Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

martedì 9 aprile 2019

<< Affamare la " bestia" ovvero lo Stato, secondo l'espressione di Reagan .. >>, può costringerlo a divenire più efficiente? .


Nel n.1309 di Altroconsumo Finanza ricordava la concorrenza fiscale che gli Stati europei si fanno. Dato che in quel contesto si affermava che le minori entrate fiscali per lo Stato Italiano erano di 6,5 miliardi di euro a favore di quelle nazioni che praticavano aliquote più basse si domandava se si considerava o meno favorevolmente la cosa  soprattutto tenuto conto che : << "Affamare la bestia" intesa come lo Stato, secondo l'espressione di Reagan .. >>, possa costringerlo a divenire più efficiente e quindi a usare in modo più intelligente e fruttuoso le entrate.
Nel 1311 di Altroconsumo Finanza vengono riportate e commentate le risposte ricevute e la conclusione è che grosso modo i partecipanti si sono spaccati in due tronconi di proporzioni simili fra chi vorrebbe che l’Italia facesse agevolazioni fiscali favorevoli alle aziende e gli altri i quali sperano che le minori entrate fiscali costringano lo stato italiano a riformarsi recuperando efficienza.
Personalmente propendo, sia per una riforma fiscale che riduca gli oneri diretti e indiretti a carico dei cittadini in modo che lo stato sia costretto a spendere con giudizio i soldi che entrano, sia che induca l’arrivo di capitali esteri in Italia attratti da migliori condizioni fiscali.
Tutto ciò in contrapposizione a chi vuole fare le pulci ai centesimi dei contribuenti di modo che lo stato possa aiutare i deboli e i diseredati, l’economia, le piccole imprese, l’ambiente, gli animali vaganti e chi più ne ha più ne metta! Il fatto è tuttavia che è da sessant’anni che sento parlare di contributi statali per infrastrutture, sussidi, eccetera. Con tutti i soldi che da allora sono stati versati a quest’ora dovremmo essere tutti dei piccoli Creso e invece niente! Segno che tutto questo funziona poco o nulla e allora?
Vogliamo riformare lo Stato e renderlo più efficiente nella produzione e nella qualità della sua legiferazione nonché nella determinazione delle spese. .. Ce la faremo? ..

.. Difficile! .. Crederci è un poco come affermare d’essere intimi dei tre porcellini, oppure di Spiderman, di Tina Pica. No! .. è impossibile ..

martedì 2 aprile 2019

Obsolescenza programmata delle merci


 
a ) Le origini
 La Rivoluzione industriale è stata caratterizzata da periodi di grande sviluppo a cui faceva seguito una sovrapproduzione rispetto alla domanda di merci e quindi fasi di stagnazione. In questi momenti diventava indispensabile studiare nuovi modi per stimolare le vendite e ben presto i dirigenti iniziarono a chiedersi se fosse possibile ridurre la durata del funzionamento delle merci. Di modo che il loro più rapido deterioramento costringesse  a una frequente sostituzione..
Furono quindi effettuate delle vere e proprie ricerche in questo senso e pare che alla fine gl’ingegneri riuscirono a inventare prodotti meno longevi.
In un articolo intitolato infatti : “Vecchi prima del tempo “, apparso su Altroconsumo numero 285 dell’ottobre 2014 ed edito da  Altroconsumo Edizioni s.r.l. si sostiene che : << .. La storia è iniziata nel lontano 1924, quando i rappresentanti delle principali aziende elettriche del mondo si riuniscono a Ginevra per prendere una decisione che introdurrà un nuovo modello commerciale, ovvero impiegare tecniche specifiche in modo che le lampadine non possano durare più di 1.000 ore.
Insomma, si decide di creare a tavolino una lampadina più fragile di quanto permesso dalla tecnologia del tempo. È la prima volta che si definisce di proposito la durata di vita di un prodotto per far crescere le vendite. E nasce così per la prima volta il concetto di obsolescenza programmata, una sorta di meccanismo occulto, ben celato dal mondo dell’industria, che apre la strada alla società dei consumi.
Oltre a questo primato, si aggiunge il fatto che si tratta del primo accordo tra aziende a livello mondiale (chiamato “cartello Phoebus”), per ottenere con una strategia comune maggiori profitti: spingere i consumatori a cambiare più spesso le lampadine. .. >>.
Da allora i tentativi si sono moltiplicati e si può affermare che adesso sia divenuta una pratica costante. Tant’è vero che, ed è sempre l’articolo sopra citato ad affermarlo, studi commissionati da gruppi parlamentari tedeschi lo confermerebbero.
La colpa dunque dei frequenti guasti che i nostri beni accusano non deriverebbe solo dal fatto che i produttori asiatici sarebbero attenti ai costi e quindi disinteressati alla cura dei manufatti bensì anche da una deliberata pratica comune in Occidente volta a utilizzare materiali scadenti o a inserire dei pezzi con una marcata incapacità di resistere a pressioni poco al di sopra della media.
Visto che questa è la musica non serve comprare prodotti più cari dato che spesso le aziende del lusso adottano le stesse pratiche. Del resto se loro non facessero come gli altri e quindi offrissero merci aventi una lunga carriera operativa, quando venderebbero nuovi pezzi?

