Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

martedì 19 marzo 2019

Sulla morte




a ) In verità si preferisce campare

Andreotti, è scritto in “ ALTROCONSUMO FINANZA  numero 1302 del 22 gennaio 2019, sosteneva che era : << .. Meglio tirare a campare che tirare le cuoia “  .. >>
ED MC BAIN in " PIETÀ “ PER CHI CREDE “ ribadisce sostanzialmente quanto sopra ovvero che coloro che cercano la pace in cielo o tra le braccia di Belzebù sono pochi rispetto a chi preferisca campare. Non a caso cita un proverbio arabo il quale recita : " Mostra a qualcuno la morte e sceglierà la malattia ".
In generale comunque e questo concetto lo rilevo da la : “ BREVE LA VITA FELICE DI FRANCIS MACOMBER “ tratto da “  I 49 RACCONTI  “ di ERNEST HEMINGWAY; chi è stato oggetto di : << .. Un'improvvisa precipitazione nell'azione senz'avere il tempo d'impressionarsi .. >>, ovvero ha vissuto un evento di tale portata e velocità da non aver dato al soggetto il tempo di spaventarsi, è più facile che  sul momento pensi : << .. Vada come vuole, chi muore oggi è franco per il  seguito .. >>.
 Diverso e più letterario il punto di vista di ALDO BUSI in SODOMIE IN  CORPO 11 “, che è certamente più ironico e mordente ma che probabilmente è frutto di un’anima  sofferente al punto da considerare la morte una specie di liberazione : << .. Perché non  si deve avere la possibilità di morire a 37 anni di morte naturale? La morte che arriva facendo ondeggiare la sua falce e tu che le presenti il culo perché ti mieta da lì. Gliela pietrapomicerei. .. >>.
Può comunque capitare poi che la vita sia stata veramente avara di  doni ma qualcuno per cui poi costui  si senta veramente distrutto. Lo descrive Da : di JOHN LE CARRE’ ne “ LA SPIA CHE VENNE DAL FREDDO “ :
<< .. Dicono che un cane vive quanto i suoi denti; metaforicamente, a lui glieli avevano strappati tutti. .. >>.


b ) Cè chi dice di non averne paura

Al riguardo è molto interessante il dialogo dei due protagonisti de“ IL PRIMO CERCHIO “ di  ALEKSANDR  SOLŽENICYN :
<< .. Lanskij, che ormai era scatenato, s'affrettò a dire che in quei momenti disperati la morte non fa paura, la si dimentica. Ščagov sollevò un  sopracciglio  e lo corresse :
<< La morte non fa paura finché non  ti dà uno scossone. Prima non  si ha paura di niente; appena si prova, si ha paura di tutto. Ma è una consolazione  il fatto che la morte sembra che non ti tocchi : ci sei tu,  non c'è lei : se arriva lei,  non ci sei più tu >>.
GRAZIA DELEDDA in " COLOMBI E SPARVIERI " centra il nocciolo della questione affermando : << .. E che cos'è la paura della morte, nell'uomo? E' la certezza di morire prima del tempo, per malattia, dopo lunghe crisi di dolore. Se l'uomo morisse di morte naturale, cioè senza dolore, d'una morte che è dolce come il sonno in un essere sano, cosa che non può avvenire perché il nostro organismo è imperfetto, la paura della morte sparirebbe .. >>.
Il personaggio di JOHN STEINBECK invece, ne " LA SANTA ROSSA " dopo una rapida dissertazione sulla differenza tra la morte e il morire conclude di non temerla visto che sin li non gli ha dato dolore ( beato lui ) :
<< .. Non ho paura della morte. Ho visto molta violenza e nessun uomo ch'io ammirassi aveva paura della morte, ma solo del morire. Vedete, signore, la morte é un argomento intellettuale, ma il morire é puro dolore. E questa mia morte fino a questo momento é molto piacevole. No, signore; non ho paura nemmeno del morire. .. >>.

