Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

martedì 19 marzo 2019

Sulla morte




a ) In verità si preferisce campare

Andreotti, è scritto in “ ALTROCONSUMO FINANZA  numero 1302 del 22 gennaio 2019, sosteneva che era : << .. Meglio tirare a campare che tirare le cuoia “  .. >>
ED MC BAIN in " PIETÀ “ PER CHI CREDE “ ribadisce sostanzialmente quanto sopra ovvero che coloro che cercano la pace in cielo o tra le braccia di Belzebù sono pochi rispetto a chi preferisca campare. Non a caso cita un proverbio arabo il quale recita : " Mostra a qualcuno la morte e sceglierà la malattia ".
In generale comunque e questo concetto lo rilevo da la : “ BREVE LA VITA FELICE DI FRANCIS MACOMBER “ tratto da “  I 49 RACCONTI  “ di ERNEST HEMINGWAY; chi è stato oggetto di : << .. Un'improvvisa precipitazione nell'azione senz'avere il tempo d'impressionarsi .. >>, ovvero ha vissuto un evento di tale portata e velocità da non aver dato al soggetto il tempo di spaventarsi, è più facile che  sul momento pensi : << .. Vada come vuole, chi muore oggi è franco per il  seguito .. >>.
 Diverso e più letterario il punto di vista di ALDO BUSI in SODOMIE IN  CORPO 11 “, che è certamente più ironico e mordente ma che probabilmente è frutto di un’anima  sofferente al punto da considerare la morte una specie di liberazione : << .. Perché non  si deve avere la possibilità di morire a 37 anni di morte naturale? La morte che arriva facendo ondeggiare la sua falce e tu che le presenti il culo perché ti mieta da lì. Gliela pietrapomicerei. .. >>.
Può comunque capitare poi che la vita sia stata veramente avara di  doni ma qualcuno per cui poi costui  si senta veramente distrutto. Lo descrive Da : di JOHN LE CARRE’ ne “ LA SPIA CHE VENNE DAL FREDDO “ :
<< .. Dicono che un cane vive quanto i suoi denti; metaforicamente, a lui glieli avevano strappati tutti. .. >>.


b ) Cè chi dice di non averne paura

Al riguardo è molto interessante il dialogo dei due protagonisti de“ IL PRIMO CERCHIO “ di  ALEKSANDR  SOLŽENICYN :
<< .. Lanskij, che ormai era scatenato, s'affrettò a dire che in quei momenti disperati la morte non fa paura, la si dimentica. Ščagov sollevò un  sopracciglio  e lo corresse :
<< La morte non fa paura finché non  ti dà uno scossone. Prima non  si ha paura di niente; appena si prova, si ha paura di tutto. Ma è una consolazione  il fatto che la morte sembra che non ti tocchi : ci sei tu,  non c'è lei : se arriva lei,  non ci sei più tu >>.
GRAZIA DELEDDA in " COLOMBI E SPARVIERI " centra il nocciolo della questione affermando : << .. E che cos'è la paura della morte, nell'uomo? E' la certezza di morire prima del tempo, per malattia, dopo lunghe crisi di dolore. Se l'uomo morisse di morte naturale, cioè senza dolore, d'una morte che è dolce come il sonno in un essere sano, cosa che non può avvenire perché il nostro organismo è imperfetto, la paura della morte sparirebbe .. >>.
Il personaggio di JOHN STEINBECK invece, ne " LA SANTA ROSSA " dopo una rapida dissertazione sulla differenza tra la morte e il morire conclude di non temerla visto che sin li non gli ha dato dolore ( beato lui ) :
<< .. Non ho paura della morte. Ho visto molta violenza e nessun uomo ch'io ammirassi aveva paura della morte, ma solo del morire. Vedete, signore, la morte é un argomento intellettuale, ma il morire é puro dolore. E questa mia morte fino a questo momento é molto piacevole. No, signore; non ho paura nemmeno del morire. .. >>.

