Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

domenica 31 maggio 2015

Paideia : 4 la scuola in un mondo che cambia


In questi ultimi decenni le attenzioni della scuola italiana che, per altro è un’organizzazione rigida dove tutto viene predisposto e deciso a livello ministeriale, si sono logicamente rivolte  alla gestione del personale e all’adeguamento di strutture e servizi a standard di sicurezza, ricettività e funzionalità compatibili con le norme e le aspettative della popolazione. In questo contesto l’innovazione della didattica e dei contenuti delle materie, che del resto non può essere slegata da un progetto educativo di ampio respiro, sono state poste in secondo piano e sebbene la scuola cerchi di fare proprie le odierne richieste del mondo del lavoro, che l’Onorevole Tremonti[1] ha riassunto con la formula : << .. Delle « tre i »: inglese, impresa, informatica. .. >>, vi riesce con grande lentezza e col rischio, per altro, di esaurire così la gamma dei possibili rinnovamenti.
Eppure il professore Nicola Abbagnano alla voce " Cultura " del suo " Dizionario di Filosofia “[2] diceva che è necessario : << .. Conciliare le esigenze della specializzazione ( che sono inseparabili da uno sviluppo maturo delle attività culturali ) con quella di una formazione umana totale o almeno sufficientemente equilibrata .. >>.
Certo, mentre : << .. Fino all'avvento dell'Illuminismo .. >>, la parola cultura significava unicamente : << .. Formazione dell'uomo, il suo migliorarsi e raffinarsi .. >>, lo sviluppo moderno : << .. Rende indispensabile la formazione di competenze specifiche, raggiungibili solo mediante addestramenti particolari che confinano l'individuo in un campo estremamente ristretto di attività e di studio .. >>.
Risulta dunque inutile erigersi : << .. Contro di essa, contrapponendole l'ideale classico della Cultura nella sua purezza e perfezione, come formazione disinteressata dell'uomo aristocratico alla vita contemplativa. Dall'altro lato sarebbe ugualmente inutile ignorare o minimizzare i difetti gravissimi di una Cultura ridotta a puro addestramento tecnico in un campo specifico e ristretto all'uso professionale di cognizioni utilitarie .. >>.
Inconvenienti che in primo luogo determinerebbero : << .. Un permanente squilibrio della personalità umana, sbilanciata in un'unica direzione e accentrata intorno a pochi interessi e quindi resa incapace di affrontare situazioni o problemi che per poco vadano al di là di tali interessi .. >>. Nonché gravi danni : << .. Dal punto di vista sociale giacché impedisce o limita fortemente la comunicazione fra gli uomini .. >>, e : << .. Chiude ognuno in un proprio mondo ristretto .. >>.
Non è però possibile delineare un efficace : << .. Progetto di lavoro e di studio .. >>, che : << .. Arricchisca l'orizzonte dell'individuo e mantenga o reintegri l'equilibrio della sua personalità .. >>, finché : << .. non si sia ottenuto una chiara nozione di " Cultura Generale " .. >>.
Ed è proprio questo che manca alla nostra attuale società e che rende le parole del professore, nonostante siano state scritte cinquant’anni fa, di estrema attualità : una visione congrua delle cose del mondo che induca a un operato illuminato.





[1] Giulio Tremonti, Lo Stato criminogeno, Bari 1997, Giuseppe Laterza & Figli
[2] Nicola Abbagnano, Dizionario di Filosofia, Torino, seconda edizione 1971, UTET

