La
Repubblica Italiana nacque, sia dal disastro sociale e umano causato dalla
Guerra voluta dal Partito Fascista e avallata dalla Monarchia, sia dal suo
ricadere nella sfera d’influenza degli Alleati. Mi spiego meglio. La sconfitta
militare inflitta dagli alleati, la fuga all’estero dei regnanti nonché
l’occupazione nazista dell’Italia e l’insipienza del governo della Repubblica
Sociale di Salò fecero ovviamente identificare, agli occhi della popolazione
italiana, questi tre soggetti come i responsabili della tragedia cui era
toccata loro e quindi indirizzarli verso formazioni politiche alternative. Le
tensioni internazionali tra Est e Ovest poi, che negli anni ’50 del secolo
scorso portarono alla “ Guerra Fredda “, influenzarono pesantemente l’andamento
della politica nazionale. Si rifletterono infatti in un forte contrasto tra i
partiti della sinistra nettamente filo URSS e le formazioni più moderate che,
favorevoli all’Occidente, cercavano di assecondarne le direttive.
Ne
seguì una sorta di lotta “ all’ultima sangue “ che coinvolse tutto il
territorio nazionale e che contemporaneamente si rifletté, dapprima, in quella
formidabile arena che fu la “ Costituente “ e poi nella logica Governo –
Parlamento che ne seguì.
La
Costituzione Italiana infatti, che nei fondamenti rispetta i dettami di quelle
delle nazioni occidentali, tolse smalto al Potere Esecutivo a fronte dei due
rami del Parlamento e la cosa, al di là della decantata vittoria della
democrazia, rifletté in realtà il compromesso che raggiunsero i gruppi politici
dell’epoca.
La
cosa non è poi così difficile da capire come sembra. L’Italia vantava in
effetti la più forte coalizione di sinistra delle nazioni occidentali; la cui
punta di diamante era costituita dal PCI che, legato com’era a filo doppio con
l’URSS, non poteva che ambire a disarticolare l’esecutivo a vantaggio di un
potere legislativo su cui poteva avere un’influenza ben maggiore. La DC e le
altre organizzazioni, se vollero concludere la partita e dare una Costituzione
al paese, dovettero cedere su questo terreno sperando di riuscire comunque a
controllare la situazione ( si pensi al grandissimo bacino elettorale su cui
poteva contare la DC nella cattolicissima Italia ). Solo che i decenni
successivi si rivelarono meno favorevoli a loro di quanto sperassero.
Ne
fu grandemente responsabile “ La Ricostruzione “ e poi “ il miracolo economico
“ in quanto una platea sempre maggiore di famiglie conobbero un miglioramento
economico che permise ai figli, sia un’aumentata
scolarizzazione, sia il sostegno degli avi affinché potessero avere un destino
migliore.
Le
nuove leve d’altro canto, partendo già così favorite ci misero poco a decidere
che non volevano una vita sacrificata come quella dei propri genitori e cominciarono
quindi a caldeggiare miglioramenti salariali, diritti civili, riforme politiche e sociali. Avendo dunque una
forte componente antisistema premiarono i gruppi politici sinistresi,
extraparlamentari e non e seppur non tutti i giovani fossero così radicali, anche
i più moderati contribuirono non poco a innovare i partiti tradizionalisti. La
lotta politica a un certo punto, si fece addirittura incandescente ma entrambe
le parti alla fine degli anni 70 persero lo slancio.
Il
“ miracolo economico “ infatti era alla fine : le lotte sindacali avevano
portato ad avvicinare i salari italiani a quelli occidentali rendendo quindi i
prodotti dell’industria a bassa tecnologia più costosi e quindi meno
interessanti per i clienti. Il conseguente rallentamento produttivo e la
recrudescenza della concorrenza internazionale determinarono la chiusura di stabilimenti e l’incremento della
disoccupazione e la cosa portò a intensificare
l’intervento statale, sia come investimenti pubblici che in spese correnti.
