Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

martedì 11 aprile 2017

I baffi : per mostrarsi più gentili senza rinunciare a un importante segnale di virilità

v  I baffi : per mostrarsi più gentili anche se comunque virili

 a ) Sui baffi

 Ed Mc Bain in “ Nessuna via d’uscita “ scrive :
<< .. Arthur Patterson aveva trentacinque anni circa, e si era tagliato i baffi da poco. Né Carella né Hawes sapevano che l'avvocato aveva compiuto quell'operazione di baffectomia appena due giorni prima, ma se fossero stati molto attenti avrebbero notato che Patterson si toccava troppo spesso la zona tra il naso e il labbro superiore. Quel pezzo di pelle era tale e quale alla corrispondente zona di qualsiasi altra faccia maschile, ma a Patterson pareva immensa, gonfia e nuda, perciò continuava a toccarsela, per assicurarsi che non diventasse ancora più gonfia e nuda. .. >>.
Ecco delineato con una sferzante descrizione il senso di  “ mancanza “ che può ingenerare il taglio della barba  o dei baffi che da molto tempo incornicino il volto di una persona.
Passando però oltre alle finezze letterarie ed entrando più propriamente nel campo dell’etologia umana si ricorda che i baffi sono un tratto distintivo del maschio poiché ne evidenziano la virilità ma, a differenza della barba, ricoprono solo una parte limitata della faccia. Ciò implica, da un lato una certa ricercatezza in quanto il dargli e mantenere una forma comporta pazienza e impegno, dall’altro il mostrare buona parte della pelle del viso conferisce un’aria più giovanile e socievole.
E’ come se chi li prediligesse volesse parere amichevole rasandosi il volto ma nel contempo ci tenesse a esibire un segno della propria mascolinità in grado di attrarre l’attenzione del sesso femminile, che è istintivamente avvinta dalla differente anatomia maschile.
La barba del resto dà più l’idea di una persona anziana, la cui maggior trascuratezza personale sia giustificata, vuoi dalla diminuita forza fisica, vuoi dall’autorità che derivi dalla maggior esperienza e maturità.
I baffi costituiscono invece un compromesso fra il desiderio dell’uomo di mostrare un attributo che lo connoti come maschio e quello d’informare della relativa giovinezza e dunque della prestanza del soggetto, nonché di una minor rudezza e quindi di un’educazione più sofisticata.
Agli amanti della barba costoro, che mantengono il volto più glabro, paiono effeminati perché la pelle femminile è appunto maggiormente liscia e morbida ma sicuramente questo non incide un gran che sul loro testosterone o comunque non è detto che una sua minor produzione spinga alla preferenza dei baffi.
Secondo Morris ( vedi bibliografia ), alcuni affermerebbero addirittura che i baffi verrebbero preferiti da chi ha una sessualità ossessivamente inibita e questo in quanto la loro cura implicherebbe un rigoroso autocontrollo limitante la propria virilità. L’autore prosegue affermando che, seppur possano anche esservi casi del genere, lo scegliere di avere i baffi piuttosto che la barba è un fatto di moda più che di repressione delle pulsioni sessuali.
Quel ch’è certo invece è che indica, sia una maggior agiatezza grazie alla quale si può dedicare più tempo e risorse alla cura della propria persona, sia una maggior socievolezza poiché il rendersi più gradevoli è fondamentale per intessere buoni rapporti.
Sicuramente poi, nel determinare una più marcata scelta verso un certo tipo di rapporto con i nostri peli facciali può aver inciso la disciplina militare. Una barba incolta e sporca infatti può dar adito a infestazioni di parassiti e infezioni che, data la vita promiscua dei soldati, possono propagarsi a interi reparti. Senza contare che sia una barba che una chioma fluenti possono, in un corpo a corpo, dare al nemico il vantaggio di un ulteriore appiglio per fare male all’avversario e metterlo in condizioni di non nuocere.
Baffi ben curati invece presentavano minori inconvenienti di questo tipo e quindi potevano venir meglio accettati, soprattutto negli ufficiali e nei graduati e da qui influenzare le preferenze delle classi abbienti.
Con il passare delle generazioni poi si sono succeduti gusti diversi che hanno portato in auge tipi di baffi differenti, da quelli appena accennati sotto il naso a forme più estese ( secondo Morris, vedi bibliografia, Il record mondiale di apertura massima registrata per un baffo è di 2,6 metri ), fino ai mustacchi e quelli a manubrio, attorcigliati e impomatati.
Il bello è però che col tempo non solo sono mutate le loro fogge ma in certi casi anche il loro significato sociale. Tant’è vero che, sempre il Morris ( vedi bibliografia ), ricorda che a New York e a San Francisco negli anni ’70 divennero di moda fra gli omosessuali, incrinando così il loro valore di simboli maschilisti.
I Pease del resto ( vedi bibliografia ), sempre attenti a cogliere e riferire quali segnali favoriscano una comunicazione vincente, si lamentano che spesso gli uomini, a differenza delle donne,  non si adeguano alle mode dei tempi e quindi anche nella scelta del tipo di barba o di baffi da portare continuano a mantenere quelle ormai fuori moda, decise  quand’erano giovani. Cosa che non favorisce il fare una buona impressione sugli altri
 