venerdì 29 maggio 2015

Paideia : 3 alla volta di un nuovo Umanesimo 

 Siamo continuamente chiamati a prendere decisioni importanti e non importa se riguardano il lavoro, l’educazione dei figli, i rapporti con la moglie, la gestione dello stress, l’adesione o meno a un’associazione e così via. Quel che conta è che ogni volta la qualità delle nostre reazioni dipende dall’effetto che il contesto produce in noi e non è assolutamente detto che il giudizio che si ha della situazione sia adeguato. Anzi, nonostante si cerchi spesso di convincersi del contrario, l’emotività e l’ignoranza alterano la valutazione dei fatti. Da cui possono seguire, vuoi azioni esagerate che causeranno danni e sofferenze inutili a noi e a terzi, vuoi atti insufficienti che ci produrranno perdite o pene insensate. Certo, è possibile che non si sia completamente all’oscuro di quanto accade. Magari a grandi linee può essere noto come le cose stanno evolvendo, così come a esempio si può immaginare che se diminuiscono le quotazioni dei titoli di stato o dei titoli di borsa si tenda a disfarsene acquistando magari dell’oro, che in tempi “ grigi “ è sempre un ottimo bene rifugio. E’ possibile dunque che si abbia nozioni su come comportarsi ma è tremendamente facile che la complessità del caso sia tale da farci cadere nell’indecisione oppure farci agire impulsivamente, vada come vuole. Del resto è improbabile che qualcuno si prenda la briga di cavarci le castagne dal fuoco e se comunque accadesse non ci faremmo una gran bella figura. E questo in quanto, alla fine della fiera, è da considerarsi in gamba solo chi affronta e risolve da sé i propri problemi. Il tutto dunque è sempre e solo prerogativa del singolo : sulla “ graticola “ è sempre l’uomo, con le sue paure, il coraggio e l’incoscienza. Si chiami Caio o Mohamed, Kaspar o Grigorij, vuoi che fissi pensieroso l’orizzonte o guardi preoccupato il vicino assembramento di folla, è solo lui che in qualche modo dovrà cercare di cavarsela. Poco importa se, posto di fronte a questioni spinose, il signor Bianchi di turno rimpianga di non aver studiato meglio quella data materia, oppure si penta di non aver dato ascolto a persone più informate. Certo è che difficilmente potrà evitare di scegliere. Forse penserà con invidia a quel suo conoscente che in un caso analogo ha saputo mostrare più grinta, o prudenza o costanza o inventiva. Magari si chiederà come mai lui che a scuola andava meglio non dimostri simili doti, inconsapevole o meno del fatto che non sono questioni che s’imparano a scuola perché questa ha tutt’altre finalità, ma le cose stanno così ed egli dovrà agire per il meglio o rodere d’invidia per il successo altrui. E’ pure probabile, mentre si “ trovi nelle canne “, che gli sorga il pensiero che se fosse più addentro nella conoscenza dei propri limiti e potenzialità, di come migliorarsi e delle leggi che sottendono la costruzione e l’evolvere delle relazioni, potrebbe avvantaggiarsene eppure, se anche prima vi avesse tentato, avrebbe riscontrato notevoli difficoltà. Non che manchi il materiale, beninteso. Pur escludendo infatti la letteratura di psichiatria clinica che qui non c’interessa, i libri e gli articoli prodotti o comunque disponibili in lingua italiana è immenso. Senza contare poi le esperienze professionali acquisite in Centri studi all’avanguardia benché magari poco famosi, o in scuole esoteriche come quella di cui mi vado occupando, oppure con lo studio e la pratica di discipline orientali. Il fatto è tuttavia che le informazioni interessanti a cui è possibile avere accesso ( spesso infatti la conoscenza delle tecniche più soddisfacenti richiede studi specialistici ), sono disperse fra le pagine delle centinaia di documenti pubblicati e se si vuole che queste nozioni diventino alla portata di tutti è necessario analizzare i testi sull’uomo e il suo comportamento, mettere da parte i doppioni e quanto sia banale o strampalato e farne un sunto organico. Ne dovrebbe uscire una serie di manuali che, similmente a quelli scolastici, informino succintamente ma esaustivamente, di quanto si sa al riguardo, quali siano le ricerche in atto e i punti di vista che le questioni insolute hanno fatto insorgere. Non è cosa da poco. Si spazierebbe fra quanto v’è di utile e interessante in antropologia, in sociologia, nella comunicazione umana, nel linguaggio del corpo, nella PNL, nella psicologia subliminale, nell’ipnosi, nella fisiognomica, nell’analisi del carattere, nell’Enneagramma, nella meditazione e chi più ne ha ne metta. Significa sapere come e perché ci si comporta in una data maniera, come potrebbero evolvere certe relazioni, valutare con maggior sicurezza l’impatto che si ha sul prossimo, gestire meglio lo stress che segue al riconoscersi a disagio in certe situazioni. Con ciò non si vuole affatto sostenere che si potrebbe risolvere d’incanto, come con una bacchetta magica, i problemi dei singoli, ma a mio avviso sarebbe possibile acquistare a poco a poco quella diversa disposizione verso sé e gli altri che deriva dalla maggiore consapevolezza di quello che si è e si può diventare. Chissà! Potrebbe essere l’inizio di un nuovo Rinascimento dove il fervore culturale innescato da un diverso modo di essere e concepire se stessi e gli altri si possa riflettere sulla politica, la legge e la religione, ispirando rilevanti riforme strutturali.

