Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

lunedì 11 febbraio 2019

Segnali e comportamenti di rango




a ) Accessori e collaboratori domestici

Tanto per cominciare le scarpe solitamente sono di materiali e fattura pregiata. In genere poi sono lucidissime, tanto da far capire che chi le porta non svolge lavori manuali ed è sufficientemente ricco da perdere tempo e denaro per mantenerle linde.

Chi è davvero dominante poi tende ad essere particolarmente pulito e curato, tratto che richiede egualmente tempo e denaro ( saune, massaggi, ecc. ).

Ovviamente le auto dei benestanti sono di alta gamma. E’ quasi inutile ricordare che i modelli preferiti sono quelli al di fuori della portata dei meno abbienti o dai parvenu.

Avere a disposizione un’autista è un altro segno di potere e autorità reali, tanto è vero che i casi in cui persone altolocate decisero di spostarsi a piedi o in bicicletta per protestare contro l’inquinamento vennero ferocemente criticati dai colleghi di pari condizione. La ragione? Nonostante non si potesse certo affermare che le iniziative non fossero lodevoli, se si fossero generalizzate si sarebbe persa una importantissima occasione di mostrare la propria preminenza.

I ricchi sicuramente possiederanno diversi apparecchi telefonici, mobili e non, tutti di ultima generazione, ubicati e collegati strategicamente. Al di là di ciò comunque e, soprattutto in ufficio, il grande dirigente non ama digitare personalmente il numero in quanto trattasi di lavoro manuale che a suo avviso dev’essere svolto da personale di rango inferiore.
Di solito infatti è la propria segretaria a occuparsene. Altro particolare interessante : chi ha la posizione di maggior rilievo spesso fa in modo, quando non lo esige, che sia l’altro a chiamarlo cosicché sia costui che debba parlare con la sua segretaria e non lui.

Molto importante per i magnati è la servitù. In passato ve n’era in abbondanza ed era appannaggio anche di benestanti di grado inferiore. Oggi le persone disponibili a svolgere questo lavoro sono in numero molto minore, quindi agli occhi della gente hanno assunto un valore maggiore e chi ne ha a servizio figura come persona notevole.

Tanto più si è gerarchicamente importanti tanto meno ci si porta dietro borse portadocumenti piene di cartelle e fogli vari e questo perché si dà per scontato  che, quanto più si conta tanto più ci si debba occupare di questioni veramente importanti.
Al contrario a chi è più in basso nella scala sociale viene demandato il disbrigo delle faccende burocratiche, la tenuta e l’aggiornamento delle agende di lavoro, ecc. ovvero i compiti di routine. Chi è al vertice invece non porta assolutamente niente se non un segretario e magari un codazzo di altri collaboratori e guardie del corpo. Se fosse altrimenti infatti che preminenza assoluta avrebbe? Se dovesse portare tante borse da parere un facchino e magari dovesse pure gestirle dove troverebbe poi il tempo e l’attenzione per sviscerare i vitali problemi che ha in agenda?

Al personaggio preminente  poi è concesso mettersi comodo rispetto all’interlocutore. Da costui invece ci si aspetta che si disturbi o comunque mantenga una posizione condiscendente. Il capo quindi lo intratterrà rimanendo placidamente stravaccato su una comoda poltrona e con il sedile più alto rispetto quello dell’ospite, cosa che gli consentirà di guardarlo pure dall’alto al basso. E’ dunque normale, anche se si fa accomodare il sottoposto in un ampio e morbido sedile, che il superiore si sieda su uno più alto in modo da accentuare il disagio del subordinato.
Non è un caso che i sovrani si  facessero preparare degli scranni sopraelevati e ampi, impreziositi da stoffe, a volte da ori e pietre preziose ( troni ) che segnalavano la loro supremazia, sia mantenendo una postura rilassata, sia rimanendo più in alto degli altri.
Ovviamente a noi poveri mortali sarà difficile avere un colloquio con qualche sovrano e quindi provare sulla propria pelle quel senso di piccolezza e quindi d’inferiorità che l’ambiente sfarzoso e il trono sontuoso intendono incutere.  Senza andare tanto lontano tuttavia, qualcosa del genere ci può egualmente capitare nel mondo del lavoro quando siamo chiamati a colloquio da un qualche capo che rimane seduto su una poltrona dirigenziale dietro una grande scrivania mentre ci invita a occupare una poltroncina più bassa, quando non si tratti di una seggiola. Può capitare addirittura che, sapendo che l’interlocutore fumi, cerchi di metterlo maggiormente a disagio lasciando il portacenere a una certa distanza da costui in modo da costringerlo a intraprendere strani sforzi per poterlo raggiungere. A volte, tanto per rendere le cose ancor più difficili, il superiore può collocare la poltroncina destinata al sottoposto a una certa distanza dalla scrivania, in modo da farlo sentire ancor meno a proprio agio.
Diverso è invece il caso del capoufficio che si alzi e si segga accanto all’interlocutore, senza più farsi scudo della scrivania : in questo caso l’atteggiamento del superiore sarà senz’altro meno altezzoso e più benevolo.

b ) Comportamenti con gli altri denotanti un alto status

Solitamente chi entra senza bussare e si reca deciso fino alla scrivania dell’altro si comporta come un padrone di casa incurante della presenza degli altri. Si tratta di individui autoritari o sfacciati al punto da non considerare punto le esigenze degli altri che reputa come aventi poco più valore di un mobile. Il suo contrario è invece dato da colui che bussa e, nonostante venga invitato a entrare, si fermi a parlare sulla porta. Il suo disagio davanti a quell’ufficio e al suo occupante è massimo e ciò significa pure che probabilmente l’occupante è il suo capo. Tra questi due estremi esiste poi la posizione intermedia : colui che dopo essere stato invitato entra e si ferma a comunicare a metà stanza. Anche in questo caso il soggetto è a disagio rispetto a colui che risiede nell’ufficio, da cui se ne può concludere che quello sia il suo superiore ma ciò nonostante è giunto sino a quel punto e la cosa indica una maggior consapevolezza di sé rispetto al caso precedente.