b ) Lisciare o attorcigliare i baffi

 Un gesto ch’era diffuso a Napoli e in Grecia e che ormai è in disuso è quello di far mostra ai compagni di attorcigliare lunghi baffi a manubrio per indicare una donna molto bella. L’origine di questo gesto è da rintracciarsi nell’800 allorché un simile tipo di baffi, incerati e arricciati andava per la maggiore.
Era abitudine allora che allorquando un uomo con una simile appendice vedesse una piacente figura femminile e volesse corteggiarla, controllasse, come del resto facciamo ancora adesso, la propria  presentabilità, cosa che includeva la verifica dell’aspetto dei baffi di cui, quale evidente manifestazione della propria virilità, di solito era orgoglioso.
All’epoca questi erano lunghi, arzigogolati e incerati e ovviamente per fare buona impressione il corteggiatore li attorceva o li lisciava per essere certo che fossero in ordine.
Da qui nacque l’abitudine scherzosa di indicare agli amici una bella donna attorcigliandosi teatralmente i baffi e anche quando quelli passarono di moda, restò l’uso, per molto tempo ancora, di mimare quel gesto con gli amici arricciandone uno immaginario e ammiccando alla “ bellona “ del momento.

c ) Riferimenti bibliografici

 Giovanni Chimirri, Milano I998, Giovanni De Vecchi EditoreDesmond Morris, I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.AAllan & Barbara Pease, Perché gli uomini .. Perché le donne .. La bibbia del vivere in due,  Milano 2006, RCS Libri S. p. A.Tonino Lasconi, Il misterioso linguaggio del corpo, Leumann ( Torino ) terza ristampa 1994, Editrice ELLEDICI 
 