La
politica dunque dovette adeguarsi alla nuova situazione e alla lunga vennero premiati
elettoralmente i partiti che seppero spendere meglio i soldi pubblici
massimizzandone il ritorno in finanziamenti e consenso elettorale. Fu il
periodo che portò all’inchiesta “ Mani Pulite “, contraddistinto dall’utilizzo
a tutto spiano delle “ mazzette “, delle assunzioni e degl’investimenti
pilotati. Fu il PSI di Craxi che in questo gioco fece la parte del leone ma
così come la DC e il PCI non resse ai successivi scossoni internazionali. Anche
perché i Paesi dell’Est cedettero la spugna.
A
onta di tutti i piani quinquennali e di tutti i successi nazionali sbandierati
infatti, l’economia statale dell’URSS e degli stati satelliti non fu in grado
di reggere i livelli occidentali e quindi ad aumentare proporzionalmente il
benessere della popolazione. Il sistema quindi crollò accettando la logica del
profitto e ciò portò alla fine della “ Guerra fredda “. Il fatto che la Russia
non costituisse più il nemico numero uno e non avesse più bisogno di partiti
comunisti nazionali che sostenessero la sua politica internazionale lasciò
orfano il PCI che vide così venir meno la sua stessa ragione d’essere, ovvero
dare ai lavoratori la speranza di un futuro migliore sotto l’egida della falce
e martello sovietica. Della cosa tuttavia non poterono giovarsene neppure la DC e il PSI, squassati come furono dagli
scandali emersi con l’inchiesta “ mani pulite “.
Del
resto, dato che l’ex blocco sovietico non costituiva più un grosso problema
internazionale, ai paesi della NATO non serviva più appoggiare politicamente ed
economicamente i partiti filo occidentali italiani così come era accaduto in
passato e questi, lasciati al loro destino e alle note vicende giudiziarie, si
sfasciarono.
Nacquero
nuove formazioni, i dirigenti più compromessi delle prime furono estromessi e
cominciarono a tenere banco persone che sino ad allora erano state in secondo
piano ma il peggio fu che, nonostante fosse finito il periodo delle grandi
tensioni ideali e politiche, i dirigenti
politici non seppero sostituirle con altre che fossero altrettanto allettanti.
Il centro sinistra quindi, il cui nucleo dirigenziale era ancora infarcito di ideologia
statalista, non fece altro, per almeno un quindicennio, che riproporre una
politica fatta d’inasprimento fiscale volta a finanziare una spesa pubblica
perequativa. Il centro destra ad accusare tutti di comunismo e prefiggersi un
potere esecutivo più forte e liberista, ovvero a sposare la linea “ Occidentale
“ in voga al momento.
Gli
elettori al giro premiarono una volta gli uni e gli altri ma l’insoddisfazione crescente
verso l’operato politico in generale fece si che le loro preferenze cambiassero
destinatario a ogni tornata elettorale.
Del
resto la crescita impetuosa dei paesi emergenti, dove la manodopera ha prezzi
irrisori e i costi sociali sono pari a zero fa si che i prodotti occidentali e
italiani in particolare siano a mal partito. Ciò significa aziende che
chiudono, delocalizzano, stilano contratti con condizioni salariali più
sfavorevoli, cresca una disoccupazione che non possa essere facilmente
assorbita dal “ pubblico “ già pesantemente indebitato e vengano diminuiti gli
ammortizzatori sociali.
Senza
contare l’immigrazione senza freni, lo stato di continue tensioni interne che
caratterizzano i paesi nordafricani e mediorientali e la radicalizzazione
antioccidentale dei loro abitanti.
Se
è vero che quando un paese sta economicamente bene la sua popolazione è stabile
e facilmente controllabile dalla politica, nel caso in cui i cittadini si
dibattano tra una crescente povertà gli uomini pubblici non hanno grande scelta
: o ripristinano lo stato di benessere perduto o sono destinati a fallire.
Visto
d’altro canto che recuperare il reddito
perduto è quasi impossibile o per lo meno lo sarà per molto tempo è normale che
il paese viva uno stato di conflittualità perenne che elettoralmente si esprime
nel premiare chi prometta benefici immediati e consistenti. Da qui la fortuna e
conseguente rapida caduta dei leader delle varie coalizioni andate al Governo
allorquando non siano riusciti a dare quanto ripromesso.