c ) Purtroppo è ineluttabile

E’ il caso di uno dei protagonisti di" CENERE " di GRAZIA DELEDDA :
<< .. Giacché si deve morire è meglio morir presto .. >>.
Zia Tatiana lo guardò; fece un segno di croce per aria, e disse :
<<  .. Tu hai fatto cattivi sogni, stanotte? Perché parli così, agnellino senza lana? Ti fa male il capo? .. >>.
Esplicativo del significato del paragrafo e simpatico di per sé è il racconto persiano intitolato  "  Appuntamento a  Samarcanda “ riportato da ORIANA FALLACI ne " SE IL SOLE MUORE " :
<< .. Nel giardino del re, la Morte appare a un  servo.  “ Domani “, gli dice “ Ti vengo a prendere “.
Allora il  servo corre dal re e gli chiede il cavallo più veloce, per fuggire lontano : a Samarcanda. Arriva a Samarcanda, l'indomani, e la Morte è li che lo aspetta.
“ Non  è  giusto “,  grida  il  servo. “ Non è  leale “.
“ Perché? “, risponde la morte. “ Sei fuggito  senza farmi finire il discorso. Io ero in giardino per dire : domani ti vengo a prendere a Samarcanda “.
E se la morte è un fatto ineludibile è ovvio che ci si debba rassegnare a essa al punto da volersi presentare al suo cospetto nel modo più presentabile. E’ questo il senso del discorso fatto dal protagonista di GRAZIA DELEDDA ne : L’INCENDIO NELL’ULIVETO " :
<< .. Si muore, Nina mia >>, concluse con voce meno aspra, << .. E bisogna presentarsi a  Dio con la veste pulita .. >>.
FEDERICO MOCCIA in "AMORE 14 " ne parla da un diverso punto di vista :
<< Con il nonno parlavi della morte? >>.
<< No, della vita e mi diceva che se non ci fosse la morte la vita non potrebbe andare avanti. La morte è il modo che ha la vita di difendere se stessa. Una volta mi ha letto una bellissima cosa di un poeta che si chiama Neruda >>.
E continuiamo  a camminare mentre Rusty cerca in qualche modo di ricordare, poi la sua voce diventa come più dolce.
<< Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sugli “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti .. >>.
 ANDREA G. PINKETTS  ne “ II   VIZIO DELL'AGNELLO “ dà un’altra interpretazione, quale ancella insopprimibile della vita :
<< .. Mio padre era morto quando io ancora credevo alla  storia che la morte fosse un lungo viaggio. Non è vero. Il viaggio è brevissimo. La morte è un pic nic per il quale non sei mai attrezzato. .. >>.

