v Il
fumo e i suoi perché
Nell'oscurità la sigaretta brillava vivamente e
gliela videro tra le dita quando Pablo se la tolse di bocca.
<< .. Qualche volta è intrattabile. Ma è una
brava donna. Molto fedele alla Repubblica .. >>. Mentre l'uomo parlava,
il fuocherello della sigaretta sussultava leggermente. " Sta parlando
con la
sigaretta in un angolo
della bocca " pensò
Robert Jordan.
Da : “ PER CHI
SUONA LA CAMPANA “ di ERNEST HEMINGWAY
a ) Il fumo quale sostituto del capezzolo materno
Secondo
Desmond Morris ( vedi bibliografia ), fumare aiuta la persona ad allentare la tensione così come l’attaccarsi
al capezzolo materno consentiva al lattante di placare i morsi della fame. Il
fatto è che il soggetto, crescendo, è obbligato ad adeguare il proprio
comportamento e, quindi, l’invariato bisogno di rassicurazione lo spinge alla
ricerca di surrogati del capezzolo, così come a suo tempo lo erano stati la
tettarella e il ciucciotto. E visto che ora che è adulto l’uso della tettarella
lo farebbe sembrare infantile, la sigaretta riesce a non farlo apparire tale.
Da
qui la critica dell’autore riguardo le campagne antifumo basate sul sottolineare
la nocività del fumo per la salute. Esse a suo avviso non sono incentrate sulle
vere ragioni che spingono la gente a continuare a fumare. Se così fosse infatti,
la gente capirebbe che non è tanto la nicotina a dare assuefazione ( e questo
anche perché non tutti aspirano il fumo mentre altri ne assorbono solo piccole
quantità ), quanto piuttosto il piacere di tenere qualcosa di morbido tra le
labbra e aspirarne un alcunché di caldo che per associazione d’idee rimanda
appunto ad uno dei momenti più rassicuranti della vita, ovverossia fra le
braccia della mamma quando, pregni del suo calore e profumo, potevamo
attaccarci al capezzolo e mangiare.
In questo senso alcuni studi posteriori a quelli del famoso etologo
inglese parrebbero dargli ragione : sembra infatti che la maggior parte dei
fumatori siano stati allattati artificialmente e che comunque sia fra costoro
che possa riscontrarsi il maggior numero di ” roditori e succhiatori “ di tutto
ciò che è possibile mettere in bocca ( stanghette degli occhiali,
stuzzicadenti, penne, matite e così via ). Pare dunque che l’allattamento al seno
migliori il senso di sicurezza personale al punto da avere un minor bisogno, in
futuro, di attività di sostegno.
Rassicurazioni
in tal senso comunque, il celebre autore le traeva da studi effettuati su bimbi
abituati ad avere il ciucciotto, che ai tempi delle sue ricerche era ritornato
ad avere la piena considerazione dei medici. Qualche tempo addietro infatti
taluni lo consideravano una fonte d’infezione, altri invece sospettavano che
deformasse la bocca e danneggiasse i denti.
Fatta
giustizia dunque di questi timori rivelatisi infondati ne era invece emerso,
come del resto le mamme già sapevano, che in moltissimi casi dare il ciucciotto
a un bambino che piange o è agitato ha un effetto calmante quasi immediato e se
glielo si toglie quando è semiaddormentato e questo anche se non lo succhia
più, è facile che si risvegli e pianga di nuovo.
A
suo dire pareva addirittura che le dita macchiate di nicotina oppure il tenere
a lungo la sigaretta in bocca tirando una boccata di fumo di tanto in tanto o
l’incastrarla fra le dita invece di posarla da qualche parte, potesse venire
interpretato come un impulso a non abbandonare il tranquillizzante pseudo
capezzolo che si aveva la fortuna di detenere, manipolare e succhiare.