martedì 26 maggio 2015

Paideia : 2 il punto della situazione


Dal secondo dopoguerra ad oggi abbiamo conosciuto in Europa Occidentale un periodo di pace e benessere senza precedenti che ha indotto a tralasciare modi di essere che non fossero “ faciloni “ ed edonisti. Ma i tempi stanno cambiando ed è probabile che le incertezze individuali diventino man mano più esasperanti.
Se è vero infatti che le nuove generazioni hanno una migliore opinione di sé, questa sicurezza non è conseguenza di un maggior equilibrio interiore ma delle attenzioni della famiglia e della società ed è quindi probabile che si sciolga come neve al sole all’insorgere delle prime difficoltà. Il benessere poi, che offre soluzioni e status symbol che in realtà hanno poco a che vedere con le effettive esigenze individuali, crea non poca confusione a livello di ricerca di obiettivi formativi validi. Senza contare infine che sempre più spesso gli uomini di spicco sono frutto di operazioni mediatiche e non di eccellenze di vita o professionali. Cosa che esaspera l’illusione che il successo conseguibile adottando opportunisticamente stili di vita e discipline “ alla moda “ renda felici.
Del resto, se è innegabile che la nostra società genera opportunità che hanno del fantastico ( lotterie e giochi milionari, gare di solidarietà, carriere straordinarie a sconosciuti in forza di fortunati influssi mediatici, ecc ), è altrettanto scontato che queste sono per pochi e ai milioni di esclusi non resta che rodere d’invidia. Con i più vivissimi ringraziamenti di maghi, astrologi, chirurghi plastici, dietologi, sette religiose e non, produttori e spacciatori di droghe, meretrici, pervertiti, psicologi, consulenti matrimoniali e chi più ne ha ne metta, che si spartiscono i miliardi di euro di onorari che gli ambiziosi, gl’insoddisfatti, i delusi e quelli “ andati fuori di melone “, sono disposti a sborsare, vuoi  per cercare di “ rimanere “ in gioco, vuoi per procurarsi una qualche forma di conforto. Sempre ché poi non decidano di suicidarsi, fenomeno in costante aumento.
Qualcosa non funziona dunque e questo “ qualcosa “ ha a che vedere con la sottovalutazione dell’essere in armonia con sé stesso e con l’Universo, a fronte di un presunto diritto a “ Essere “. Il diritto però è una prerogativa umana, non naturale.
In Natura infatti non vi sono cose giuste o sbagliate ma un precario equilibrio complessivo mantenuto dalla temporanea risultante ( e qui il tempo si misura in Ere ), delle tensioni contrapposte in gioco.
Nell’Universo dunque non c’è spazio per pretese o certezze. Indipendentemente dalla nostra bontà o cattiveria la Terra da un momento all’altro potrebbe essere oggetto di sconvolgimenti tali da venire distrutta, oppure da cancellare gran parte delle forme di vita oggi esistenti.
In Natura poi non esiste altra legge che quella dei rapporti di forza. Il fiume in piena infatti e a onta di qualunque preghiera o “ magia “, romperà gli argini a meno che questi non vengano sufficientemente rinforzati, così come la fiera affamata strazierà la preda che sia meno veloce o abbia minori difese.
Dimenticarsi di questo significa stravolgere, sia l’ordine naturale delle cose, sia il ruolo dell’uomo che è quello di sopravvivere e curare i suoi cari sino a quando le proprie forze, l’intelligenza e l’eventuale solidarietà della comunità non lo assistano più.
Sono dunque da mettere al bando presunzioni e ostentazioni non giustificate ed è auspicabile il ritorno a una visione delle cose improntata all’essenzialità. Se l’uomo infatti non può e non deve aspettarsi nulla dalla vita se non di sopportare il proprio carico di dolore, allora non deve illudersi di poter essere altro che quello che può essere per sé e gli altri sulla base di ciò che sa fare e a questo punto anche le “ pillole di saggezza “ desumibili da ciò che si sa delle ricerche di studiosi  sull'argomento possono tornare utili.
Anzi, in un’epoca come la nostra dove l’Ontologia è morta, la Teologia non convince più e dove dietro l’egida dello Stato Etico si giustificano appetiti non certo cristallini, l’uomo che cerca conforto e forza in se stesso non può che rimanere attratto da teorie atte a fortificare lo spirito e la volontà individuale.
Non solo! Vale la pena poi ricordare che l’uomo non si è evoluto scoprendo la “ pietra filosofale “. La nostra civiltà infatti ha progredito unicamente grazie al lento ampliamento del patrimonio delle conoscenze e delle applicazioni che quelle hanno dato luogo. E se questo è il tema costante della nostra esperienza, nulla indica che in futuro possa andare altrimenti.
Meglio meno ma meglio dunque! Visto che i miracoli non sono né frequenti, né a buon mercato, tanto vale allora pubblicizzare con passione le pillole di saggezza spicciola faticosamente delineate da uomini straordinari. Meglio meno ma meglio, appunto!
Ancora una cosa. Non vogliatemene per i troppi errori e le manchevolezze, conseguenza della mia personale limitatezza. Spero di scioglierne alcuni più avanti, continuando a studiare e a proseguire sulla via della “ crescita interiore “.
Magari assieme a Voi, o con la volontà rafforzata dalla Vostra simpatia.