d ) Quando la vita conta poco la morte non fa scalpore

Eh già! Qua ce lo dice ORIANA FALLACI ne “ NIENTE E’  COSI   SIA  :
<< .. Il cibo era eccellente? nidi di usignolo, granchi appena nati, germogli di pisello. Ma il ristorante, ch'è una specie di palafitta sul fiume, oltre un bosco gonfio di vietcong, non era molto tranquillo. Gli aerei lo sorvolavano senza sosta, lasciando cadere i bengala, le pattuglie in perlustrazione sparavano senza riposo: mangia­vi aspettando che una pallottola ti cadesse sul piatto.
<< .. Dottor Khan .. >>, ha esclamato infine Moroldo. << .. Non potevamo scegliere un posto più sicuro? .. >>.  (.. )
<< .. Io ci sono abituato. Non ho visto altro dacché sono al mondo. Sono nato dalla morte. E cosa sia questa pace di cui parlate tanto, non lo so davvero .. >>. ( .. )
<< .. ( .. ).  La morte  sa,   ha un valore relativo.   Quando è poca,   conta.  Quando è molta non  conta più. Se muore un bambino  sotto un'automobile a Roma o a Parigi,   tutti piangono  sulla grande disgrazia.   Se muoiono cento bambini quaggiù,   tutti  insieme, per una bomba o una mina,   senti  solo un pò di pietà.  ( .. )  >>.
( .. ) Parlando mangiava avidamente,   scompostamente. Mangiavamo anche noi :   le fucilate non ci  turbavano più e  i bengala neanche. ( .. ).  E c'è  stato  solo un brivido,  un piccolo brivido, quando una pallottola è piombata nel fiume a pochi metri da noi. Paf! ( .. ). Sull'acqua fiorivano graziosi cerchi concentrici,  verso cui un cane abbaiava. Ma  se il  dottor Khan avesse ragione?  Disse un  condannato a morte a un altro condannato a morte,  nella guerra del  '14 :    Che piagni?  La vita  e er gior­nale costa un  sordo “ .. >>.
Riguardo l’argomento, in “ NIENTE E COSI  SIA “, ORIANA FALLACI ribadisce il ragionamento raccontando un episodio vissuto da lei nella guerra di Corea. Si ricorda qui che le guerre e le catastrofi portano a tali stragi che ci si assuefa alla morte :
<< Nella pace un morto è un morto. Alla guerra invece un morto è una cosa. E magari c’è un'altra cosa che attrae più attenzione di lui >>.
<< Per esempio? >>.
<< Un elmetto. Ti ho raccontato di quando seguivo il battaglione francese in Corea e ci fu quel combattimento che incominciò alle sei del mattino e finì alle sei del pomeriggio e cadde quel colpo in mezzo ai soldati che avevo appena intervistato : no? Fa lo stesso, te lo racconto ora. Sicché cadde quel colpo e i corpi schizzarono via, a pezzi. Una testa qua, un piede la. E mentre pensavo, senza piangere : “ ecco una testa, ecco un piede “, la mia attenzione venne catturata da un elmetto che volava più alto delle teste e dei piedi. Su, sempre più su, finché rimase quasi fermo e fece una giravolta, venne giù a spirale giù, sempre più giù, toccò terra, e suonò : bang! Capisci? Nemmeno ora la mia me­moria si ferma sui soldati morti. Si ferma sull'elmetto che sale e che scende e che fa : bang! >>.
Un'alzata di spalle, un sorriso amaro.
<< E ti ho raccontato invece del giorno in cui dovemmo raccattare i cadaveri e comporli dentro le bare? Faceva un freddo insopportabile, artico e i cadaveri erano statue di ghiaccio cristallizzate nelle posizioni più assurde: non riuscivi a stenderli e chiuderli dentro le bare. Dovevi pigiarli finché si rompevano come un bicchiere, crak! Una fatica. Il sudore ci colava giù dalle tempie, colando si solidificava in una specie di neve. Ma c'era un soldatino che non sudava perché non durava fatica. Infatti lui non tentava neppure di stendere le braccia, le gambe ci tirava una bastonata e le stendeva così. E tirando bastonate cantava: " Monna Lisa, when you smile! Monna Lisa, I love you! >>.
Sul fatto che la morte sia un fatto così comune che non ci si fa più caso a meno che non colpisca un nostro caro lo esplicita molto bene ANDREA G. PINKETTS ne " IL DENTE DEL PREGIUDIZIO " :
<< .. Due  ore di attesa prima che il Tours passasse. Tutto passa. Passerà anche il Tour. Re Cozio II era morto da meno tempo di quanto non  fosse morto suo padre Cozio I, ma nessuno vi aveva fatto  caso perché  la morte è quotidiana, il Tour de France annuale. .. >>.
CESARE PAVESE  ne " IL MESTIERE DI VIVERE " non è da meno anche se esprime un punto di vista diverso :
<< .. Perché dimentichiamo i morti? Perché non ci servono più. Un triste o un malato lo dimentichiamo - respingiamo - in ragione della sua inservibilità psichica o fisica. .. >>.
MICHAEL CONNELLY  ne " LA LISTA  " spiega, con una buona dose di ironia, che rende ancora più netto la disaffezione provata dai protagonisti verso il defunto :
<< E’ morto, Haller. Due anni fa in una cella a Corcoran. Emorragia interna. Quando l’hanno aperto gli hanno trovato un pezzo di spazzolino da denti nella cavità anale. Forse ha fatto tutto da solo, forse l’ha fatto qualcun altro : non si è mai capito. Ma è stata una bella lezione per il resto dei detenuti. Dopo l’episodio hanno anche affisso un cartello che dice : “ Vietato infilarsi oggetti appuntiti nel buco del culo “. >>.

e ) Sulla morte dei propri cari

Il presente stralcio di CARLO LEVI tratto da “ L'OROLOGIO “ introduce un aspetto più intimo causato dall’esperienza della morte dei propri cari, ovvero l’accentuazione del senso di solitudine :
<< .. E' uso parlare, forse a conforto dei superstiti, della bellezza dei morti, che acquisterebbero, nei tratti del volto, una compitezza, una pace, una perfezione  mai raggiunta in vita. Ben di rado credo, questo avviene ( .. ). Ma il viso di Luca, così pieno di comunicativa potenza in vita, era davvero bellissimo ( .. ). Rimasi a lungo a guardarlo e cercavo il mio viso nel suo viso. Pensavo alla morte di mio padre, lontano da me; al senso amaro di libertà che mi aveva colto al suo annuncio, alla libertà fatta di cose perdute, di lega­mi troncati, di solitudine;  quando non si ha più nulla dietro le spalle e nulla ci viene di fuori. .. >>.
Un po’ differente l’esperienza del protagonista di VIRGINIA WOOLF tratto da " LA CROCIERA " anche se in questo caso si tratta dell’esperienza di un bambino :
 << .. Mio padre era un proprietario terriero, e amava la caccia alla volpe. Morì quando io avevo dieci anni, nella riserva di caccia. Mi ripordo quando lo riportarono a casa morto, disteso su una persiana - o almeno così mi parve - proprio mentre stavo scen­dendo per il té; anzi, avevo notato che c'era la marmellata in tavola, e mi chiesi se mi avrebbero permesso .. >>.