Non
cambia molto se al posto della sigaretta si preferisce la pipa o il sigaro in
quanto, comunque, nonostante le forme diverse, si ha sempre a che fare con
oggetti che consentono il passaggio nello stomaco del fumo e con cui comunque
ci si può trastullare con le dita, le labbra e la lingua. Le cose invece vanno
differentemente con le sigarette di plastica che erano state diffuse con lo
scopo d’indurre a smettere di fumare. Sebbene infatti si sia comunque tentato
di dare ai fruitori un oggetto in qualche modo simile a quello reale, questo
non ha, né i requisiti del calore, né quelli del fumo, né dell’essere
succhiabile che sono propri della sigaretta. Vero è che si può metterne in
bocca un’estremità e al pari delle matite, dei fiammiferi o delle stanghette
degli occhiali ci si può giocare con le labbra, la lingua e i denti ma tutto
ciò non può dare una paragonabile rassicurazione simbolica e questo anche
perché se è vero che gli altri oggetti con cui ci si trastulla in realtà hanno
precise funzioni ( tipo scrivere, pulire
i denti dai residui del cibo, ecc. ), la sigaretta di plastica in realtà non ne
ha altri che fungere da alternativa a chi vuole smettere di fumare pur non
avendo le attrattive delle sigarette.
Ciononostante le cose non sono così semplici come
potrebbero apparire e l’importanza della dipendenza da nicotina non è fattore da
sottovalutarsi. Vari studi infatti inducono a pensare che, nonostante la
maggior parte dei fumatori affermi che fuma per allentare la tensione in realtà
i loro livelli di stress sarebbero un poco superiori a quelli dei non fumatori e che quando si
inizia a fumare regolarmente aumentano. Sembra addirittura che la maggior
tensione dipenda dalla diminuzione del tasso di nicotina e che quindi l’effetto
rilassante del fumo derivi appunto dalla normalizzazione della sua quantità
nel sangue. Ciò significa che quando si smette di fumare e vengono pian piano
stabilizzati valori più bassi di nicotina, il suo desiderio spasmodico
diminuisce e con esso lo stress. Senza contare poi che nel contempo migliora la
sua forma psicofisica.
Si può quindi concludere che è probabile che fumare aiuti
ad allentare la tensione e questo anche grazie al fatto che la sigaretta sia un
sostituto “ passabile “ del ciucciotto. Solo che, l’avere al contempo acquisito
una dipendenza dalla nicotina comporta il bisogno di continuare ad assumerne
una certa quantità attraverso il fumo onde evitare lo stress connesso con il
suo deficit. Ciò verrebbe a dire che, sebbene si fumi per rilassarsi, in realtà
questo beneficio è alquanto risicato dall’agitazione causata dal bisogno di
assunzione di nicotina.
E questo tanto per cominciare, in quanto le cose
sono un tantinello più complesse.
b ) Il fumo e i suoi primordi
Dobbiamo
dunque supporre che smettere di fumare sia così difficile in quanto, non solo
la nicotina dà dipendenza ma anche perché il mettere la sigaretta in bocca dà
rassicurazioni in qualche modo associate al ricordo dell’allattamento al seno
materno. Restano tuttavia da spiegare molte cose tra le quali le origini
dell’abitudine al fumo che, senza dubbio, sono più nebulose di quelle degli
alcolici. Si può ipotizzare infatti che spesso questi ultimi siano entrati abbastanza
naturalmente nella dieta dei figli di agricoltori e questo al punto da abituarli
sin dalla prima infanzia al sapore acre e ai loro effetti euforizzanti. Ed è
probabile che la loro scoperta sia connessa con la fase di consumo delle scorte
di granaglie, latte e frutta, allorché iniziò una sorta di stoccaggio della
produzione agricola in eccesso al fine di avere del cibo da poter consumare in
tempi di magra. Dato che questo avveniva sicuramente in condizioni inadeguate
si può supporre che le derrate conservate subissero alterazioni che, tuttavia, quando
non risultavano pregiudizievoli per la salute potevano venire mangiate e, dopo
essersi abituati al loro particolare sapore, apprezzate.