domenica 2 aprile 2017

Gli occhiali : tra necessità e immagine

v  Gli occhiali : tra necessità e immagine


a ) Un po’ di storia

Ed Mc Bain in “ Lungo viaggio senza ritorno “ scriveva :
<< .. Non avete visto nessuno con un fucile? .. >>.
<< .. Sentite un pò, forse non mi sono spiegato bene .. >>, disse  Quentin. << .. Io sono miope,  fin qui ci arrivate a capire? Non riuscireste a pescarne uno più orbo di me ..  >>.
<< .. Allora, perché non usate gli occhiali ..  >>, domandò Carella.
<< .. Già, per rovinarmi la vista? .. >>, ribatté il vecchio, in tono convinto.
V’è sicuramente stato un tempo dove la diffidenza verso le innovazioni deve aver deciso non pochi uomini a battute simili ma, nonostante ciò e data l’importanza che ha la vista per l’uomo, la sua perdita, parziale o completa, ha inciso notevolmente sulle possibilità di sopravvivenza.
E’ dunque ovvio che si sia sempre cercato di ovviare  a un simile problema ed è Desmond Morris ( vedi bibliografia ), a illustrarcene le fasi culminanti.
Con l’invenzione della scrittura a esempio sembra che molti antichi sapienti si servissero di giovani che leggessero per loro. Seneca il retore invece pare riuscisse a leggere usando una sorta di piattino di vetro pieno d’acqua come lente d’ingrandimento. Nel Duecento il filosofo inglese Ruggero Bacone spiegava che si sarebbe potuto leggere meglio gli scritti esaminandoli tramite oggetti di cristallo o vetro un cui lato avesse una parte convessa.
Verso la fine di quel secolo apparvero in Italia veri occhiali per la lettura e nel 1306, a Firenze, un monaco tenne un sermone in cui accennò agli occhiali come a una scoperta recentissima. Pressappoco nello stesso periodo Marco Polo ricordò di aver visto in Cina dei vecchi che usavano lenti per leggere. Nel Quattrocento apparvero lenti speciali per correggere la miopia, e nel Settecento Benjamin Franklin inventò le lenti bifocali. Le prime lenti a contatto furono introdotte in Svizzera nel 1887.

b ) Danno l’impressione di essere più intelligenti

Chi adopera occhiali che non siano da Sole spesso può sentirsi a disagio in mezzo agli altri e questo, sia in quanto pensa che lo imbruttiscano, sia perché evidenziano un difetto visivo che sicuramente non si vorrebbe avere, né palesare. Agli altri tuttavia, il vedere uno che porta occhiali fa sorgere idee ben diverse.
Un esperimento ha rivelato infatti che alcune hostess, che erano state truccate e usavano occhiali, erano parse più sicure, intelligenti, sofisticate e cordiali rispetto a quelle che non avevano né l’uno né l’altro. E se è vero che le hostess non truccate ma con occhiali erano sembrate meno abili nella vendita, segno che era il make-up a farle reputare più in gamba, è altrettanto certo che un’altra ricerca ha rilevato che le persone ritratte con gli occhiali erano giudicate più colte e intelligenti di quelle senza.
E’ ovvio che l’avere una così alta opinione verso terzi non possa durare a lungo a meno che la persona non abbia veramente “ una marcia in più “ ma è probabile che un simile effetto iniziale tragga la sua ragione di essere dal fatto che ai tempi che furono il loro uso era appannaggio esclusivo delle classi dirigenti.
In primo luogo infatti costoro avevano il denaro per pagarseli e in seconda istanza, dovendo amministrare le proprietà o la cosa pubblica, oppure applicare la giustizia, insegnare, studiare o analizzare questioni o corpi, avevano a che fare quotidianamente con conti, carte legali e libri. Compiti che affaticavano più spesso la vista e costringevano a dotarsi di strumenti che l’agevolassero. Il fatto poi che in un primo tempo la tecnologia non offrisse stanghette leggere e sottili ha alimentato nell’immaginazione collettiva l’idea che montature pesanti e lenti spesse ( correttive di occhi “ usurati al massimo “ ) fossero prerogativa d’intellettuali e uomini di potere.
Altri studi comunque hanno portato a concludere che l’uomo occhialuto appare più gentile, tenero e dunque più femminile, cosa che potrebbe dipendere dal fatto che le varie lenti e montature sottolineano gli occhi facendoli comunque apparire più grandi, caratteristica che è più accentuata nelle donne.
Il fatto che ulteriori ricerche indichino che chi porta gli occhiali sia più ansioso e abbia minor autostima potrebbe dipendere dalla maggior propensione alla riflessione e allo studio di chi ha bisogno di più dati per acquisire la sicurezza necessaria ad agire.
Col tempo poi aumentò, sia il numero delle persone interessate a utilizzare gli occhiali, sia una diversificazione dei modelli offerti sul mercato. Preferire gli uni o gli altri venne a dipendere dalla disponibilità in loco di fogge diverse, dalla funzionalità, nonché dal gusto personale, apprezzamento che spesso era ed è in relazione al ruolo sociale che s’impersona o si sogna di avere. Chi vorrà conformarsi alla maggioranza infatti sceglierà i più in uso, gli sportivi quelli più atti a favorire la loro attività, gli artisti fogge originali e a volte stravaganti, ecc. La massa dell’opinione pubblica del resto, che col crescere delle risorse disponibili divenivano sempre più sensibile agli accessori, non ha fatto che adeguarsi prendendo a modello i gusti degli uomini cui vorrebbero assomigliare.
Quel ch’è certo è che, sebbene gli occhiali non facciano parte della faccia, essi ne modificano i contorni, cosa che può alterare l’espressione di chi la porta e suggestionare l’interlocutore.