f ) Sulle morti di giovani

Le seguenti parole sono di ERNEST HEMINGWAY che le scrisse ne LA CAPITALE DEL MONDO “ tratto da “  I 49 RACCONTI  e sono toccanti quanto di solito lo è la morte di un giovane :
<< .. Il ragazzo Paco non aveva mai saputo niente di tutto questo né di quel che que­sta gente avrebbe fatto il giorno dopo e il giorno dopo ancora. ( .. ). Morì, come si dice in  Spagna,  pieno di illusioni. In vita sua non aveva avuto il tem­po di perderne nessuna, nemmeno il tempo di terminare,  al momento della fine, un atto di contrizione. .. >>.

g ) Cosa prova chi ha visto e causato molte morti quando ama

Vediamo al riguardo cosa scrive ERNEST HEMINGWAY ne DI LA’ DAL FIUME E TRA GLI ALBERI :
<< .. Lo baciò lieve e con cruda disperazione e il colonnello non riuscì a pensare ai com­battimenti o ad avvenimenti pittoreschi o singolari. Pensò  soltanto a lei e a quello che lei provava e come la vita sia vicina alla morte nei momenti  d'estasi. E che cosa diavolo è l'estasi e qual è il grado  dell'estasi e il suo numero di matricola? E che effetto, questo golf nero. E chi le ha dato questa dolcezza e  questa gioia e lo strano orgoglio e  sacrificio e saggezza di un bimbo?
Si, l'estasi è quello che si avrebbe potuto avere e invece si tira in sorte l'altro fratello del sonno.
La morte è un mucchio di merda, pensò. Arriva addosso in frammenti così piccoli che quasi non si  vede in quali punti si insinua. A volte giunge atroce. Può venire dal­l'acqua non bollita; uno stivaletto antizanzara non tirato su, e può giungere col tumulto fragoroso, grande, al  calor bianco, nel quale abbiamo vissuto. Giunge nei piccoli sussurri crepitanti che precedono il rumore delle armi automatiche. Può giungere con  l'arco di fuoco della granata o con la caduta precisa crepitante del mortaio. L'ho vista arrivare sganciandosi dall'aereo e cadere con quella  strana curva. Giunge nel frastuono metallico di un veicolo sfasciato o  in una semplice mancanza di trazioni su una  strada sdrucciolevole.
A molti giunge nel letto, lo so, come il contrario dell'amore. Con lei ho vissuto  quasi tutta la vita e l'ho distribuita per professione. Ma che posso raccontare a questa ragazza, ora, in  questa fredda mattina ventosa al Gritti Palace  Hotel? .. >>.