Successivamente,
essendo divenuti in grado di controllare le condizioni che portavano alla
formazione di quelle “ specialità “, iniziò la fase della loro riproduzione per
mano dell’uomo. Solo che il loro maggior costo, dovuto al gran lavorio ch’era
necessario per trasformarle, li caratterizzava come alimenti di lusso che solo
i maggiorenti potevano consumare con una certa regolarità o comunque offrire a
iosa nelle grandi occasioni civili e religiose.
Lo
stesso però non si può dire per l’abitudine al fumo, che non è certo legata
alla scoperta di alimenti e bevande complesse e allo sviluppo dell’agricoltura.
E’
probabile ch’esso debba le sue origini alla curiosità dell’Homo Sapiens che in
quei tempi difficili era prevalentemente rivolta alla ricerca di cibo e alla
difesa dalle varie insidie. Il fatto tuttavia che il fumo finisse per non essere
utile alla nostra dieta deve averlo confinato all’interno di isolate plaghe e a
un numero limitato di persone, magari interessate
a quei riti misterici o religiosi che traevano ispirazione dalle suggestioni
causate dall’aspirazione dei fumi prodotti dalla combustione di piante
aromatiche o psicotrope.
La
suddetta ipotesi del resto risulta avvalorata da quanto dice Erodoto nel IV
libro delle Storie quando racconta che i Sciti prendevano semi di canapa, andavano
sotto la tenda e li gettavano sulle pietre roventi, fatto che produceva un fumo
ch’essi apprezzavano in quanto ritenevano che profumasse i loro corpi meglio di
un bagno.
Da
qui poi all’idea che fosse possibile intercettare il fumo senza sprecarne
alcunché aspirandolo per mezzo di una cannuccia da un piccolo focolare il passo
dev’essere stato relativamente breve anche se si parla di secoli.
Si
tratta comunque di mere supposizioni. A parte infatti i pochi documenti che ne accennano
se ne sa ben poco sino al 1492, quando con la scoperta dell’America, i “
Conquistadores” videro degli indigeni fumare l’estremità di tizzoni e masticare, fiutare o fumare foglie
particolari che poi chiamarono tabacco. Secondo Bartolomeo de la Casas poi, i
sacerdoti all’inizio delle cerimonie soffiavano il fumo, aspirato da pipe o dal
tabacco arrotolato, verso il Sole e i punti Cardinali. Per i Maya e i
Pellerosse ardere il tabacco significava omaggiare il Dio Balan, il Dio dei
quattro venti che accendeva il cielo con lampi e nuvole.
Ciò
premesso è probabile che la successiva diffusione esponenziale dei fumatori
così come degli alcolisti risieda proprio nella nostra socialità, che spinge a
essere accettati dagli appartenenti del gruppo nella misura in cui se ne
condividano umori e abitudini. Nonché dalla personale tendenza a imitare gli
usi e i costumi di persone rilevanti ( là dove le leggi lo consentano. Nel Medio
Evo per esempio, era rigorosamente codificato, a seconda del grado di nobiltà e
del censo, chi potesse portare vesti di pregio, di quale lunghezza, colore e
quali impreziosimenti ).
c ) Il fumo maschera il nervosismo e consente di
prendere tempo
Abbiamo
sin qui riportato dati sufficienti per trarre le prime conclusioni. Chi non
fuma o è appena agli inizi non ha idea che il farlo dia un piacere orale
intenso perché riconducibile per associazione d’idee al succhiare il capezzolo materno. Le prime sigarette infatti fanno tossire,
accaldano e lasciano in bocca un sapore acre tale che fa pentire di averle
fumate. E’ solo dopo averne consumate parecchie che ci si abitua alla cosa e ciò
dimostra che in realtà la molla che fa scattate la voglia di iniziare questo
vizio non deriva dal desiderio di soddisfazioni orali sostituenti quelle legate
all’allattamento, bensì dall’acquisire le abitudini comuni del gruppo sociale
cui si vuole appartenere. E’ cosa cognita che l’aver costumi e punti di vista
simili unisce e il fatto, associato magari alla presenza in questa comunità di
soggetti fumatori carismatici cui vorremmo assomigliare per suscitare in altri un
po’ di quella ammirazione che si prova per loro, può rendere attraente l’idea
d’imparare a fumare. Interessante al punto di non indurci ad abbandonare l’impresa
dopo le prime esperienze negative.