c ) Tipi di occhiali

Si è già accennato prima agli occhiali con montature grandi e pesanti che scendano a coprire parte delle guance. Essi danno l’impressione di avere a che fare con un tipo autoritario e questo in quanto danno un’aria accigliata che incute soggezione anche se intristisce il volto e invecchiano. Sono usati da tipi dominanti e, visto che fanno apparire più considerevoli, i Pease ( vedi bibliografia ), consigliano di adoperarli sul lavoro, specialmente durante occasioni importanti. In momenti meno formali, sostengono gli autori, sono da preferirsi occhiali meno impegnativi, in modo da apparire più alla mano.
I monocoli sono ormai prerogativa esclusiva di specialisti come gli orefici e al riguardo riporto una facezia di Ernest Hemingway inserita nell’articolo “ Il Patto Russo-Giappponese “ pubblicato su “ PM “ del 10 06 1941 :
<< .. Lasci che le racconti una storia cinese. Una nuova storia cinese. Non una vecchia storia cinese. Sa perché  l'ufficiale di stato maggiore britannico porta il monocolo? .. >>.
<< .. No .. >>, dissi.
<< .. Ah .. >>, disse lui. << .. E' una nuovissima storia cinese. Porta il monocolo  per non vedere più di quanto sia  in grado di capire .. >>.
Preferisce mettere le lenti a contatto chi viva come frustrante il fatto di mostrare una imperfezione fisica oppure consideri antiestetici gli occhiali. A parte ciò comunque e indipendentemente dalla vanità del tipo, il loro utilizzo fa sembrare che le pupille siano dilatate e dà quindi l’impressione che chi è con noi ci piaccia e ci ecciti.
L’uomo o la donna che li adoperino dunque appariranno attratti dall’interlocutore  e la cosa spingerà costui a essere più disponibile, allineandosi così con la supposta bonomia dell’altro onde avere una comunicazione più proficua.
Non è certo raro tuttavia, soprattutto se chi usa le lenti a contatto è una donna, che la controparte maschile travisi la qualità dell’interesse ch’ella gli rivolge, portandolo a dimenticare la di lei valentia personale e professionale a fronte di immagini d’incontenibili voglie sessuali.
Per bene che le possa andare dunque le capiterà che i colleghi, presi come sono a considerarne ben altri aspetti, non le calcolino come colleghe valide, sempre che, non le rivolgano avances aggressive, cosa che dovrebbe indurle a sconsigliarne l’uso in ambito lavorativo o comunque a stare attente a non accentuare ulteriori comportamenti seducenti.
Riguardo agli occhiali da sole e più in generale a quelli scuri Robert Crais, nel romanzo intitolato : “ La prova “ racconta : << ..  Quel giorno indossava una felpa grigia con le maniche tagliate, jeans e un paio di occhiali scuri da pilota. Joe Pike porta gli occhiali scuri anche di notte. Per quanto ne so io ci dorme anche. .. >>.
Questo tipo di occhiali, che spesso, come si evince dalla battuta dello scrittore sopraccitato, sono usati in contesti inadeguati,  non servono solo per proteggere gli occhi dalla luce intensa del Sole ma anche per non lasciare trapelare quelle reazioni emotive che comporterebbero la contrazione e il rilassamento dei muscoli oculomotori.
