Super-Io, doppia vita, perdono e insoddisfazione
Altro elemento
fondamentale del processo della formazione reattiva e quindi della personalità
del nostro Perfezionista è il forte critico interno ( super-Io ), che il tipo 1
sviluppa in seguito alle reprimende patite e che è possibile definire come “ la
coscienza dei propri doveri “.
Secondo la
Palmer infatti, allorquando i
desideri risibili diventino pressanti il critico interno : << ..
Impedisce di prendere consapevolezza delle emozioni inaccettabili. Se i
desideri profondi traboccano dall'inconscio, il critico minaccerà
immediatamente una punizione per impedirlo. Ogni minimo errore assume così
proporzioni spaventose. L'attenzione è calamitata continuamente dagli sbagli e
dalle opportune misure correttive. .. >>.
L’autrice lo paragona a una sorta di : << ..
Sorvegliante interiore .. >>, che, assoggettando : << ..
Continuamente l’individuo a un’accusa
interiore che la maggior parte delle persone si rivolgerebbe solo se avesse
commesso un serio crimine .. >>, gli fa : << .. Differire il
piacere .. >>, a dopo aver compiuto il proprio dovere. Ciò per altro,
procurandogli un grande senso
d’integrità, glielo fa parere come : << .. La parte migliore e più
elevata del suo pensiero. .. >>.
L’estenuante
tensione cui il Super-Io assoggetta il nostro 1 e che lo rende irritabile
nonostante l’aplomb, viene meno quando il soggetto si sente a posto con la
coscienza. In questo caso infatti, sia il senso di malessere che la vocina
interiore spariscono, il nostro Tipo si rilassa e si sente a proprio agio.
Il fatto
tuttavia, prosegue la psichiatra, che le sue pulsioni istintive vengano
regolarmente frustrate perché meno importanti dei doveri, causa : << ..
Un’irritazione altrettanto cronica che ribolle sotto la superficie della
correttezza formale. .. >>. Ciò fa si che l’1 sia particolarmente
infastidito da persone gaudenti. Egli non può infatti stimare persone che non
facciano nulla per estirpare da sé voglie che siano ben poco edificanti.
Qualora
tuttavia la forza delle passioni lascive diventino incontenibili e questo è tipico
di momenti di debolezza oppure di personalità insicure, può capitare che l’1
divenga incapace di tenere a freno gli istinti. In questi casi il nostro Tipo,
onde salvare le apparenze e non cadere preda d’insopportabili critiche o
peggio, manterrà una facciata irreprensibile anche se in segreto si lascerà
andare a sfrenati divertimenti.
Del resto,
forse proprio perché è consapevole che lo sforzo necessario a mantenersi onesti
è così alto, il Perfezionista è particolarmente propenso ad accordare il perdono
a chi lo chieda sinceramente. La cosa infatti implica da parte del reo il
riconoscimento della colpa nonché la promessa d’impegnarsi a non ricadervi più
e quando ciò accade il Perfezionista vede spezzarsi le ragioni che lo rendono
così critico verso chi sbaglia, ossia l’acquiescenza del prossimo al “ male “.
La compulsione del Perfezionista a fare bene, fatto
che, come si è già detto, lo porta a tacitare qualunque pulsione possa
apparirgli risibile, implica pure “ l’amputazione “ di una parte della sua
personalità. L’annichilimento degli stimoli indesiderati infatti, porta al
disconoscimento di diverse sue potenzialità, nonché una sorta di pigrizia,
conseguenza appunto dello sforzo volto al tacitamento dei desideri e quindi a
un impoverimento spirituale.
Ciò significa,
spiega Naranjo[2]
: << .. Che nel suo atteggiamento
verso la vita c'è una perdita del senso dell'essere che ( .. ), si
manifesta come un’” inconsapevolezza dell'inconsapevolezza ' .. >>, e la
cosa, oltre a renderlo : << .. Particolarmente soddisfatto di sé ..
>>, comporta : << .. Un ottundimento psicologico .. >>.
Non solo. L’insoddisfazione inconscia
causata dal : << .. Senso di carenza o di “ povertà di spirito “ ..
>>, lo spinge a dare un senso alla propria vita e quindi a riempirla di
contenuti e valore, brigando affinché sia lui che gli altri divengano “
perfetti “.
Il voler fare
bene tuttavia, ovvero il cercar di diventare qualcosa che valga la pena essere
al fine di sentirsi “ ok! “, non significa affatto essere virtuoso ma sforzarsi
di esserlo e tra le due cose passa una bella differenza. Non è un caso che il
celebre psichiatra cileno citi il detto di Lao-Tse che recita : “ La virtù non si sforza di essere virtuosa, proprio per
questo è virtù “.
Inoltre, dire che : << .. Nel tipo Uno il
sostituto dell'essere è la virtù sarebbe troppo limitativo, perché a volte la
qualità della vita non è tanto di tipo moralistico quanto ' correttivo ' : una
buona corrispondenza fra il comportamento e un mondo di regole; oppure una
buona corrispondenza fra lo svolgersi della vita e un codice implicito o
esplicito. .. >>.
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