Una volta preso il vizio la dipendenza da nicotina
si associa al piacere di avere la sigaretta in bocca e questo anche se comunque
non tutti i fumatori sono uguali. Alcuni studi infatti dimostrano che chi dà alle
sigarette boccate lente e lunghe è più dipendente dall’azione calmante della
nicotina, grazie a cui riesce a controllare lo stress. Diverso è il caso di chi
dà alla sigaretta boccate brevi e rapide, cosa che sembra stimolare il cervello
e il livello di consapevolezza. Si tratta di persone che fumano quasi
esclusivamente in compagnia o quando bevono e che quindi lo fanno, vuoi per
imitare gli altri, vuoi per fare colpo su di loro. Del resto, appunto perché
meno dipendenti dalla nicotina e dalla funzione antistress del fumo costoro,
che vengono definiti sociali, fumano poco e lasciano la sigaretta per la
maggior parte del tempo nel posacenere.
Il ruolo di calmante non farmacologico attribuibile al
vizio del fumo comunque non si esaurisce nel facilitare l’inserimento in gruppi
di amici fumatori, né nel darsi un contegno a proprio avviso lusinghiero, né nell’essere
sotto lo scacco del piacere orale sostitutivo del capezzolo ( e questo
nonostante la dipendenza dalla nicotina ).
Il fumare infatti fornisce ai suoi devoti seguaci
anche altre cartucce. Vediamo quali.
Quando il nostro cervello limbico, definito anche “
rettiliano “ perché costituente il nucleo primigenio della nostra “ testa “,
rileva reazioni esterne che possono parere anche minimamente preoccupanti rilascia
immediatamente ormoni che attivano l’acutizzazione degli organi di senso,
l’apporto di energia all’apparato muscolare, la riduzione al minimo del consumo
energetico di quegli organi che non servono alla lotta o alla fuga, il blocco
del cervello pensante.
Il fatto è che con l’evolvere del progresso e della
vita sociale una gran parte delle reazioni indotte dal cervello limbico sono divenute
inutili. Abbiamo infatti imparato a riconoscere i casi in cui le cose si
possono risolvere pacificamente e a contenere le reazioni del sistema cerebrale
primitivo ma la sua velocità d’innesco, di molto superiore alla capacità di
controllo della nostra parte razionale fa si che non tutte le manifestazioni fisiologiche
che scatena ( aumento della pressione, tensione muscolare, eccetera ), vengano controllate.
Il bisogno che si ha di consumare l’aumentata
energia porta dunque a un impellente desiderio di scarico della stessa per
mezzo di gesti o comportamenti inadeguati rispetto al contesto, tipo
sbottonarsi il colletto della camicia, battere i piedi a terra, mangiarsi le
unghie, tamburellare le dita sul tavolo, borbottare, eccetera. Fumare diventa
uno di questi modi e rispetto a essi, oltre a ricordare per associazione d’idee
momenti della vita sereni, presenta pure il vantaggio di essere strutturato a
un fine, che è appunto il consumo della sigaretta e quindi maschera meglio il
nervosismo del momento. Anzi, se si è abituati a manifestare con sicurezza un
certo stile nell’accenderla e poi fumarla, può pure catturare l’attenzione di
chi è vicino.
Altre indagini poi mostrano che i fumatori impiegano più tempo a decidere
rispetto ai non fumatori. Ciò significa che in alcuni casi il vizio può esser
di aiuto per prendere tempo e se si vuole in qualche modo azzerare lo
svantaggio risulterebbe utile condurre le trattative in un locale dove sia
vietato fumare.