c ) Purtroppo è ineluttabile

E’ il caso di uno dei protagonisti di" CENERE " di GRAZIA DELEDDA :
<< .. Giacché si deve morire è meglio morir presto .. >>.
Zia Tatiana lo guardò; fece un segno di croce per aria, e disse :
<<  .. Tu hai fatto cattivi sogni, stanotte? Perché parli così, agnellino senza lana? Ti fa male il capo? .. >>.
Esplicativo del significato del paragrafo e simpatico di per sé è il racconto persiano intitolato  "  Appuntamento a  Samarcanda “ riportato da ORIANA FALLACI ne " SE IL SOLE MUORE " :
<< .. Nel giardino del re, la Morte appare a un  servo.  “ Domani “, gli dice “ Ti vengo a prendere “.
Allora il  servo corre dal re e gli chiede il cavallo più veloce, per fuggire lontano : a Samarcanda. Arriva a Samarcanda, l'indomani, e la Morte è li che lo aspetta.
“ Non  è  giusto “,  grida  il  servo. “ Non è  leale “.
“ Perché? “, risponde la morte. “ Sei fuggito  senza farmi finire il discorso. Io ero in giardino per dire : domani ti vengo a prendere a Samarcanda “.
E se la morte è un fatto ineludibile è ovvio che ci si debba rassegnare a essa al punto da volersi presentare al suo cospetto nel modo più presentabile. E’ questo il senso del discorso fatto dal protagonista di GRAZIA DELEDDA ne : L’INCENDIO NELL’ULIVETO " :
<< .. Si muore, Nina mia >>, concluse con voce meno aspra, << .. E bisogna presentarsi a  Dio con la veste pulita .. >>.
FEDERICO MOCCIA in "AMORE 14 " ne parla da un diverso punto di vista :
<< Con il nonno parlavi della morte? >>.
<< No, della vita e mi diceva che se non ci fosse la morte la vita non potrebbe andare avanti. La morte è il modo che ha la vita di difendere se stessa. Una volta mi ha letto una bellissima cosa di un poeta che si chiama Neruda >>.
E continuiamo  a camminare mentre Rusty cerca in qualche modo di ricordare, poi la sua voce diventa come più dolce.
<< Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sugli “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti .. >>.
 ANDREA G. PINKETTS  ne “ II   VIZIO DELL'AGNELLO “ dà un’altra interpretazione, quale ancella insopprimibile della vita :
<< .. Mio padre era morto quando io ancora credevo alla  storia che la morte fosse un lungo viaggio. Non è vero. Il viaggio è brevissimo. La morte è un pic nic per il quale non sei mai attrezzato. .. >>.