h ) circa il mito dei bonzi che si davano fuoco perché non temevano la morte

Ce lo spiega ORIANA FALLACI in NIENTE E COSI  SIA “ :
<< Venerabile Madre, certo lei ha assistito a più di una immolazione. Che effetto suscita in lei? >>.
Sorride con grande dolcezza.
<< Oh, deve capire che le mie reazioni non sono quelle di una donna normale! Non sono più una donna, sono una bonzessa. La morte, per noi, non è una tragedia. Un corpo morto noi lo bruciamo, o lo gettiamo nella foresta alle fiere, o nel mare ai pesci. Affinché se ne nutrano. Solo quando non c'è fuoco per bruciarlo, né fiere, né pesci per mangiarlo, noi lo sotterriamo. Noi non abbiamo paura della sofferenza fisica, possiamo dominarla anche se è grande. Perché la realtà fisica non conta >>.
<< Venerabile Madre, lei crede che si soffra molto a bruciare vivi? >>.
<< Oh, si! ( .. ) >>.
<< Venerabile Madre .. >>, le  chiedo finalmente. << Lei è pronta ad immolarsi? >>.
<< Oh, si! Si, certo.  Fa parte dei miei doveri.  E poi, vede, io venero molto quel gesto : quando un fratello o una sorella si bruciano, non  provo pietà od orrore. Provo un'immensa ammirazione, un immenso rispetto e un poco d'invidia. Perché vede : morire bene è meglio che vivere male. Vivere male è il sacrificio più duro di tutti  >>.
Vorrei assistere al  rogo di un bonzo o di una bonzessa.  Deve essere assai  interessante.
7  dicembre.  Francois dice di no. Dice che fa schifo e basta. Lui ne ha visto uno, nel lu­glio del I966 e ne fu così sconvolto che cercò d'impedirlo.
<< Sto recandomi a una conferenza stampa del Venerabile Tarn  Chau >>, racconta. <<  E mi trovo in rue Con  Li quando scorgo una fiammata vicino al marciapiede. Ci risiamo, mi dico, ne brucia un altro. Scendo dall'auto e mi avvicino al  rogo.  Dentro  c'è un bonzo,  un gruppet­to di giovinastri che  si divertono, alcune donne che gemono,   qualche bonzessa.  I passanti continuano a camminare voltandosi appena o non voltandosi affatto.  Le auto e  i risciò a pedale  si limitano a scostarsi dalle fiamme : il  traffico non ne risente nemmeno,  mi  spiego?
Il bonzo ha appena  incominciato ad annerirsi, arde  soprattutto la veste che è  imbot­tita di cotone per  succhiar più benzina. Un largo pezzo di  stoffa cade per terra, mi ci precipito sopra a l'allontano coi piedi.  Il volto del bonzo assume un'espressione di  sollievo, per un attimo penso che voglia strapparsi di dosso anche  il resto. Ma una bonzessa si china sulla stoffa che brucia, la raccoglie con dita che non  sembran  scottarsi e gliela posa sopra la testa. Il bonzo ha una  smorfia. Mi ributto  su lui e gli ritolgo  il cen­cio sopra la testa : ma la bonzessa lo raccatta di nuovo  e di nuovo lo posa dov'era prima. La faccenda è di un macabro addirittura grottesco : con questo cencio che va su e giù. Il poveraccio gesticola,  è  ormai chiaro  che di morire ha ben poca voglia, forse non ne ha mai avuta : ma intorno al rogo s'è formato un cerchio di bonzi che  impediscono a me d'intervenire e a lui di scappare. Corro a un  telefono, chiamo la polizia : quando giungono le camionette, egli è ancora vivo. Morirà all'ospedale, 36 ore dopo e i medici accerteranno che era drogato >>.

i ) Una simpatica epigrafe

LUIGI BOVIO in " DON LIBERATO SI SPASSA “ scrive :
Per me, ho dettato questa epigrafe :
Qui non riposa
Libero Bovio
perché gli altri morti
la notte
litigano fra loro
e gli danno fastidio.

l ) In verità chiunque muoia tocca anche noi

Dall’epigrafe di  JOHN  DONNE (  1573-1651  ), citata da ERNEST HEMINGWAY in   PER CHI  SUONA LA CAMPANA “ .
.. Nessun uomo è un'isola, intero in sé stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della terra. Se una zolla viene portata dall'onda del Mare, l'Europa ne è diminuita, come se un Promontorio fosse stato al suo posto, o una Magione amica, o la tua stessa Casa. Ogni morte d'uomo mi diminuisce, perché  io partecipo dell'umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: Essa  suona per te.

m ) e per finire ..

Dice ED MC BAIN in " VEDOVE " :
<< .. Era Willi adesso che faceva le domande. Domande sul morto con una voce da morto. .. >>.



 