In un’altra ricerca poi le fotografie dei volti di soggetti
che avevano appena fumato sigarette con alti tassi di nicotina sono parsi più
attraenti rispetto a quelli che avevano fumato sigarette senza nicotina. Ne
emergerebbe dunque l’ennesimo fattore accattivante del fumo, dato dal far
apparire i suoi cultori sessualmente più interessanti. Del resto pare che la
ragione di ciò, come per l’alcol, derivi dal fatto che la nicotina vada ad
aumentare la disponibilità di dopamina nel nucleo accumbens.
d ) Gesti del fumatore
Fumare
tenendo la sigaretta stretta tra il pollice e indice è tipico di una persona frenetica, espansiva e un
po’ ansiosa.
Chi
regge la sigaretta tra il medio e l’anulare può essere un individuo superficiale, capace di
commettere imprudenze pur di appagare l’orgoglio e la vanità.
Chi
fuma mostrando la sigaretta tenuta distesa sulla punta delle dita, ostenta un atteggiamento elegante e raffinato,
nonché una ricerca del lato estetico delle cose. Il rischio però è quello di
apparire diversi da ciò che si è realmente.
Stringere
con forza una sigaretta tra i denti denota una persona energica che ama arrivare subito
al dunque. E’ sicuramente impaziente e aggressivo.
Chi la tiene
tra l’indice e il medio è una persona che per debolezza e mancanza di fiducia in sé può arrivare
a compiere azioni superiori alle sue reali capacità senza riflettere.
Chi
fuma guardando la sigaretta che tiene in bocca rivela di essere una persona ostinata e poco
elastica, così concentrata su quanto sta facendo o pensando da curarsi poco
dell’opinione degli altri.
Il
punzecchiare il bocchino con l’unghia del proprio pollice, oppure il picchiettare
con insistenza la sigaretta per far cadere della cenere inesistente denota insofferenza verso l’oratore o la
situazione. Visto però che le regole sociali giustificano solo in casi estremi
reazioni più dirette tipo l’allontanarsi o il zittire l’interlocutore, il
desiderio represso può venire sfogato in un’attività compulsiva tutto sommato
accettabile anche se significativamente connessa all’istinto reale.
Chi
fuma tenendo la sigaretta nascosta nella mano piuttosto che lasciarla in vista è una persona prudente che tende a isolarsi dagli
altri e non desidera comunicare i suoi pensieri, o forse li vuole nascondere.
Se
poi la sigaretta viene tenuta nascosta nel cavo della mano e rivolta verso il
basso, forse è poco
incline alle confidenze, perché angustiato da un complesso di inferiorità.
Chi
spegne
la sigaretta prima
del solito e
all’improvviso rivela di voler interrompere l’incontro bruscamente. Se si vuole
spiazzarlo è bene chiudere il discorso e alzarsi per primi.
Le
donne tendono a spegnere la sigaretta lentamente nel posacenere, gli uomini tendono invece a
schiacciarla col pollice.
Se il portacenere di un fumatore è pieno di
lunghi mozziconi spenti dopo poche boccate, quella persona potrebbe
essere un po’ troppo superficiale, distratta o anche nervosa.
Se
le sigarette sembrano essersi consumate da sole, quasi come se fossero state
dimenticate nel portacenere, allora si tratta di persona discontinua e lenta, che
fa fatica a concentrarsi.
Mozziconi
schiacciati con forza appartengono a una persona che, sotto un aspetto serio e disciplinato,
nasconde molta aggressività e bisogno di affermazione.
Nel caso non si debba espirare in alto, o in basso, o di
lato per non dare fastidio a terzi, il
soffiare il fumo verso l’alto è sintomo di presunzione di superiorità e
forse non è un caso che nel mondo del cinema chi recita il ruolo del duro e
aggressivo abbia spesso una simile posa. Indipendentemente da ciò comunque uno
studio dei Pease ( vedi bibliografia ), condotto nel campo delle vendite ha
mostrato che una persona che in una qualsiasi interazione prenda a soffiare il
fumo verso l’alto nutre al momento sentimenti positivi verso ciò che vede o
sente e probabilmente acquisterà quanto offertogli. Del resto, proseguono gli
autori, quanto migliore è lo stato d’animo del fumatore più elevata è la
velocità con cui espira il fumo verso l’alto.
