Visto che l’Epifania “ tutte le
feste se le porta via “ dobbiamo riabituarci a divenire preda di pensieri meno
allegri. Uno di questi è dato dallo spread, che altro non è se non la
variazione della differenza tra il rendimento di un titolo di Stato decennale
italiano e il rendimento del suo "gemello" tedesco. I suoi alti e
bassi così come si sono venuti a configurare hanno comportato un calo del valore
dei BTP in circolazione. Le nostre banche, che ne hanno quasi 400 miliardi in
cassaforte e che li hanno comprati quando il loro prezzo era molto più alto
registrano dunque una perdita secca elevata in fatto di valore patrimoniale e
redditività.
Seppur tralasciamo il discorso
che in questo modo lo Stato s’indebiterà ancor di più in quanto a fronte di un
prestito di tot euro pagherà tot più x d’interessi, non possiamo ricordare di
osservare che, come detto in Altroconsumo Finanza n. 1299 del primo gennaio
2019 : << .. Il rialzo dei rendimenti rende le banche meno solide ..
>>.
La Banca d’Italia infatti : << .. in un rapporto pubblicato in
queste settimane, la nostra Banca centrale ha calcolato che un aumento dell'1%
dei rendimenti dei BTp farebbe calare, in media, l'indice Ceti di uno 0,5% (0,4% per
le banche più grandi, addirittura 0,9% per le più piccole, ma il legame tra
dimensioni e rischio non è sempre univoco, ne è un esempio Mps). .. >>.
Non solo : << .. Ad aggravare la situazione c'è il fatto che, negli
ultimi mesi, le banche italiane sono tornate ad acquistare più BTp di quelli
rimborsati: se a febbraio ne avevano in bilancio per 345 miliardi, ad agosto
l'importo è risalito a 372 miliardi. È, almeno in parte, un effetto della
"fuga" degli investitori esteri: questi ultimi hanno oggi solo il 24%
del nostro debito pubblico (non era così basso da anni) e le banche di casa
nostra hanno dovuto mettersi una mano sul cuore, e l'altra sul portafoglio, per
stabilizzare il mercato con i loro acquisti. Morale, il rapporto tra titoli di
Stato e patrimonio, che era in calo da anni, è risalito al 93% ( .. ). ..
>>.
A peggiorare la situazione delle banche è il loro possesso, a giugno
2018, di almeno 225 miliardi di euro di crediti irrecuperabili. Sempre lo stesso
numero di Altroconsumo Finanza sopra citato ricorda che gli istituti di Credito
hanno compiuto notevoli sforzi per disfarsene, tant’è vero che nel 2015 questi
erano 350 miliardi, tuttavia non è che 225 miliardi di euro siano proprio
quisquilie.
Il fatto è, prosegue a dire l’autore dell’articolo, che : << ..
Questa pulizia di bilancio non è stata affatto
indolore: in buona parte, la diminuzione dei crediti "marci" è stata
ottenuta vendendo in blocco pacchetti da miliardi di crediti, magari a prezzo
da saldo pur di liberarsene e rispettare così le normative di vigilanza. E
questo ha significato enormi perdite per le banche, che in molti casi hanno
dovuto ripianarle con aumenti di capitale, cioè chiedendo altri soldi agli
azionisti. .. >>.
A quanto pare : << ..
L'ammontare dei crediti marci resta enorme: il 10,2% del totale dei prestiti
concessi, mentre in Europa questa percentuale è in media del 4%. Solo in Paesi
come Cipro e Grecia questa percentuale è più alta della nostra (intorno al
30%), ma visti i guai di queste due economie, non è certo un confronto lusinghiero
.. >>.
Abbiamo banche dunque con
sofferenze tali da porle agli ultimi posti in Europa come solidità e se questo
può fare un baffo a chi pensi che sono cattive e ingorde, eccetera, è anche
bene ricordare quanto strillavano i correntisti e i detentori di titoli e
azioni quando qualcuna di queste è fallita.
Qualcuno si è suicidato, qualcun altro è divenuto, non per suo desiderio,
barbone e così via mentre i nostri politici promettevano interventi a loro
favore.
Pensiamo un poco che casino
monterebbe in Italia se i primi 3 o 4 Gruppi bancari fallissero e qualche
milione di italiani rimanesse di punto in bianco senza un euro e senza la
possibilità di ottenere crediti.
Ecco perché i Governi solitamente
“ aiutano “ le banche in difficoltà : questo è senza dubbio il male minore
rispetto al loro fallimento e alla crisi sociale che causerebbero.
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