domenica 24 maggio 2015


L'inganno dei cambiamenti contrattuali

Nonostante che gli spot pubblicitari ordinati dalle Banche e mandati in onda, presentino i loro funzionari come consulenti precipuamente formati per consigliare benevolmente i clienti, che costituiscono " il Sole " attorno a cui ruotano le banche, la verità è tutt'altra.
Da almeno un ventennio infatti la recrudescenza della concorrenza finanziaria internazionale ha posto al primo piano la ricerca del profitto e questa non si può soddisfare se non spellando per benino, piumino dopo piumino, i polli che riescono ad arraffare e che nella fattispecie trattasi di noi correntisti.
Mi è sembrato istruttivo quindi presentare questo stralcio preso dal libro del dottor Vincenzo Imperatore[1] relativo alla pratica delle banche volta a mandare ai clienti lettere semplici e poco chiare quando intenzionate a modificare unilateralmente e, quasi sempre a sfavore del correntista, le condizioni contrattuali.
Ma diamo ora la parola, pardon, la penna, all'autore. Costui scrive infatti :
<< .. La giurisprudenza si sta orientando a valutare come ille­gittima la pratica di inviare le proposte di modifica delle condizioni con missive semplici ( .. ).
Le banche, dunque, a norma di legge, possono apportare modifiche unilaterali al contratto solo in presenza di un valido motivo che provi un più alto coefficiente di rischio a carico dell’istituto, come ad esempio il caso in cui la garanzia offerta dal cliente avesse una diminuzione di valore oppure il rating dell’azienda peggiorasse. Ma per essere legittime, le modifiche devono essere comunicate al cliente personal­mente e in modo formale, con adeguato preavviso e con l’avvertenza esplicita che, qualora il cliente volesse recedere dal contratto, potrebbe farlo prima dell’entrata in vigore della modifica. La legge insomma è dalla parte del correntista e le banche lo sanno, per questo tentano di sistemare in maniera subdola posizioni palesemente irregolari, che non hanno rispettato i criteri minimi di legittimità.
C’è quindi un principio giuridico generale che stabilisce che ogni modifica perpetrata in modo unilaterale senza giustificato motivo rappresenta una grave irregolarità. Se denunciata, può rendere addirittura nullo il contratto. A garanzia del cliente esiste inoltre il cosiddetto «principio di continuità», che rappresenta un altro straordinario strumento dalla parte del correntista che spesso subisce in silenzio e senza aver ricevuto alcuna comunicazione preventiva.
Il principio di continuità è stato inserito come aspetto fondamentale all’interno del regolamento comunitario che doveva disciplinare il passaggio alla moneta unica. L’introduzione dell’euro, a partire da questo principio, non poteva essere invocata da nessuno come occasione per venir meno ai propri obblighi contrattuali, regolarmente sottoscritti, o per imporre una rinegoziazione di rapporti contrattuali preesistenti. Il principio giuridico di continuità può esser fatto valere anche nel caso in cui una banca venga acquisita oppure sia inglobata da un’altra. E' come quando abiti in affitto e il proprietario di casa vende l’appartamento.
L'inquilino deve poter conoscere con tempestività il nuovo creditore. Lo stesso vale per la banca, pena la possibile nullità del contratto. .. >>
Capito dunque come stanno le cose? Ma non è finita qui. Abbiamo altre chicche  che Vi proporremo in  altri articoli. Volete sapere di che si tratta? Seguitemi!



[1] Vincenzo Imperatore, Io so e ho le prove, Milano IV Edizione 2014, Chiarelettere Editore s.r.l.

giovedì 21 maggio 2015

L'effetto Ringelmann : il genio solitario ha la meglio sul gruppo?