b ) L’ampliamento delle tecniche di coercizione all’acquisto di prodotti nuovi

Con il tempo poi le tecniche d’induzione all’acquisto di capi nuovi o comunque all’esborso di sempre maggiori denari sono andate raffinandosi e ampliandosi.
Molto spesso infatti la frequenza di prodotti guastatisi poco dopo la garanzia legale di 2 anni induce sospetti che in realtà nessuno è in grado di smentire convincentemente. La stessa estensione della garanzia a pagamento per un periodo ulteriore ma limitata ad alcuni componenti del macchinario sembrerebbe un tentativo d’indurre il cliente a sborsare ulteriori soldi a fronte di rotture di parti che i tecnici reputano robusti e quindi improbabili. Ma guarda caso così facendo lasciano senza possibilità d’indennizzo le altre, quelle più fragili ..
L’articolo di Altroconsumo citato poi fa presente che : << .. Nel 2013 una nostra inchiesta realizzata nei negozi di alcune grandi città ha rivelato che l’80% dei venditori rifiuta la sostituzione di un prodotto, anche se per legge dovrebbe farlo; troppi fanno di tutto per evitare di accollarsi i costi delle riparazioni o danno informazioni sbagliate. .. >>.
Un simile comportamento non è difficile da capire. Prodotti a basso prezzo che per di più si rompono spesso e volentieri comportano per i commercianti al minuto rapporti tesi con la clientela e un maggior daffare con servizi tecnici aziendali che non soddisfano facilmente le loro richieste di riparazione e quindi una deriva negativa dei ricavi.
Le stesse riparazioni dei macchinari poi sono spesso scoraggiate perché i pezzi di ricambio sono inesistenti oppure carissimi e così pure il costo della manodopera, tanto da indurre soventemente i tecnici e i negozianti a consigliare l’acquisto di un nuovo prodotto. E’ il caso delle batterie integrate che non si possono sostituire ma bisogna cambiare tutto oppure dei cuscinetti delle lavatrici che non possono essere cambiati e basta.
Come se non bastasse la continua immissione sul mercato di modelli più avanzati, belli o di moda, nonché la loro magnificazione per mezzo dei messaggi pubblicitari induce psicologicamente a cercare di averli buttando quelli vecchi  anche se ancora buoni ( il discorso vale, sia per l’abbigliamento,  gli accessori, gli arredi, eccetera sia per i prodotti tecnologici  e i macchinari in genere ). Cosa che produce l’effetto collaterale di creare più rifiuti inquinanti e un inutile spreco di risorse naturali nonché impoverirci a fronte di entrate sempre più basse. E’ ovvio che se non gettassimo via quei denari in acquisti tutto sommato non necessari ne rimarrebbero di più per mangiare meglio e più sano, per curarci e per acquisti più intelligenti ma il fatto è che le imprese devono far si che il loro bilancio sia allettante per gl’investitori e per fare ciò non resta loro che arraffare soldi dove possono.
Senza contare la pressione delle lobby finanziarie e industriali a livello politico affinché venga vietato l’uso di certi prodotti oppure ci si debba adeguare obbligatoriamente a standard superiori perché quelli in uso risulterebbero poco sicuri o maggiormente inquinanti. Cosa che spesso non è veritiera. Soventemente infatti, il maggior esborso di denaro che l’innovazione comporta ( sempre che il privato possa permetterselo ), più l’incremento del consumo di materie prime e d’inquinanti causati dalla sua stessa produzione a fronte del problema dello smaltimento del prodotto che ha sostituito, non è ricompensato da altri benefici che non siano l’incremento delle vendite di quei beni da parte delle aziende e degli impiantisti.
Non farsi fregare del resto a mio parere è impossibile e questo con o senza i servigi di associazione di consumatori come Altroconsumo. Purtroppo, devo dire, e nonostante il loro prodigarsi : la posta in gioco è molto alta e i competitori sono sempre troppi e agguerritissimi.
Aderire  a gruppi ecologisti e appoggiare i loro sforzi? Spesso non accettano la situazione per quella che è e non comprendono le necessità delle parti. Si comportano piuttosto come tori : vedono rosso e caricano travolgendo tutto quello che incontrano, facendo più danni che guadagni.

c ) Riferimenti bibliografici
Altroconsumo numero 285 – Ottobre 2014, Vecchi prima del tempo Altroconsumo Edizioni s.r.l.