In tal modo dunque si nascondono gli spostamenti delle pupille, che sono resi più vistosi dal bianco dell’occhio, cosicché non si capisca dove si guardi e quali sentimenti si provino. E’ il caso della dilatazione delle pupille, fenomeno che accade quando qualcosa ci attrae nonché l’attenuazione dei fenomeni più vistosi del pianto, tanto per fare qualche esempio.
Non è un caso che, secondo Desmond Morris ( vedi bibliografia ), i mercanti cinesi li avessero inventati e li usassero per non far capire quanto desideravano i preziosi che la controparte offriva, in modo che questa non ne alzasse il prezzo.
Lo stesso vale per i pokeristi che spesso li adoperano per non far trapelare l’eccitazione o lo sconforto derivante dall’avere o meno buone carte.
Con l’andare del tempo comunque l’uso di un simile articolo è divenuto abbastanza comune e designa soggetti che, anche quando non sono loschi, amano avere il duplice vantaggio di non fornire indicazioni riguardanti il proprio stato soggettivo e nel contempo spiazzare gl’interlocutori a causa della propria impenetrabilità. Se si desidera dunque dare di sé un’immagine pacata e aperta sarebbe bene non adoperarli.
L’avere occhiali con lenti a mezza luna o comunque da lettura, costringe, data la piccolezza delle lenti, a guardare il soggetto  con cui si colloquia al di sopra di esse, dando così all’altro la sensazione di essere giudicato e scrutato. A costui dunque si apparirà sospettosi e critici e ciò tenderà a porlo sul­la difensiva. Ai fini di stabilire un buon feeling è quindi consigliabile toglierseli quando si sta parlando. I Pease ( vedi bibliografia ), oltre a ciò, consigliano addirittura di rimetterseli quan­do si ascolta e questo a loro dire, oltre a rilassare l’interlocutore consente di mantenere il controllo della conversazione.
E’ comunque probabile che, a meno che non si sia obbligati ad acquistare proprio quel tipo di occhiali, la scelta volontaria di una simile montatura, che di per sé accentua l’immagine di una persona con occhi stretti e quindi tendenzialmente arcigna, denoti proprio il voler dare di sé un simile connotazione.
L’uso di occhiali vecchio stile con bordo metallico sottile di forma circolare è preferito da chi spera di dimostrare la mancanza di ricercatezza e aggressività.
Gli occhiali con montature sottili e metalli­che danno l’aria di avere a che fare con una persona fredda, pratica, dinamica e sportiva.
Gli occhiali con montature di plastica colorata o con il logo ben evidente sulle stanghette vengono preferite da chi non vuole essere preso troppo sul serio, è più interessato alla moda che agli affari e vuole avere un’aria giovanile.
Gli occhiali con montature stravaganti con lenti enormi vengono tollerati se indossati da artisti o vip “ originali “ e famosi ma sono da evitarsi sul lavoro in quanto quando va bene non si viene presi sul serio o distraggono l’interlocutore, nel peggiore dei casi  si è dileggiati e mal considerati.