venerdì 15 marzo 2019

In attesa del prossimo inasprimento fiscale




Mi sembra interessante l’articolo d’apertura del dottor Vincenzo Summa, direttore della rivista Altroconsumo Finanza numero 1309 del 12 marzo 2019.
Nulla di particolarmente nuovo, comunque. Alcune nazioni europeee hanno una normativa fiscale più favorevole di altre e in questo modo attirano legalmente i profitti di aziende auropee. Ciò significa che, a causa dell’esportazione di capitali in paesi dove si facciano condizioni più favorevoli, gli erari di Germania, Italia e Francia hanno minori introiti. Per l’Italia si parla di 6,5 miliardi di euro e peggio va per le altre potenze sopra citate.
Le aziende sono cattivone ? No, fanno il loro mestiere che è quello di presentare ai loro azionisti i conti in regola e staccare cedole più alte pena la loro svendita e il relativo fallimento d’impresa. Si potrebbe invece ipotizzare che sarebbe conveniente armonizzare i prelievi fiscali portandoli anche in Italia a livelli simili a quelli degli stati meno esosi. A parte ciò merita comunque prendere in considerazione le conclusioni del dottor Somma.
6,5 miliardi di entrate fiscali in meno nelle casse di uno Stato come quello italiano che notoriamente non riesce a combinare alcunché se non indebitarsi ulteriormente, sommate alle minori entrate causate da una crescita economica quasi inesistente, comporterà ben presto un inasprimento fiscale e questo alla faccia delle promesse del nuovo governo di non aumentare le tasse. Del resto, se lo Stato batterà cassa, è da prevedersi che inasprirà i prelievi laddove può racimolarli in fretta e senza grande fatica, ovvero IVA, case, sigarette, conti correnti, pensioni e stipendi. Sognatevi che peschino gli evasori fiscali o chissà cosa s’inventino e scendete pure dalle nuvole se pensate di poterla scapolare votando nuovi rivoluzionari o vecchie carampane.
Ah! Prima di augurarvi buonanotte preciso che Altroconsumo Finanza non è un periodico al soldo di un qualche potentato economico che dica bugie per salvare i propri interessi e fare fesso il popolo. Altroconsumo Finanza non è altro che uno dei periodici pubblicati da Altroconsumo, storica associazione di consumatori ( non finanzieri ), che ha fatto la sua fortuna sposando le battaglie dei comuni cittadini alle prese con grandi aziende e marchi che ciurlano nel manico proprio coi consumatori finali, ovvero noi che fra i contraenti siamo la controparte povera e meno attrezzata.
Tanto per tediarvi ancora un poco: ho trovato interessante un brano inviatomi da “ Il punto 12 marzo“ de “ lavoce – info. La guerra dei dazi fra la gli USA e la Cina, che ha sicuramente contribuito a imballare l’economia mondiale nel 2018 e che probabilmente continuerà a influenzarla negativamente pure quest’anno non è assolutamente campata in aria. Il Presidente degli USA Trump alzando i dazi sulle esportazioni cinesi in America vuole mettere in difficoltà l’economia cinese e costringerla, se non vuole continuare a vedere ostacolate le proprie vendite, ad aprire il proprio mercato interno alle merci statunitensi. Come a dire : “ Nini, se tu vuoi che io compri le tue carabattole devi lasciarmi entrare a casa tua a venderti un poco di roba mia “. 

domenica 10 marzo 2019

Un po’ di fisiologia del capello

Charlie lo guardava con gli occhi socchiusi, come sulla spiaggia. La linea della sua schiena ferita. La prima lieve brina dell'età sui lati della nera chioma.

Da : " LA TAMBURINA " di JOHN LE CARRE’
… …
a ) Vita, morte e miracoli del capello