In
un simile contesto comunque uno dei nodi centrali rimane il potere legislativo
e politico detenuto dalla Camera dei Deputati e dal Senato. Non è un caso che
siano le elezioni di questi due organismi a catalizzare lo sforzo politico dei
partiti di accaparramento delle preferenze e questo perché non essendo prescritte
che minime differenze di requisiti per poter diventarne papabili, i loro eletti
rappresentano in percentuale il gradimento raggiunto dai partiti che li hanno
candidati. Ciò premesso ne consegue che da un punto di vista fattivo costoro cercheranno
di far affermare i punti salienti del programma della coalizione di
appartenenza.
Il
fatto è, tuttavia, che il vincolo ideologico che li spinge ad affermare
determinati posizioni non è detto che coincida con il bene del Paese. Cosa che
mi pare assodata osservando l’operato politico degli ultimi cinquant’anni.
Direi dunque
che vi sia un problema di qualità degli atti legislativi prodotti dalle due Camere
e questo consegue al fatto che gli eletti non sono i “ migliori “ ma solo coloro
su cui si sono riversate le preferenze dei votanti della circoscrizione
elettorale.
Ricordo
che in seguito a una passata inchiesta giornalistica che metteva in luce
l’assenteismo di senatori e deputati costoro risposero diventando virtuosi
quanto a presenza, voto di provvedimenti e presentazione di progetti di legge.
Solo che anche facendo così non è che si sia combinato gran che.
Giulio
Tremonti ne
“ Lo stato criminogeno “ edito dagli
Editori Laterza nel 1997, spiega che
siamo sommersi dalle carte. Vi sono leggi che regolano qualsiasi cosa,
accavallandosi spesso le une alle altre in un caos dove è difficile discernere
il da farsi dal vietato. Non è certo questo il modo attraverso il quale
risolveremo le nostre difficoltà. Il problema non è la quantità dei
provvedimenti attuati ma la loro ponderatezza e questa non è possibile se
proviene da persone interessate solo a favorire la propria fazione. Abbiamo
bisogno invece di persone sagge che riflettano sul rapporto vantaggi/ danni
collaterali che ciascun atto può dare luogo e finiscano per adottare quello più
proficuo.
In
un simile contesto che purtroppo ritengo sia più “ Fantapolitico “ che reale,
dove il consenso per una diversa azione sia di una mole tale da riuscire a
modificare senza problemi la Costituzione, preconizzerei un Senato della
Repubblica dove possano essere eletti solo uomini eminenti della cultura, della
scienza, delle arti, dell’economia, delle finanze e del diritto nonché il top
dei manager pubblici e privati ( a esempio il Direttore di Poste Italiane,
dell’INPS, di Banca d’Italia, dei Carabinieri, delle Forze Armate, eccetera ), che
per via del proprio alto reddito non abbiano bisogno di particolari altri
emolumenti che non siano il godere del prestigio di far parte delle più elevate
Istituzioni e poter contribuire al buon andamento della vita nazionale. A
contraltare di questa Camera piuttosto “ seriosa “ e sicuramente poco
innovativa potremo affiancarvi l’altra formata dagli eletti delle più disparate
associazioni di categoria in numero direttamente proporzionale al peso
percentuale che questi hanno rispetto alla popolazione attiva. Via libera
dunque ai sindacalisti nominati dalle organizzazioni nazionali, ai giornalisti,
agli altri liberi professionisti, ai rappresentanti del commercio, dell’artigianato,
dell’industria, e cosi via. Entrambe le Camere avrebbero il compito di proporre
iniziative di legge che verrebbero inviate all’altra Camera che le restituirebbe
con i suggerimenti o la bocciatura del caso. Cosa di cui la Camera proponente terrà
conto nella successiva redazione, in modo da equilibrare i possibili “ voli
pindarici “ di ognuna.
Si
avrebbero così una Camera dei Deputati e un Senato i cui membri eccellenti ricalcherebbero
grosso modo la composizione sociale della Nazione, conoscerebbero molto bene i
problemi e le potenzialità della categoria d’origine e i provvedimenti verrebbero
valutati secondo l’importanza che essi potrebbero avere per la Nazione e nel
rispetto dell’opinione dei rappresentanti delle più disparate categorie operanti
nel territorio.
..
Che dire! .. E’ solo un abbozzo teorico .. ma confesso che l’idea mi piace! ..