A proposito della supremazia del lavoro di gruppo rispetto all'iniziativa individuale : l'effetto Ringelmann


Ecco qua uno stralcio del libro di Jonathan Littman e Marc Hershon intitolato : " Io odio la gente " [1]che la dice lunga sull'efficacia del lavoro di gruppo a fronte delle potenzialità del singolo.
Gli autori infatti in questo passo affermano :
<< .. Ci hanno tartassato con l’idea che il team vince sul singolo. Ma dov’è la prova?
Le ricerche di quasi un secolo fa suggeriscono semmai il contrario, ovvero che man mano che il gruppo cresce, la produttività individuale diminuisce. Nel 1913 Maximilien Ringelmann, un ingegnere agrario francese, ( .. ) Ha organiz­zato un vero e proprio tiro alla fune per misurare la diffe­renza tra le prestazioni individuali e quelle del gruppo, con singoli e gruppi a tirare la corda collegata a un esten­simetro.
Sorpresa, il suo esperimento ha rivelato che già un se­colo fa esistevano gli scansafatiche: nel gruppo di otto ogni individuo tirava mediamente con la metà della forza applicata da quello che tirava da solo. Anche quando il gruppo era ridotto a tre individui, le singole prestazioni erano più basse del venti percento rispetto a quella del ti­ratore singolo. Un risultato che ha stuzzicato il buonsen­so comune, dimostrando che più gente metti a risolvere un problema, minore è il contributo di ognuno.
Ringelmann ha attribuito questo calo di efficienza alla minore coordinazione e all’« ozio sociale », il concetto per cui la gente in gruppo lavora meno. Oggi, questo concet­to viene chiamato effetto Ringelmann.
Ricerche più recenti hanno dimostrato che anche la minor motivazione può contribuire al calo di prestazioni. Le vogatrici della categoria élite in equipaggi da otto, per esempio, remano con meno vigore quando sono insieme. I ricercatori ascrivono questa forma di ozio sociale alla durata del compito. Più a lungo il gruppo rema, più il rendimento soffre.
Ma non è solo il debilitante effetto Ringelmann a ri­durre le performance di chi lavora in azienda.
David Johnson, il nostro psicologo, sostiene che uno dei problemi che i solisti si trovano davanti nelle grandi aziende è che molti hanno obbiettivi diversi dal consegui­mento dei risultati. « Molti vengono a lavorare nelle gran­di aziende perché cercano amicizie e relazioni. Gli piace stare con gli altri, chiacchierare, lavorare insieme agli al­tri. »
Potrebbe essere il maggior conflitto di interessi che af­fronterete nella vostra carriera.
Queste persone in cerca di relazioni, spiega Johnson, non sempre mettono il lavoro al primo posto. « A loro im­porta stare con voi, e non si accorgono che è proprio quello che a voi dà fastidio», continua. «Perché voi vole­te solo fare il vostro lavoro. .. >>




[1] Jonathan Littman e Marc Hershon, Io odio la gente, Milano 2009, Casa Editrice Corbaccio s.r.l.