Dice il Morris[1] : << .. Ciascun capello cresce da una piccola sacca cutanea detta follicolo che ha alla sua base una papilla. Ricca di vasi sanguigni, essa fornisce le materie prime che vengono convertite nelle cellule del pelo. Queste si formano di continuo sulla superficie della papilla, le nuove spingendo verso l’alto le vecchie e facendo cosi crescere il capello in lunghezza. Infine la radice del pelo ( la parte sotto la superficie della pelle ) diventa cosi lunga che dal follicolo comincia a emergere la punta del pelo. Man mano che cresce, il pelo si indurisce. La sua sezione visibile, lo stelo, aumenta in lunghezza di circa un terzo di millimetro al giorno. .. >>.
La crescita media annua dei capelli è di circa 13 centimetri ma ciò non vuol dire ch’essa non conosca accelerazioni o rallentamenti. Si allungano infatti più lentamente da vecchi, durante le malattie, in gravidanza e nella stagione fredda. E’ invece più rapida nella convalescenza, forse per compensare il periodo di rallentamento causato dal malanno, in giovane età e con il caldo.
Quando un capello cade la papilla alla base del follicolo comincia a produrne uno nuovo. Dopo circa 6 anni essa smette l’attività e per circa 3 mesi diventa dormiente. In questo lasso di tempo il capello da essa formato cade e allo scadere del trimestre, giorno più giorno meno, il processo ricomincia daccapo. Ciò significa che normalmente il 90% dei capelli cresce mentre il restante 10%, disseminato in mezzo agli altri, rimane inattivo per 3 mesi prima di cadere.
Ne consegue che in testa mediamente, abbiamo 100.000 capelli e ne perdiamo circa 100 al giorno. Data la nostra attuale  longevità poi, si ipotizza che ogni papilla dia vita a 12 capelli. Se non li tagliassimo mai raggiungerebbero i 110 centimetri di lunghezza e, a differenza degli altri mammiferi, non siamo interessati da alcuna muta.
In alcuni casi, molto rari per altro, i capelli femminili continuano a crescere invece di cadere al sesto anno. Lo testimonierebbero signore aventi una capigliatura talmente lunga da calpestarla e situazioni eccezionali di donne aventi chiome lunghe dai 4 ai 5 metri : un vero delirio.
Accanto alla radice del pelo, all’interno del follicolo, vi sono le ghiandole sebacee che secernono il sebo. Questa è una secrezione oleosa che lubrifica i capelli e li mantiene in salute. Se iperattive le ghiandole producono troppo sebo, cosa che rende i capelli unti. Se ipoattive diventano secchi. Lavarli frequentemente comporta l’eliminazione di questo prodotto e la relativa perdita della sua protezione. Non che, comunque, ci si guadagni molto a non tenerli puliti.
Raro, anche se la cosa non è priva di conseguenze negative per chi la vive, è l’ipertricotiscmo, ovvero l’aver la faccia completamente ricoperta di capelli. E’ ovvio che la vita sociale  nonché l’autostima di chi ne è affetto diventi alquanto negativa ma, mentre in passato a costoro non restava che mostrarsi al pubblico per soldi ai circhi  o alle fiere, oggi possono cercare di apparire un po’ più normali e quindi accettabili dalla comunità seguendo programmi depilatori molto severi e continui.
Si ritiene che ciascun capello abbia una resistenza alla trazione di 160 grammi e possa allungarsi del 20 – 30% prima di strapparsi. Non è un caso che vi siano stati acrobati che eseguissero esercizi stando appesi per quelli.
Una persona bionda ha, in media, 140.000 capelli perché più fini; una castana 108.000; una rossa 90.000. Le donne bionde, che tra l’altro hanno i peli pubici egualmente chiari, hanno maggiori livelli di estrogeni, sono considerate più fertili e danno la sensazione di un maggior senso di giovinezza visto che i peli dei piccoli tendono a scurirsi dopo la nascita.

b ) Capelli e razze umane

E’ probabile che man mano che l’Homo Sapiens migrò in nuove parti del mondo e quindi era costretto ad adattarsi ai diversi climi, acquisì particolari peculiarità fisiche, tra le quali uno specifico colore dei capelli e della pelle ( visto che entrambi hanno lo stesso sistema di pigmentazione ). La cosa del resto, data la successiva tendenza a stanziarsi e ad accoppiarsi fra membri dello stesso gruppo, diede vita alle razze umane, ovvero ceppi più o meno estesi d’individui con fattezze e caratteristiche differenti gli uni dagli altri. Desmond Morris[2], che parte dal presupposto che l’origine delle diverse etnie sia dovuta alle evidenti modificazioni subite dal corpo per adattarsi ai nuovi e a volte estremi ambienti che via via gl’individui andavano colonizzando, ritiene falsa l’opinione che ve ne siano di superiori e inferiori. 
Che simili pregiudizi del resto siano strampalati lo dimostra il fatto che i paesi del terzo e quarto mondo, allorquando intoppino in condizioni favorevoli, riescono a ottenere risultati socio economici brillanti.
L’opinione avversa deriva dal fatto che gli europoidi raggiunsero per primi, grazie alla concomitanza di fattori favorevolissimi, livelli demografici, produttivi e bellici di prim’ordine, tanto che finirono per assoggettare gran parte delle altre popolazioni. Da ciò ne derivò l’acquisizione di un senso di supremazia razziale che ancora oggi, nonostante il decadimento dell’Occidente, fa fatica a venire spento.
Il fatto è che, nonostante la scienza non abbia più dubbi sul livello d’intelligenza degli altri gruppi umani, le differenze a volte estreme di costumi, tradizioni e credenze e questo nonostante che le migrazioni spingano alla loro amalgamazione, non favoriscono, nè una pacifica convivenza, né un giudizio positivo su chi sia “ diverso da noi “.
Per fortuna tuttavia non sono le differenze dei capelli a incidere sulla consistenza dell’antipatia per gli stranieri, tanto più poi che la moda abbisogna di esempi sempre nuovi di tagli di abiti, accessori e acconciature e quindi spesso propone e pubblicizza stili che attingono a piene mani dai contenuti etnici. Si tratta di un’operazione di marketing estremamente efficace : basta associare agli appartenenti di comunità lontane uno spirito che possa risultare in un certo qual modo romantico e in questo modo le loro caratteristiche fisiche e abitudinarie acquisiranno una valenza estetica gradevole per un certo tipo di pubblico. E questo indipendentemente dal fatto che in realtà quelle costumanze siano parte integrante di gruppi sociali brutali o comunque con connotati negativi. 