Chi
soffia il fumo verso il basso invece,
spiega la Guglielmi ( vedi bibliografia ), è arrabbiato e nervoso mentre sempre
per i Pease si tratta di una persona il cui stato d’animo è tanto più negativo,
misterioso o sospettoso quanto più rapidamente espira il fumo. Ciò significa
che chi fa così è probabile non compri il bene che gli è stato offerto.
Chi tende a soffiare il fumo da un angolo della bocca, spiega la Guglielmi, è probabile che non sia una persona
corretta e leale ma per i Pease la cosa indicherebbe
uno stato d’animo ancora più negativo o elusivo di quello descritto nel caso di
fumo espulso verso il basso.
Se
il fumo viene emesso lentamente
si è tranquilli e sereni. Se viene
soffiato fuori con forza indica impazienza o insofferenza verso la
situazione in atto. E’ un gesto analogo allo sbuffare, anche se in quel caso si
espira solo aria, e affonda le sue radici nell’espulsione di un odore
sgradevole. Col passare del tempo poi lo si è usato per rifiutare discorsi o
azioni invise. In casi estremi è un segno precursore di una reazione
aggressiva, paragonabile al soffiare rabbioso dei gatti.
Chi
emette il fumo dalle narici è
molto sicuro di sé, ha molta grinta e autocontrollo, tiene la situazione in
pugno.
Nella maggior parte dei paesi
del mondo soffiare il fumo in faccia alle persone verrebbe
considerato offensivo ma in alcune regioni e in particolare nella Siria
del nord se lo si fa a una donna indica che l'uomo la desidera
sessualmente.
Il portare
l'indice e il medio vicino alla bocca, facendo mostra di aspirare il fumo di
una sigaretta, è un gesto comune grazie al quale, mimando con precisione cosa si
richieda, si rende perfettamente comprensibile a terzi il desiderio di una
sigaretta. Data la sua semplicità il gesto è compreso in tutto il mondo
tuttavia il Morris ( vedi bibliografia ), fa presente che in alcuni paesi
può essere confuso con il segnale di vittoria (la «V»), o, peggio ancora, con
la «V» britannica di insulto.
e ) Sigaretta, pipa o sigaro?
Chi
decide di fumare il sigaro è sicuro di sé e di buon umore. Per noi europei esso è idealmente associato
all’immagine dell’uomo di successo nordamericano che può permettersi un
articolo costoso perché di fattura pregiata e d’importazione. Non a caso viene
usato da industriali, manager e boss della malavita e si è osservato, durante una cena di
festeggiamento, che nella maggior parte dei casi chi li usa tende a espirare il
fumo verso l’alto.
Chi
fuma la pipa è un tipo riflessivo che trova, nel suo rituale di preparazione e di
accensione, l’occasione, sia per scaricare la tensione, sia per ponderare il
problema. Secondo Anna Guglielmi ( vedi bibliografia ), chi la usa ha una
grande autostima e la ostenta appunto utilizzando un attrezzo piuttosto
visibile e macchinoso.
Chi
fuma sigarette è una persona dinamica che prende le proprie decisioni rapidamente e che
in quanto tale aborre, sia l’uso del sigaro, sia quello della pipa, che
considera trastulli che fanno solo perdere tempo. Non a caso, ricorda Anna
Guglielmi, spesso costoro fumano anche mentre lavorano.
f ) I diversi modi di fumare di uomini e donne
Spesso le donne tengono le sigarette a lato del corpo con la
mano flessa all’indietro, il braccio sinistro appoggiato alla vita e la mano sinistra
a sostenere il gomito del destro. Se sedute poggiano il gomito del braccio destro
sul tavolo o sul bracciolo della sedia e rimangono con il braccio sinistro in
alto, che tiene la sigaretta.