Coloro che lascino la borsa sulla scrivania di un altro, o ci si appoggino o vi si siedano addirittura, o vi gettino sopra fascicoli di lavoro, avranno sicuramente confidenza con l’occupante che, in caso contrario, potrebbe aversela male in quanto un luogo datogli in gestione è stato trattato irrispettosamente e, dato che inconsciamente costui la recepisce come una propria appendice, ciò si riferisce pure a lui.
Non a caso un simile comportamento è tipico dei capi autoritari ed è spesso mal tollerato dai sottoposti che sentono violato il proprio spazio vitale nonché, a volte, la privacy. Sarebbe molto meglio avvisare del proprio arrivo anche solo tossendo e dando in mano a costui la documentazione che il superiore vuole che studi.

Una persona di vaglia che, come si è già detto, si sente superiore e quindi tiene a distanza chi non sia suo pari, o se non possa farlo mantenga un atteggiamento distaccato, si farà sicuramente desiderare se cercato da persone di rango inferiore e questo anche se i signori in questione avessero preso un appuntamento. Questo tra l’altro perché la persona importante, in quanto tale, sa giudicare, vivere e decidere al meglio e quindi i suoi consulti non possono che essere richiestissimi. Detto ciò è ovvio che non abbia tempo per le questioni da poco così come è scontato per noi, poveri tapini delle classi inferiori, queste attese vengono tollerate piuttosto bene. Anzi, dubiteremmo della capacità della persona desiderata se nella sua sala d’attesa non vi fossero altre persone e venissimo fatti entrare subito nel suo studio.
Non è un caso che sia ormai entrato nell’uso comune di professionisti, artigiani e quant’altro, di farsi attendere per darci a intendere che sono molto ricercati e quindi molto in gamba

Quando due animali si confrontano finisce che il più debole dei due si sdraia a terra mentre l’altro vi sale sopra. Con questo gesto vengono definiti una volta per tutte i loro rapporti gerarchici e terminano le ostilità. Fra gli uomini non accade la stessa cosa : o la tensione degenera in uno scontro fisico e allora vince il più forte e fortunato oppure, se uno dei due riconosce la supremazia dell’altro, tenderà a porsi nei suoi confronti in un modo che l’altro non lo avverta come pericoloso, ovvero facendosi tanto più piccolo e mostrando tanto maggior deferenza quanto più potente l’altro verrà avvertito  ( quindi a seconda del caso vi s’inchinerà davanti, oppure vi si genufletterà oppure vi si prostrarrà ).
Non è un caso che nel linguaggio comune ci si riferisca spesso ad aggettivi come “ elevato “ o “ altolocato “ per definire una persona fiera, sicura e vincente mentre con attributi come  “ basso “ s’intendono individui umili, gretti, subordinati. Così come non sorprenderà ricordare che chi non ha paura e vuole attirare la folla deve comunque sovrastarla per rendersi visibile mentre le divinità risiedono nei cieli. D’altronde chi riveste alti ruoli istituzionali o professionali tende a sedersi su una poltrona che gli faccia acquistare altezza rispetto agl’interlocutori.
Fare una graziosa riverenza nei confronti di un qualche personaggio aveva per le signore un significato simile al riconoscimento della propria inferiorità sociale così come il togliersi il cappello per gli uomini. Se non lo si porta, cosa ormai piuttosto comune al giorno d’oggi, ha lo stesso valore simbolico poggiare una mano al lato della fronte e poi scostarla, come se ci si scappellasse in segno di omaggio. Lo stesso vale per il saluto militare anche se soventemente, il copricapo o elmetto che sia, vuoi per ragioni legate alla sicurezza personale, vuoi a causa della rigida etichetta collegata all’uniforme, lo si lascia ben calcato in testa. 

Se in una serie di contesti la persona eminente s’interpone all’altro in tutta la propria altezza e alterigia, in altri può comportarsi in maniera completamente rilassata. E’ questo il caso di quando è in casa propria e s’intrattiene con l’interlocutore trascurando il rispetto di ogni formalità. Ciò significa che le regole di decoro e di rispetto a cui sono tenute le persone normali non valgono per quelli del suo ” calibro “. In alcune occasioni addirittura e soprattutto quando il proprio ruolo rispetto quello dell’altro sia molto elevato e l’altro si senta molto inferiore oppure speri d’ingraziarselo per ottenere qualche favore,  può comportarsi, nonostante si trovi nell’abitazione dell’altro, come se fosse nella propria.

c ) Riferimenti bibliografici

Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A.
Desmond Morris, L’uomo e i suoi gesti, Milano, V edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Desmond Morris, L'occhio nudo, Milano I edizione Oscar saggi Mondadori 2002, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.
Fabio Pandiscia, Comunicare bene, Francavilla al Mare 2009, Edizioni Psiconline S.r.l.
Allan e Barbara Pease, Perché mentiamo con gli occhi e ci vergognamo con i piedi?, Milano 5° edizione Sonzogno 2006, R:C:S: Libri S. p. A.











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