osservatore : sesto paragrafo

E’ ipersensibile, cerebrale e depresso


Secondo Naranjo[1] l’eccessiva docilità, che il 5 vive come : << .. Senso di debolezza, vulnerabilità e anche sensibilità al mondo delle persone e delle cose .. >>, e da cui si difende con la : << .. Torpidezza emotiva .. >>, indica una sua sottostante: << .. Ipersensibilità. .. >>. Questa, sebbene vada ascritta ( assieme : << .. All’orientamento cognitivo, all’isolamento dagli altri e all’introversione .. >> ), al : << .. Retroterra cerebrotonico .. >>, del 5, può essere : << .. Interpretata in parte come l’esito dell’esperienza di un dolore psicologico di cui solo per metà egli è consapevole : il dolore della colpa, il dolore di una solitudine non riconosciuta, il dolore del vuoto. .. >>.
Ciò fa si, proprio perché la sofferenza e la sensazione di non valere abbassano : << .. La soglia del dolore che questo individuo può sopportare .. >>, che il 5 : << .. Gentile, tenero e inoffensivo nella misura in cui non percepisce gli altri con uno scollamento autistico .. >>, manifesti : << .. Una gamma di comportamenti .. >>, che vanno : << .. Dalla scarsa tolleranza al dolore fino alla paura del rifiuto. .. >>.
Altrove Naranjo[2] spiega che : << .. I tipi appartenenti alla parte inferiore dell'enneagramma, il Quattro e il Cinque, sono quelli in cui è maggiore la sofferenza mentre in termini gene­rali i tipi che occupano la parte superiore soffrono di meno. I Nove hanno, psicologicamente parlando, la pelle spessa. La loro è una psicologia elefan­tina, una psicologia pachidermica. Hanno imparato a portare i loro pesi e ad andare avanti senza lamentarsi. E’ un sentimento diverso da quello dei Cinque che si rassegnano ma, pur non facendo esplicite richieste, provano una profonda insoddisfazione. .. >>.
Secondo Naranjo[3] il 5 è cerebrotonico, cosa che implica : << .. Un’inibizione mediata, a livello cerebrale, delle altre due funzioni primarie : la somatotonia e la viscerotonia. Essa implica inoltre, o porta, a un atteggiamento di attenzione consapevole, e quindi alla sostituzione dell'ideazione simbolica con una reazione imme­diata e manifesta allo stimolo. A quest’ultimo fenomeno si accompagnano le “ tragedie cerebrali “, o esitazione, disorientamento e confusione, che sembrano i sottoprodotti di un’iperstimolazione, senza dubbio conseguenza di un investimento “ esterocettivo “ squilibrato. .. >>.
Tutto ciò fa si che il 5 sia connotato da : << .. 1 ) postura e movimento trattenuti, rigidità;  2 ) reazioni fisiologiche eccessive; 3 ) reazioni manifestamente veloci; 4 ) amore per l'intimità; 5 ) intensità mentale eccessiva, estrema vigilanza, apprensione; 6 ) riservatezza di sentimenti, emotività trattenuta; 7 ) mobilità degli occhi e del volto molto controllata; 8 ) sociofobia; 9 ) comportamento sociale inibito; 10 ) resistenza alle consuetudini e scarsa capacità di seguire una procedura fissa; 11 ) agorafobia; 12 ) atteggiamenti imprevedibili; 13 ) trattiene il tono della voce e si trattiene dal far rumore; 14 ) ipersensibilità al dolore; 15 ) sonno scarso, affaticamento cronico; 16 ) concentrazione e aspetto giovanili; 17 ) dissociazione mentale verticale, introversione; 18 ) resistenza all'alcol e ai sedativi; 19 ) bisogno di solitudine quando è angosciato; 20 ) orientamento verso le ultime fasi della vita. .. >>.
Nogosek[4] scrive : << .. Quando mi trovo in una situazione nuova la mia preoccupazione principale è come adeguarmici. Per farlo, ho bisogno di conoscerla nel suo insieme e nell’interazione dei suoi singoli elementi. Tendo a mettermi nei panni delle altre persone per capire la loro posizione. La mia attenzione si concentra sulla posizione che gli altri occupano nel contesto generale e non su come si relazionano con me. Così facendo cerco di mantenere il controllo. Senza aver bisogno di suggerimenti altrui, mi affido alla mia percezione e alla mia capacità di riflessione per comprendere la situazione nel suo insieme. Se penso di andar bene, allora concludo che vado bene. Dopo ogni esperienza ripenso a come mi sono comportato con gli altri e decido come comportarmi la prossima volta che mi troverò nella stessa situazione.
( .. ) Il mio problema consiste però nell’avere trascurato il mio centro dell’istinto, la mia funzione istintiva. Ciò è evidente soprattutto nello sport, dove le reazioni istintive sono fondamentali. Il mio uso del centro del pensiero nelle attività sportive mi porta infatti ad avere reazioni lente e riflessive invece che spontanee; ciò mi ha reso ad esempio impacciato ogni qual volta ho cercato di giocare a pallone con gli altri. .. >>.
Naranjo[5] spiega che si potrebbe : << .. Usare il termine ' depressione ' per descrivere la povera vita emotiva dei Cinque ma è una depressione asciutta, non umida. Non pian­gono facilmente e sono apatici. In loro il pianto è un evento eccezionale ma la depressione è costante, unitamente a una scarsa energia e a un'atmo­sfera interiore desertica.
Ogni tipo ha il suo inferno ma l'inferno del Cinque è più simile a un limbo in cui non accade niente. Se il Quattro è teatrale, il Cinque è apatico. Ciò nonostante i suoi rapporti affettivi possono essere molto intensi, per­ché il Cinque è distante da tutti salvo che da se stesso. .. >>.




[1] Claudio Naranjo, Carattere e nevrosi, Roma 1996, Astrolabio
[2] Claudio Naranjo, Gli Enneatipi in psicoterapia, Roma 2003, Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore
[3] Claudio Naranjo, Carattere e nevrosi, Roma 1996, Astrolabio. L’autore qui riprende tratti del tipo cerebrotonico descritti da W. Sheldon in : The Varieties of Temperament, pubblicato a New York nel 1942 da Harper and Brothers
[4] Robert  J. Nogosek, Verso una nuova vita, Cinisello Balsamo 1997, San Paolo Edizioni
[5] Claudio Naranjo, Gli Enneatipi in psicoterapia, Roma 2003, Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore