Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

mercoledì 14 febbraio 2018

Siamo sicuri che la Stampa sia obiettiva quando scrive sulle Banche?




Ancora  tratto da Vincenzo Imperatore nel suo libro intitolato “ Io vi accuso “, edito nel 2015 da chiarelettere un interessante pezzo riguardante come la banca si comporta con un correntista che sia giornalista o editore.
Ma lasciamo la parola all’autore :
<< .. In Italia i giornalisti rappresentano una fetta esigua della popolazione ma per le banche, solo per il fatto che vengono associati spesso al potere, sono il tipico cliente da «trattare con cura». Se c'è da scegliere tra buttare dalla torre un piccolo imprenditore o un cronista di provincia la decisione è pres­soché scontata. Anche il motivo è altrettanto scontato: paura del rischio reputazionale, paura che le malefatte del sistema del credito vengano fatte emergere e gridate ai quattro venti grazie alla penna di un giornalista che si schiera dalla parte del correntista. Mentre nel mondo anglosassone i cronisti sono formati per diventare dei veri «cani da guardia» da scagliare alla bisogna contro i soprusi dei potenti, le banche italiane preferiscono l'addomesticamento del cagnolino da salotto. Ciò che ho appena detto verrà negato in tutti i modi da ogni singolo manager del credito (e probabilmente anche da quei giornalisti abituati ai trattamenti «speciali»).
Nessuno avrebbe il coraggio di ammettere il “ corteggiamento “ diffuso nei confronti di una stampa da rendere asservita, ma  ho le prove del contrario.
Molti istituti tengono nel cassetto un codice di comportamento interno in cui è riportato come rapportarsi con la clientela. Clientela rigorosamente suddivisa per categorie. Il documento si chiama Manuale per l’erogazione del credito, nel gergo bancario altrimenti detto “la Bibbia “ : il lasciapassare per i prestiti al correntista. Vi sono situazioni in cui le restrizioni per le aziende e le persone sono molto marcate, si parla addirittura di «declino del fido» per «azienda di scarso interesse bancario» salvo però «eccezioni suggerite da particolari ragioni di opportunità».
Inoltre, devono essere declinati fidi ad «autorità locali (pre­fetti, sindaci eccetera) per sollecitare interventi finanziari in favore di istituzioni locali o aziende in difficoltà» o prestiti «per pagare imposte o tasse». Non si dica pertanto che le banche vengono sempre incontro alle necessità dei correntisti o dello Stato che, al contrario, deve essere sempre pronto a ripianare i loro debiti. Musica assai diversa nel caso della stampa, per la quale esiste addirittura un punto specifico titolato «fidi la cui concessione indipendentemente dall'importo è di compe­tenza della direzione centrale». In questa sezione rientrano esclusivamente «amministratori, direttori nonché membri degli organi di sorveglianza dell'istituto», cioè i pezzi grossi dell'azienda oppure di altre «banche italiane in generale» ed «esattorie» ma anche qualsiasi «giornalista e amministratore di giornale, nonché aziende editrici di giornali, periodici, televisioni private». Quindi, se un qualsiasi giornalista viene in banca anche solo per richiedere una semplice carta di credito non c'è manager di rete che possa autorizzarla. Deve passare tutto per la direzione centrale: attraverso gli uffici che devono vagliare ogni minima richiesta soprattutto per «controllare», e quindi imbonirsi, il giornalista. Definirlo trattamento di favore sembra addirittura riduttivo. .. >>.


lunedì 5 febbraio 2018

Il mignolo, il dito più piccolo








a ) Il dito della nobiltà o degli snob?


Secondo Anna Guglielmi[1] il dito mignolo : << .. Indica come voglia­mo apparire socialmente. C’è chi, ad esempio, pensando di sembrare socialmente più elevato e di buone maniere, afferra la tazzina del caffè con il dito mignolo ben sol­levato e in vista, assumendo una posa affettata.
Gli inglesi per questo tipo di persone avevano coniato un termine, ora usato spes­so nel modo sbagliato, snob (s-nob: deriva dal latino si­ne nobilitate, cioè “senza nobiltà”), per indicare quelle per­sone che posano per apparire diverse e socialmente più ele­vate di quanto non siano. .. >>.
Samy Molcho[2]  tuttavia non pare della stessa opinione. Costui infatti afferma che : << .. In epoca barocca la società aristocratica aveva sviluppato un codice di comportamento in cui l’eleganza del movimento della mano svolgeva un ruolo molto importante. Il dito mignolo doveva essere tenuto sempre un po’ scostato dalle altre dita. .. >>.
L’autore dunque, a differenza dell’autrice sopra citata è dell’avviso che le radici del gesto siano realmente nobili anche se magari oggi non sono più seguite tanto dall’aristocrazia quanto da persone che vogliano figurare particolarmente raffinati.

b ) I gesti con il mignolo

Con la premessa che le pose con i mignoli descritti di seguito sono stati studiati nella seconda metà del secolo scorso e quindi che non ho dati confermanti il fatto che siano ancora egualmente diffusi, in Italia e in special modo nel napoletano è in uso agganciare i mignoli per indicare che colui di cui si parla ha relazioni importanti e quindi che si tratta di una persona furba. Un poco dappertutto invece ma soprattutto tra i bambini arabi i mignoli, o in qualche casi gli indici agganciati, simbolizzano l’amicizia.
A Bali sollevare il mignolo mentre le altre dita vengono tenute piegate dal pollice vuole significare un qualcosa di cattivo. Da quelle parti infatti il dito in questione è considerato negativamente mentre, all’opposto, il pollice viene reputato essere buono. Un poco ovunque ma, soprattutto nei paesi mediterranei, tenerlo alzato simbolizza il pene e rivolgerlo a qualcuno è offensivo poiché sta a indicare che lo ha piccolo. Sempre in Europa e Sudamerica viene utilizzato per sottolineare la magrezza eccessiva di chi si sta parlando. In Giappone il tenerlo alzato simbolizza la donna mentre il pollice, ovvero il dito più grosso, l’uomo. Non ha valenza negativa : alzandolo s’intende solo riferirsi a un qualcuno di sesso femminile che può essere un’amica, un’amante o la moglie. In Europa ma soprattutto in Francia porlo alzato ( sempre tenendo le altre dita piegate dal pollice ), vicino all’orecchio piegando leggermente la testa verso di lui, simboleggia un uccellino che stia riferendogli qualcosa all’orecchio. Viene usato quando si spiattella un qualcosa di delicato riguardo a qualcuno ma non si vuole spiegare chi sia la fonte.
In Medio Oriente, agganciare i mignoli muovendo le braccia lateralmente avanti e indietro come si segasse qualcosa è riferito a persone che stiano disputando tra  loro con alterne fortune.
Nei Paesi Arabi invece e soprattutto tra i bambini di quei posti, separare bruscamente i mignoli agganciati sta a significare l’intenzione di porre fine a un’amicizia.

c ) Riferimenti bibliografici

Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A.
Samy Molcho, I linguaggi del corpo, Como I997, Lyra Libri
Desmond Morris, I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A




[1] Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A.
[2] Samy Molcho, I linguaggi del corpo, Como I997, Lyra Libri