d ) Quando la vita conta poco la morte non fa scalpore

Eh già! Qua ce lo dice ORIANA FALLACI ne “ NIENTE E’  COSI   SIA  :
<< .. Il cibo era eccellente? nidi di usignolo, granchi appena nati, germogli di pisello. Ma il ristorante, ch'è una specie di palafitta sul fiume, oltre un bosco gonfio di vietcong, non era molto tranquillo. Gli aerei lo sorvolavano senza sosta, lasciando cadere i bengala, le pattuglie in perlustrazione sparavano senza riposo: mangia­vi aspettando che una pallottola ti cadesse sul piatto.
<< .. Dottor Khan .. >>, ha esclamato infine Moroldo. << .. Non potevamo scegliere un posto più sicuro? .. >>.  (.. )
<< .. Io ci sono abituato. Non ho visto altro dacché sono al mondo. Sono nato dalla morte. E cosa sia questa pace di cui parlate tanto, non lo so davvero .. >>. ( .. )
<< .. ( .. ).  La morte  sa,   ha un valore relativo.   Quando è poca,   conta.  Quando è molta non  conta più. Se muore un bambino  sotto un'automobile a Roma o a Parigi,   tutti piangono  sulla grande disgrazia.   Se muoiono cento bambini quaggiù,   tutti  insieme, per una bomba o una mina,   senti  solo un pò di pietà.  ( .. )  >>.
( .. ) Parlando mangiava avidamente,   scompostamente. Mangiavamo anche noi :   le fucilate non ci  turbavano più e  i bengala neanche. ( .. ).  E c'è  stato  solo un brivido,  un piccolo brivido, quando una pallottola è piombata nel fiume a pochi metri da noi. Paf! ( .. ). Sull'acqua fiorivano graziosi cerchi concentrici,  verso cui un cane abbaiava. Ma  se il  dottor Khan avesse ragione?  Disse un  condannato a morte a un altro condannato a morte,  nella guerra del  '14 :    Che piagni?  La vita  e er gior­nale costa un  sordo “ .. >>.
Riguardo l’argomento, in “ NIENTE E COSI  SIA “, ORIANA FALLACI ribadisce il ragionamento raccontando un episodio vissuto da lei nella guerra di Corea. Si ricorda qui che le guerre e le catastrofi portano a tali stragi che ci si assuefa alla morte :
<< Nella pace un morto è un morto. Alla guerra invece un morto è una cosa. E magari c’è un'altra cosa che attrae più attenzione di lui >>.
<< Per esempio? >>.
<< Un elmetto. Ti ho raccontato di quando seguivo il battaglione francese in Corea e ci fu quel combattimento che incominciò alle sei del mattino e finì alle sei del pomeriggio e cadde quel colpo in mezzo ai soldati che avevo appena intervistato : no? Fa lo stesso, te lo racconto ora. Sicché cadde quel colpo e i corpi schizzarono via, a pezzi. Una testa qua, un piede la. E mentre pensavo, senza piangere : “ ecco una testa, ecco un piede “, la mia attenzione venne catturata da un elmetto che volava più alto delle teste e dei piedi. Su, sempre più su, finché rimase quasi fermo e fece una giravolta, venne giù a spirale giù, sempre più giù, toccò terra, e suonò : bang! Capisci? Nemmeno ora la mia me­moria si ferma sui soldati morti. Si ferma sull'elmetto che sale e che scende e che fa : bang! >>.
Un'alzata di spalle, un sorriso amaro.
<< E ti ho raccontato invece del giorno in cui dovemmo raccattare i cadaveri e comporli dentro le bare? Faceva un freddo insopportabile, artico e i cadaveri erano statue di ghiaccio cristallizzate nelle posizioni più assurde: non riuscivi a stenderli e chiuderli dentro le bare. Dovevi pigiarli finché si rompevano come un bicchiere, crak! Una fatica. Il sudore ci colava giù dalle tempie, colando si solidificava in una specie di neve. Ma c'era un soldatino che non sudava perché non durava fatica. Infatti lui non tentava neppure di stendere le braccia, le gambe ci tirava una bastonata e le stendeva così. E tirando bastonate cantava: " Monna Lisa, when you smile! Monna Lisa, I love you! >>.
Sul fatto che la morte sia un fatto così comune che non ci si fa più caso a meno che non colpisca un nostro caro lo esplicita molto bene ANDREA G. PINKETTS ne " IL DENTE DEL PREGIUDIZIO " :
<< .. Due  ore di attesa prima che il Tours passasse. Tutto passa. Passerà anche il Tour. Re Cozio II era morto da meno tempo di quanto non  fosse morto suo padre Cozio I, ma nessuno vi aveva fatto  caso perché  la morte è quotidiana, il Tour de France annuale. .. >>.
CESARE PAVESE  ne " IL MESTIERE DI VIVERE " non è da meno anche se esprime un punto di vista diverso :
<< .. Perché dimentichiamo i morti? Perché non ci servono più. Un triste o un malato lo dimentichiamo - respingiamo - in ragione della sua inservibilità psichica o fisica. .. >>.
MICHAEL CONNELLY  ne " LA LISTA  " spiega, con una buona dose di ironia, che rende ancora più netto la disaffezione provata dai protagonisti verso il defunto :
<< E’ morto, Haller. Due anni fa in una cella a Corcoran. Emorragia interna. Quando l’hanno aperto gli hanno trovato un pezzo di spazzolino da denti nella cavità anale. Forse ha fatto tutto da solo, forse l’ha fatto qualcun altro : non si è mai capito. Ma è stata una bella lezione per il resto dei detenuti. Dopo l’episodio hanno anche affisso un cartello che dice : “ Vietato infilarsi oggetti appuntiti nel buco del culo “. >>.