d ) Gesti con gli occhiali

Può capitare che un tizio poggi le mani a mò di occhiali attorno agli occhi intendendo dire : «Ti vedo! ». E’ un gesto volontario e scherzoso.
Il mordicchiare una stanghetta denota, sia insicurezza o nervosismo, sia il bisogno di riflettere prima di rispondere. Dato che non si può parlare a bocca piena è meglio aspettare che la persona si rimetta gli occhiali pri­ma di continuare la conversazione. In questo modo si tra­smette l’impressione di rispettare il desiderio di riflessione dell’altro,  creando così più empatia.
Il portare la stanghetta in bocca è un gesto rassi­curante in quanto fa rivivere, seppur momentaneamente, la tranquillità che si provava da lattanti succhiando il seno materno.
Chi per praticità sposta gli occhiali sulla testa quando non li usa rivela di essere una per­sona pratica, dinamica e giovanile. Dà quest’impressione per­ché così facendo sembra avere sul capo due occhi enormi con le pupille di­latate, evocativi dell’aspetto rassicurante dei neonati e dei giocattoli con gli occhi grandi.
L’afferrare gli occhiali per la montatura e sollevarli, oppure il sollevarla leggermente con un dito poggiato sul ponte, lo spingerli contro gli occhi e il rimettrsi gli occhiali, indica incredulità verso ciò  che si vede o si sente e quindi il desiderio di volerci vedere chiaro.
Lo sfilarsi e il far dondolare gli occhiali reggendo le stanghette con le dita ha generalmente lo scopo di ritardare il momento in cui il soggetto interpellato deve dare una rispo­sta. Durante una trattativa il gesto viene compiuto più spesso quando si è sul punto di tirare le fila del colloquio. In questi casi è comunque bene che l’interlocutore abbia pazienza e non gli metta fretta.
Se durante una conversazione uno dei due si toglie gli occhiali si può presumere che voglia offrire una visuale diretta, in quanto priva di barriere difensive, del proprio volto. Fatto che è tanto più significativo quanto più quel tipo di occhiali gli paiano poco belli. E’ come se, attratto dal fascino dell’altro, volesse presentare il lato più buono di sé. Si tratta di un tipico segnale di apertura che rilassa l’interlocutore.
Mi sembra invece un po’ più improbabile quanto affermano i Pease, ovvero che il rimetterli quando viene il proprio turno di ascoltare  abitui l’altro a pensare che sia venuto il suo turno di parlare.
Se si sta parlando a qualcuno che a un certo punto sfila gli occhiali e guarda altrove è probabile che non sia molto interessato a ciò che gli si dice tant’è vero che si lascia distrarre facilmente. Nell’ipotesi peggiore non vuole vedere chi lo interroga oppure non desidera essere costretto ad affrontare l’argomento.
Se mentre gli si parla li sfila e inizia a pulirli con cura ritiene che gli stiano dicendo sciocchezze e vorrebbe eliminare, sia l’autore dell’eloquio, sia i suoi discorsi così come pulisce le sue lenti. Questo è un gesto di rifiuto e come i prossimi due significa che l’interlocutore ha preso una decisione ben diversa da quella dell’interlocutore e che difficilmente l’altro potrà indurlo a cambiare idea.
Se in una discussione uno dei due interlocutori si toglie definitivamente gli occhiali dal viso e li ripone desidera terminare la conver­sazione. Se li getta sul tavolo rifiuta simbolicamente la proposta.

e ) Riferimenti bibliografici

Giovanni Chimirri, I gesti che seducono, Milano 1998, Giovanni De Vecchi Editore
Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A.
Tonino Lasconi, Il misterioso linguaggio del corpo, Leumann ( Torino ) terza ristampa 1994, Editrice ELLEDICI
Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1986, Arnoldo Mondadori Editore
Desmond Morris, L’uomo e i suoi gesti, Milano, V edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Marco Pacori, I messaggi segreti del corpo, Milano 2012, Giunti Editore S.p.A.
Marco Pacori, Come interpretare i messaggi del corpo, Milano 2002, DVE ITALIA S.p.A.
Marco Pacori, I segreti del linguaggio del corpo, Milano 2010, Sperling & Kupfer S.p.A.
Fabio Pandiscia, Comunicare bene, Francavilla al Mare 2009, Edizioni Psiconline S.r.l.
Allan e Barbara Pease, Perché mentiamo con gli occhi e ci vergognamo con i piedi?, Milano 5° edizione Sonzogno 2006, R.C.S. Libri S.p.A.
Allan & Barbara Pease, Perché gli uomini lasciano sempre alzata l’asse del water e le donne occupano il bagno per ore?, Milano 3° edizione BUR 2010, BUR
Allan & Barbara Pease, Perchè gli ingegneri si siedono come scimpanzé e le prof. parlano con le ginocchia?, Milano 1° edizione 2011, RCS Libri S.p.A
Allan e Barbara Pease, Perché mentiamo con gli occhi e ci vergognamo con i piedi?, Milano 5° edizione Sonzogno 2006, R:C:S: Libri S. p. A.