c ) Capelli, clima e loro colore

Tornando a temi più classici le cellule dei popoli abitanti in paesi tropicali hanno molti granuli di melanina allungati e ciò li fa apparire neri. Nei climi temperati, dove l’irraggiamento solare è più limitato e la melanina è meno necessaria, le capigliature tendono al castano mentre nei climi freddi dove il sole si vede poco e quindi v’è ancor meno bisogno di melanina, il colore dei capelli che va per la maggiore è il biondo. Gli albini, tanto per non farci mancare niente, non hanno melanina e quindi i peli del loro cuoio capelluto sono addirittura bianchi.
Molte persone hanno i granuli di melanina di forma sferica invece che allungata e ciò dà ai loro capelli un colore rosso. Questo capello ha la massima diffusione nella Scozia meridionale senza che però i loro proprietari ne traggano grandi benefici.
Chi manca completamente dei granuli di melanina allungati e li ha solo sferici avrà capelli biondo dorati. Se quelli saranno modesti rispetto agli sferici avranno un colore bruno rossastro, se in numero notevole rispetto agli sferici appariranno neri ma con sfumature rossastre.
I capelli grigi in sé non significano nulla non essendo altro che un misto di capelli vecchi, che mantengono il loro colore e quelli nuovi, bianchi, che sono disseminati con gli altri. Allorché la quantità di questi ultimi aumenti, segno che i vecchi cadono più rapidamente, il nostro capo sembra tingersi di grigio.  Quando poi la sproporzione è tale da lasciar predominare solo i nuovi la nostra capigliatura diviene sempre più bianca e segnala che siamo vecchi.

d) Capelli, clima e loro forma

Che la quantità di melanina dei capelli così come quella della pelle incidano sulla nostra capacità di adattarsi al calore, cosa che come si è visto non parrebbe convalidata dai possessori delle chiome rosse, è ancor più messa in discussione dalle forme dei capelli.
Se è vero infatti che i capelli a spirale, ovvero quelli crespi ( eliotrici ), dei negroidi intrappolano nel loro interno dell’aria che funziona da isolante nei confronti del diretto irraggiamento solare, è altrettanto vero che i capelli ondulati ( cimotrici ) degli europoidi e quelli lisci ( lissotrici ) della razza mongoloide potrebbero fare altrettanto nei confronti del freddo se fossero crespi come quelli dei negroidi, cosa che purtroppo non avviene.
Secondo Desmond Morris[3] l’ipotesi più probabile che da ciò può trarsi è che i capelli lisci e lunghi delle popolazioni mongoliche, potendo scaldare il collo e le spalle di una persona, siano tipici delle zone fredde mentre i capelli ondulati o ricci degli europei, più adatti a climi miti, erano un compromesso fra questi e quelli crespi dei negroidi, che per altro, non pendendo sul collo e le spalle, evitavano che queste parti del corpo sudassero.
La differenza però le fecero le grandi migrazioni degli europei e dei popoli mongolici che li spinsero ad adattarsi discretamente bene in habitat del tutto diversi da quello loro originario e in tempi così brevi ( alcuni secoli ), da non consentire mutamenti genetici ( questi infatti abbisognano di tempi lunghissimi prima di potersi ingenerare ). Da ciò ne conseguirebbe che le varie forme di capelli costituirebbero, assieme agli altri tratti caratteristici quali la densità delle ghiandole sudoripare, la maggior presenza di grasso nelle popolazioni mongoliche tipiche dei climi freddi, ecc., evidenti indicatori dell’etnia di appartenenza. Segnali invitanti evidentemente, i membri che li riconoscono come comuni a sentirsi più facilmente parte di un certo gruppo e d’altro canto a essere accettati da questo, pur essendone estranei. 

e ) Riferimenti bibliografici
Tonino Lasconi, Il misterioso linguaggio del corpo, Leumann ( Torino ) terza ristampa 1994, Editrice ELLEDICI
Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1° edizione 1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Desmond Morris, L’animale donna,  Milano 1°  Edizione Oscar Saggi 2005, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Allan & Barbara Pease, Perché gli uomini lasciano sempre alzata l’asse del water e le donne occupano il bagno per ore?, Milano 3° edizione BUR 2010,





[1] Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1° edizione 1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
[2] Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1° edizione 1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
 [3] Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1° edizione 1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A