Ruolo complementare dell’Italia fra Francia e Germania
Il «rapporto tra la
Francia e la Germania», commenta Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Sociètè
Gènèrale ne “ La
tentazione di andarsene “ (Il Mulino, 2017 ), è uno degli aspetti che
resta più difficile da capire agli esponenti politici e all'intero
establishment italiano. «Il tentativo di insinuarsi tra due, 1a volontà di
schierarsi con l'uno per indebolire l'altro, la speranza che il rapporto
si incrini sono il frutto
dell'ignoranza - nel senso della non conoscenza - e del provincialismo. Non si
riesce a capire, o ad accettare, che questo legame sia necessario, e
considerato necessario da entrambi, anche se non sufficiente, a far progredire
l'Europa. Questo è il senso del rapporto franco-tedesco, che consiste nel non andare mai contro gli interessi fondamentali
dell'altro, nel non criticarsi apertamente, nell’impegnarsi a lavorare insieme,
anche quando la soluzione sembra
lontana. Se l'Italia vuole avere un ruolo, questo deve essere complementare, non sostitutivo, di tale
rapporto. >>
Giulio Conti, Squilibrio italiano e vincolo europeo,
Milano 2019, Edizioni Lotta Comunista.
Senza immigrazione reggeremo?
«Se è vero, come dicono le
proiezioni, che nel 2050 ci saranno tra i 7 e i 10 milioni di italiani in meno,
il nostro Stato come potrà reggere? Oggi li vogliamo allontanare, ma tra dieci
anni saremo costretti a pagarli per farli venire».
Francesco Montenegro, vescovo di
Agrigento, presidente Caritas italiana, "Avvenire", 17 giugno
L’Italia delle piccole imprese.
Secondo Prodi «l'elemento più preoccupante della situazione
italiana» risiede nella
divergenza radicale dello sviluppo della produttività rispetto a quella dei maggiori paesi concorrenti,
rimasta statica in Italia dagli inizi degli
anni Duemila, e aumentata di 15 punti
in Germania e 14 in Francia. Tra le molteplici cause di questa
«fase di decadenza» italiana - funzionamento
della pubblica amministrazione, inefficienze giuridiche e burocratiche, fino a fattori demografici o di
psicologia sociale - Prodi ne individua una
«fondamentale» nella «scomparsa delle grandi imprese». Con l'eccezione di Leonardo, ex Finmeccanica,
che comunque può essere elencata tra le medio-grandi,
«di grandi imprese manifatturiere italiane non ne è rimasta nemmeno una».
( .. ) Di
fatto la forza dell'economia italiana è «concentrata In un campione di alcune centinaia di imprese che hanno la
dimensione sufficiente per affrontare
i mercati globali e per assorbire le tecnologie più
avanzate >>. Roma si ritrova così
ad affrontare la globalizzazione potendo disporre solo di <<
alcune centinaia di "soldati"», ma senza «né "armi atomiche “ ( come Google, Apple, Alibaba, Amazon) né
"corazzate" (le tradizionali imprese multinazionali come Volkswagen, Nestlé,
Siemens e così via)».
Giulio Conti, Squilibrio italiano e vincolo europeo,
Milano 2019, Edizioni Lotta Comunista.
L’Italia : stato cuscinetto
«Come dimostrano le tensioni con l'Europa, l'Italia è ormai nei fatti –
ed è vista dai suoi partner continentali - come uno Stato cuscinetto: un paese deputato,
nella nuova geopolitica mediterranea, a funzionare da "shock absorbing country". Questa realtà ha naturalmente forti costi e forse anche qualche
vantaggio; ad esempio, la maggiore flessibilità accordata all’Italia sul
versante dei bilanci pubblici potrebbe anche essere una compensazione
indiretta. O comunque segnalare che paesi come la Germania o la Francia hanno
ormai deciso che spostare a Nord delle Alpi le frontiere europee non è nel loro
interesse».
Marta Dassù, ex viceministro degli Esteri
nei governi Monti e Letta "La
Stampa “ , », 9 luglio 2017