sabato 16 maggio 2015

Paideia : 1 l'attualità del concetto di Paideia e di Enneagramma


La plurisecolare supremazia occidentale sta finendo e con essa il benessere e la stabilità politico culturale che ci ha consentito di controllare la disoccupazione creando nel pubblico impiego milioni di posti di lavoro e di sostenere la “  produzione “ incrementando a dismisura la spesa pubblica.
Ciò, che ha significato la generalizzazione del passaggio a una esistenza più agiata dove il singolo, per altro, viene fatto sentire un “ signore “ nella misura in cui allarga i cordoni della borsa, è dunque un processo destinato a finire.
Che le cose stiano andando in questo senso del resto lo dimostra la concorrenza sempre più generalizzata delle merci dei paesi asiatici e la delocalizzazione all'estero degl'impianti industriali, fatto implicante che in questo modo quei paesi incamerano quantità sempre più grandi di valuta pregiata mentre contemporaneamente le nostre tasche si svuotano.
Significa imprese che chiudono, disoccupazione, il ricorso sempre più massiccio agli ammortizzatori sociali e ai servizi pubblici la cui espansione è però frenata dalla mancanza di risorse ( meno vendite e più stagnazione = minori incassi erariali ), dall'inefficienza e dalla corruzione.
Siamo dunque un paese che vende poco e produce ancor meno e quindi non ha più risorse sufficienti a finanziare gli investimenti e i sussidi. Senza contare poi il fatto che non si vedono vie d'uscita. Questo in quanto le potenze emergenti sono ben lungi dall’avere esaurito le cartucce in loro possesso e, cosa non meno importante, non hanno alcuna intenzione di ritornare succubi di un Occidente ormai alle corde.
Siamo nel bel mezzo dunque di cambiamenti che fino a pochi anni fa erano inimmaginabili ed è impensabile ritenere che si possa fronteggiarli continuando a fare come si è sin qui fatto.
L’ammettere tuttavia che ci si debba dar da fare e l’aver voglia d’impegnarsi in tal senso non è però destinato a risolvere automaticamente il problema. Anche perché non è assolutamente chiaro  come ci si debba muovere, quanti investimenti necessitino per dar luogo ai necessari cambiamenti e quanta resistenza  opporranno i “ falchi “ e le “ colombe “ delle lobby e dell’opinione pubblica.
I mass media d'altronde che seguono la corrente esaltando l'effimero ( ovvero i vizi e il lusso funzionali a un claudicante consumismo ), difficilmente potranno aiutare le nuove generazioni a chiarirsi le idee sul da farsi. E questo in quanto è improbabile che i tipi di uomini ch’essi in fondo esaltano, ovvero  giovani rampanti, piacenti e sfrontati, possano affrontare qualcos’altro che non siano le copertine patinate delle riviste di gossip oppure il mondo dorato dello spettacolo.
In un simile contesto già di per sé confuso e difficile è poi facile supporre che la scuola, così come concepita, non possa fare miracoli.
Essa certamente fa del suo meglio per inculcare nella testa dei ragazzi le debite conoscenze tecnico-professionali e un certo bon ton. Solo che adesso non possiamo più illuderci di essere la quinta potenza economica mondiale ed andare così fieri del nostro Made in Italy.
Non solo! Nulla può assicurare che si possa ritornare ai fasti dello scorso ventennio e allora questo bon ton volto a volerci conferire aspetti di signorilità e raffinatezza adeguati al nostro grado di civilizzazione, chi potrà mai far innamorare di sé quando poi  anche i mass media con le loro inchieste, gli show, i film, i serial, i reportage, ecc. mostrano che per fare carriera servono molto di più belle chiappe e ampie tette, nonché pettorali scolpiti e la ricerca di santi buoni a raccomandarci a destra e a manca? ( salvo poi dimenticare di dirci che a parte i figli di papà e mammasantissima che finiranno a dirigere le aziende di famiglia, oppure nello spettacolo o nelle copertine dei mass media, gli altri avranno pochissime possibilità di avere carriere strepitose e questo seppur la chirurgia plastica riuscisse a trasformarli in sosia di Madonna o di Brad Pitt ). 
Tutto questo aiuterà forse a inculcare l'amore per lo studio, per l'analisi scientifica e la ricerca, l'esaltazione di qualità quali la tenacia, la capacità decisionale, il senso di responsabilità, ecc.?
E' forse questo il modo di prepararsi alle sfide inusitate che la competizione internazionale ci costringerà, volenti o nolenti, ad affrontare?
Io credo di no.
Io penso che assieme alle nozioni tecnico-professionali i giovani, non appena siano in grado di apprenderle,  necessitino, oltre a un sano bagno “ di umiltà “, informazioni di carattere scientifico attorno ai più disparati problemi e situazioni possano loro capitare in futuro. Dalla conoscenza delle personalità ( prendendo spunto anche dell’Enneagramma ),  ai segnali del corpo, all'igiene del " corpo e della mente ",  ai rudimenti bancari, finanziari e di economia politica. Alla politica trattata come scienza, al sapersi orientare con le stelle, a fare il “ punto “ con rudimentali attrezzi, apprendere nozioni di geologia, biologia, fisica a partire dai casi quotidiani che possono capitare a ciascuno di noi, eccetera.
Vi sembra una stupidaggine? Io penso di no. Sarà sicuramente un'impresa immane ma l'unica che possa " formare " uomini coscienti delle proprie capacità, alieni da illusioni idealistiche o comunque fuori luogo e capaci di agire e di fare.
.. Forse sarà la volta buona che si riuscirà, come dice  Werner Jaeger[1], a educare l'uomo : << .. Alla sua vera forma, alla vera umanità. È' questa la vera Paideia greca,  .. >>.
Ma avremo ben presto modo di tornare sull'argomento ..



[1] Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S.p.A.