e ) Sulla morte dei propri cari

Il presente stralcio di CARLO LEVI tratto da “ L'OROLOGIO “ introduce un aspetto più intimo causato dall’esperienza della morte dei propri cari, ovvero l’accentuazione del senso di solitudine :
<< .. E' uso parlare, forse a conforto dei superstiti, della bellezza dei morti, che acquisterebbero, nei tratti del volto, una compitezza, una pace, una perfezione  mai raggiunta in vita. Ben di rado credo, questo avviene ( .. ). Ma il viso di Luca, così pieno di comunicativa potenza in vita, era davvero bellissimo ( .. ). Rimasi a lungo a guardarlo e cercavo il mio viso nel suo viso. Pensavo alla morte di mio padre, lontano da me; al senso amaro di libertà che mi aveva colto al suo annuncio, alla libertà fatta di cose perdute, di lega­mi troncati, di solitudine;  quando non si ha più nulla dietro le spalle e nulla ci viene di fuori. .. >>.
Un po’ differente l’esperienza del protagonista di VIRGINIA WOOLF tratto da " LA CROCIERA " anche se in questo caso si tratta dell’esperienza di un bambino :
 << .. Mio padre era un proprietario terriero, e amava la caccia alla volpe. Morì quando io avevo dieci anni, nella riserva di caccia. Mi ripordo quando lo riportarono a casa morto, disteso su una persiana - o almeno così mi parve - proprio mentre stavo scen­dendo per il té; anzi, avevo notato che c'era la marmellata in tavola, e mi chiesi se mi avrebbero permesso .. >>.

f ) Sulle morti di giovani

Le seguenti parole sono di ERNEST HEMINGWAY che le scrisse ne LA CAPITALE DEL MONDO “ tratto da “  I 49 RACCONTI  e sono toccanti quanto di solito lo è la morte di un giovane :
<< .. Il ragazzo Paco non aveva mai saputo niente di tutto questo né di quel che que­sta gente avrebbe fatto il giorno dopo e il giorno dopo ancora. ( .. ). Morì, come si dice in  Spagna,  pieno di illusioni. In vita sua non aveva avuto il tem­po di perderne nessuna, nemmeno il tempo di terminare,  al momento della fine, un atto di contrizione. .. >>.

g ) Cosa prova chi ha visto e causato molte morti quando ama

Vediamo al riguardo cosa scrive ERNEST HEMINGWAY ne DI LA’ DAL FIUME E TRA GLI ALBERI :
<< .. Lo baciò lieve e con cruda disperazione e il colonnello non riuscì a pensare ai com­battimenti o ad avvenimenti pittoreschi o singolari. Pensò  soltanto a lei e a quello che lei provava e come la vita sia vicina alla morte nei momenti  d'estasi. E che cosa diavolo è l'estasi e qual è il grado  dell'estasi e il suo numero di matricola? E che effetto, questo golf nero. E chi le ha dato questa dolcezza e  questa gioia e lo strano orgoglio e  sacrificio e saggezza di un bimbo?
Si, l'estasi è quello che si avrebbe potuto avere e invece si tira in sorte l'altro fratello del sonno.
La morte è un mucchio di merda, pensò. Arriva addosso in frammenti così piccoli che quasi non si  vede in quali punti si insinua. A volte giunge atroce. Può venire dal­l'acqua non bollita; uno stivaletto antizanzara non tirato su, e può giungere col tumulto fragoroso, grande, al  calor bianco, nel quale abbiamo vissuto. Giunge nei piccoli sussurri crepitanti che precedono il rumore delle armi automatiche. Può giungere con  l'arco di fuoco della granata o con la caduta precisa crepitante del mortaio. L'ho vista arrivare sganciandosi dall'aereo e cadere con quella  strana curva. Giunge nel frastuono metallico di un veicolo sfasciato o  in una semplice mancanza di trazioni su una  strada sdrucciolevole.
A molti giunge nel letto, lo so, come il contrario dell'amore. Con lei ho vissuto  quasi tutta la vita e l'ho distribuita per professione. Ma che posso raccontare a questa ragazza, ora, in  questa fredda mattina ventosa al Gritti Palace  Hotel? .. >>.