In questo modo esse lasciano scoperto il davanti del corpo, segno che
sono così a loro agio con gl’interlocutori ( cui spesso sono legate da confidenza
), da non sentire il bisogno di proteggersi da sguardi o assalti. Non solo,
facendo così adottano un contegno ricercato per sottolineare la propria finezza
e lo status elevato. In presenza di esponenti dell’altro sesso la cosa,
associata a indicatori di accentuata socievolezza e distensione, fanno pensare
a una certa qual disponibilità sessuale con l’interlocutore.
Diverse sono le abitudini del maschio che solitamente fuma tenendo
il braccio sul petto e offre agli altri la vista del dorso della mano piuttosto
che del polso. La ragione di un tale comportamento è ravvisabile nel fatto
che l’uomo è più aggressivo e individualista in quanto ha sempre rivestito il ruolo di cacciatore e di difensore del
focolare. Ciò, per altro, spiega i suoi comportamenti più riservati e quindi
meno socievoli quali il nascondere la sigaretta nel palmo della mano e lo
stringerla più forte tra le dita o i denti.
Il fumare in modo diverso costituisce per i rappresentanti dei due sessi
l’ennesimo segno di distinzione e quindi di attrazione. La donna, più
vulnerabile alle aggressioni, ravvede nel modo di fumare dell’uomo quei tratti più
sicuri ed essenziali che desidererebbe per sé ma che invece è costretta ad
ammirare. Il maschio, all’opposto, apprezza la maggior socievolezza della
femmina e la sua predisposizione all’accudimento.
Nei tempi andati
l’accendere la sigaretta alla donna era una cortesia che dava la possibilità di
entrare in conversazione con lei o comunque di valutare il di lei grado d’interesse. S’ella
infatti, mentre lui procedeva in tal senso, indugiava a guardarlo e se sua la
mano in quell’occasione sfiorava quella dell’uomo ed entrambi tardavano ad
allontanarla la cosa poteva significare una qualche forma di reciproco interesse.
Qualora i due
fossero in confidenza poteva pure capitare che fosse lei ad accendergli la
sigaretta e che egli cogliesse la palla al balzo stringendole leggermente il
braccio per guidarlo più efficacemente verso la propria sigaretta. Si
trattava di un gesto alquanto sfacciato che palesava il desiderio di lui e che,
se ricambiato, poteva trasformare rapidamente l’amicizia in una vera e propria
relazione sessuale.
Oggigiorno che
molti tabù nei confronti delle relazioni uomo-donna sono caduti ed entrambi si
comportano più disinibitamente, simili carinerie e la valutazione del loro
effetto hanno perso molta importanza.
Il fatto dunque
che una donna accetti una sigaretta da parte di un uomo oppure gli permetta di
accendergliela, affermano i Pease ( vedi bibliografia ), assume la valenza di
sottomissione a usi e costumi ormai in auge nei normali consessi privati.
Abitudini che se da un lato vengono considerate quale costo necessario da
sostenere per fare parte di un gruppo “
forte “, dall’altro dimostrano che per essere accettati in contesti desiderabili
le donne, e non solo loro, sono disposte
a fare cose poco convenienti.
Oggi le donne che fumano sono il doppio degli uomini; entrambi i sessi
danno lo stesso numero di boccate per sigaretta ma gli uomini trattengono il
fumo nei polmoni più a lungo, cosa che li rende più soggetti al cancro
polmonare.
g ) Riferimenti bibliografici
Giovanni Chimirri, I
gesti che seducono, Milano I998, Giovanni De Vecchi Editore
Anna
Guglielmi, Il linguaggio segreto del
corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A.
Desmond
Morris, I gesti nel mondo, Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Marco Pacori, I messaggi segreti del corpo, Milano 2012, Giunti Editore S.p.A.
Marco Pacori, Come interpretare i messaggi del corpo, Milano 2002, DVE ITALIA
S.p.A.
Marco
Pacori, Il linguaggio del corpo in amore,
Milano 2011, Sperling & Kupfer Editori S.p.A.
Allan
e Barbara Pease, Perché mentiamo con gli
occhi e ci vergognamo con i piedi?, Milano 5° edizione Sonzogno 2006,
R:C:S: Libri S. p. A.