h ) circa il mito dei bonzi che si davano fuoco perché non temevano la morte

Ce lo spiega ORIANA FALLACI in NIENTE E COSI  SIA “ :
<< Venerabile Madre, certo lei ha assistito a più di una immolazione. Che effetto suscita in lei? >>.
Sorride con grande dolcezza.
<< Oh, deve capire che le mie reazioni non sono quelle di una donna normale! Non sono più una donna, sono una bonzessa. La morte, per noi, non è una tragedia. Un corpo morto noi lo bruciamo, o lo gettiamo nella foresta alle fiere, o nel mare ai pesci. Affinché se ne nutrano. Solo quando non c'è fuoco per bruciarlo, né fiere, né pesci per mangiarlo, noi lo sotterriamo. Noi non abbiamo paura della sofferenza fisica, possiamo dominarla anche se è grande. Perché la realtà fisica non conta >>.
<< Venerabile Madre, lei crede che si soffra molto a bruciare vivi? >>.
<< Oh, si! ( .. ) >>.
<< Venerabile Madre .. >>, le  chiedo finalmente. << Lei è pronta ad immolarsi? >>.
<< Oh, si! Si, certo.  Fa parte dei miei doveri.  E poi, vede, io venero molto quel gesto : quando un fratello o una sorella si bruciano, non  provo pietà od orrore. Provo un'immensa ammirazione, un immenso rispetto e un poco d'invidia. Perché vede : morire bene è meglio che vivere male. Vivere male è il sacrificio più duro di tutti  >>.
Vorrei assistere al  rogo di un bonzo o di una bonzessa.  Deve essere assai  interessante.
7  dicembre.  Francois dice di no. Dice che fa schifo e basta. Lui ne ha visto uno, nel lu­glio del I966 e ne fu così sconvolto che cercò d'impedirlo.
<< Sto recandomi a una conferenza stampa del Venerabile Tarn  Chau >>, racconta. <<  E mi trovo in rue Con  Li quando scorgo una fiammata vicino al marciapiede. Ci risiamo, mi dico, ne brucia un altro. Scendo dall'auto e mi avvicino al  rogo.  Dentro  c'è un bonzo,  un gruppet­to di giovinastri che  si divertono, alcune donne che gemono,   qualche bonzessa.  I passanti continuano a camminare voltandosi appena o non voltandosi affatto.  Le auto e  i risciò a pedale  si limitano a scostarsi dalle fiamme : il  traffico non ne risente nemmeno,  mi  spiego?
Il bonzo ha appena  incominciato ad annerirsi, arde  soprattutto la veste che è  imbot­tita di cotone per  succhiar più benzina. Un largo pezzo di  stoffa cade per terra, mi ci precipito sopra a l'allontano coi piedi.  Il volto del bonzo assume un'espressione di  sollievo, per un attimo penso che voglia strapparsi di dosso anche  il resto. Ma una bonzessa si china sulla stoffa che brucia, la raccoglie con dita che non  sembran  scottarsi e gliela posa sopra la testa. Il bonzo ha una  smorfia. Mi ributto  su lui e gli ritolgo  il cen­cio sopra la testa : ma la bonzessa lo raccatta di nuovo  e di nuovo lo posa dov'era prima. La faccenda è di un macabro addirittura grottesco : con questo cencio che va su e giù. Il poveraccio gesticola,  è  ormai chiaro  che di morire ha ben poca voglia, forse non ne ha mai avuta : ma intorno al rogo s'è formato un cerchio di bonzi che  impediscono a me d'intervenire e a lui di scappare. Corro a un  telefono, chiamo la polizia : quando giungono le camionette, egli è ancora vivo. Morirà all'ospedale, 36 ore dopo e i medici accerteranno che era drogato >>.

i ) Una simpatica epigrafe

LUIGI BOVIO in " DON LIBERATO SI SPASSA “ scrive :
Per me, ho dettato questa epigrafe :
Qui non riposa
Libero Bovio
perché gli altri morti
la notte
litigano fra loro
e gli danno fastidio.

l ) In verità chiunque muoia tocca anche noi

Dall’epigrafe di  JOHN  DONNE (  1573-1651  ), citata da ERNEST HEMINGWAY in   PER CHI  SUONA LA CAMPANA “ .
.. Nessun uomo è un'isola, intero in sé stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della terra. Se una zolla viene portata dall'onda del Mare, l'Europa ne è diminuita, come se un Promontorio fosse stato al suo posto, o una Magione amica, o la tua stessa Casa. Ogni morte d'uomo mi diminuisce, perché  io partecipo dell'umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: Essa  suona per te.

m ) e per finire ..

Dice ED MC BAIN in " VEDOVE " :
<< .. Era Willi adesso che faceva le domande. Domande sul morto con una voce da morto. .. >>.



 

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