Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

giovedì 23 agosto 2018

Sulle parrucche




Jefferson Dobberly sedeva davanti alla finestra che si apriva nella quarta parete. I raggi del sole tagliavano in sbieco la stanza dietro la testa calva dell'avvocato. La polvere danzava nel sole e sopra la sua testa. Altri libri, ammucchiati sulla scrivania, formavano una specie di barriera tra lui e Kling. Kling era seduto di fronte all'avvocato e lo guardava. Dobberly era alto, magro, con acquosi occhi celesti. La bocca, contornata da una ragnatela di rughe, si muoveva in continuazione, quasi che lui fosse sempre sul punto di sputare e non trovasse mai il posto per farlo. Quella mattina, nel radersi, si era tagliato. Il taglio gli scendeva dalle basette fino a metà guancia. E le basette erano in pratica tutto quanto gli restava dei capelli. Pochi ciuffi di peli bianchi nella resa che precedeva il crollo definitivo. Jefferson Dobberly aveva 53 anni e ne dimostrava 70.

Da : “ QUI, 87° DISTRETTO “ di ED MC BAIN

a ) Le parrucche fino al loro apogeo

Oltre ai sistemi chirurgici e chimici ci sono modi più semplici per mascherare le calvizie : o si usa un copricapo o se si ha ancora qualche capello lo si lascia crescere e lo si riporta sulla zona glabra per coprirla oppure s’indossa una parrucca o un toupet.
Si ha traccia dell’uso di parrucche fin da almeno 5000 anni fa e si sa che ne fecero uso praticamente tutti i popoli antichi. Solo gli schiavi non ne potevano portare e nell’antico Egitto era tradizione che i faraoni e le loro famiglie si rasassero la testa e nelle occasioni cerimoniali si mettessero parrucche speciali, fatte con capelli umani, fibre vegetali, e cera d’api.
Le donne romane di alto lignaggio non si radevano il capo ma an­che loro amavano indossare fantasiosi posticci, almeno sino a quando l’abitudine di farsele fare con i capelli dei popoli conquistati soppiantò l’uso di quelli finti.  Le prostitute romane invece erano obbligate per legge a portare chiome artificiali di colore giallo, in modo che si distinguessero dalle persone per bene.
Gli uomini dell’antica Roma, come quelli di oggi, le usavano soltanto per nascondere eventuali difetti dei capelli veri e cercavano di tenere la cosa segreta.
I vescovi della Chiesa cristiana primitiva si rifiutavano di benedire i fedeli ponendo loro le mani sul capo se ciò significava toccare capelli che forse erano cresciuti sulla testa di un pagano. Ben presto poi pure le fluenti chiome femminili vennero considerate come una tentazione del demonio e nel Medioevo le donne dovettero nascondere le chiome sotto cuffie aderenti.
Le parrucche tornarono in auge nel rinascimento so­prattutto perché i cosmetici dell'epoca danneggiavano in mo­do tale la pelle e i capelli da richiedere una pesante copertura. La loro consacrazione definitiva però l’ebbero quando la Regina Elisabetta I d’Inghilterra cominciò ad adoperarle per nascondere la sua rada capigliatura e allorché Enrico III di Francia, che aveva perso i capelli in seguito a tinture con preparati nocivi, fu costretto a portare un berretto di velluto con ciocche di capelli cucite all’interno. Fu allora che le dame e i cortigiani cominciarono ad emularli e a metà del diciassettesimo secolo si potevano ammirare in tutta l’Europa grandi parrucche arricciolate.
La Chiesa cristiana venne presa in contropiede dal fenomeno e rimase profonda­mente divisa sulla questione, al punto che spesso preti “ ortodossi “ ( ovvero contrari ad aggiunte artificiali ) si accapigliarono nelle sacrestie per  strappare le parrucche dal capo dei loro colleghi più alla moda.
A un certo punto si ebbe notizia di ben 110 tipi diversi di parrucche per uomini, la più alta delle quali era la parrucca Macaroni, imbottita con crine di cavallo e alta circa mezzo metro e, com’è facile da immaginare, soltanto i nobili più ricchi potevano permettersi quelle più elaborate e grandi.
Date le loro dimensioni erano così scomode che spesso, quando si era tra amici, venivano tolte per grattarsi la testa, lavarle o semplicemente riposare. A chi le portava inoltre conveniva rasarsi o tenere i capelli cortissimi.
Del resto, in un’epoca dove la pulizia era un optional il portarla faceva sudare e quindi costringeva a toglierla per rinfrescarsi. I proprietari poi potevano cambiarle a seconda dell’umore o della circostanza e inviarle al parrucchiere senza che il proprietario dovesse muoversi di casa. Esse inoltre potevano venire usate per alterare la propria fisionomia e quindi consentire al proprietario di andarsene in giro in incognito.
Le parrucche femminili nel XVIII secolo invece giunsero a essere alte  più di 75 centimetri e furono pesantemente decorate. Fu necessario adeguare le porte di casa e l’altezza delle carrozze perché le matrone potessero entrarvi senza toglierle e furono studiati speciali supporti per il letto, in modo che le grandi dame potessero disten­dersi e riposare senza levarsele. All'Opéra di Parigi le parrucche erano permesse soltanto nei palchi; altrove, avrebbero oscurato il palcoscenico.
Una signora alla moda passava quasi mezza giornata a erigere la sua parrucca e poi la teneva anche a letto per una settimana, appoggiata a speciali sostegni. Per farle venivano utilizzati anche i capelli veri causando gravi problemi di parassiti e un grande uso di manine d’avorio per grattarsi la testa.
Solo i mariti più ricchi e blasonati potevano permettere che le proprie mogli girassero con trappole del genere e così, proprio come per gli uomini, la ricchezza della parrucca indossata era indicativa del proprio status sociale.

b ) Le parrucche dopo la Rivoluzione francese
 La Rivoluzione Francese mise fine alla moda delle parrucche, vuoi sterminando i nobili ch’erano fautori di quell’accessorio, sia imponendo costumi più semplici e in linea con il carattere popolare dei rivoltosi. Anche la conquista dell’Indipendenza degli Stati Uniti d’America portò a un netto rifiuto da parte dei suoi abitanti di quel tipo di trabiccoli. Tanto per cominciare infatti quelli erano un accessorio in voga fra gli odiati inglesi e come tali rifiutati dai coloni americani. In secondo luogo questi uomini rudi che avevano a che fare con un territorio stupendo ma selvaggio, non avrebbero certo potuto permettersi affari così costosi e poco pratici.
A poco a poco quindi e grazie anche allo sviluppo di ceti operai, commercianti e artigiani, presero piede gusti più semplici e le parrucche, tranne in pochi casi, non conobbero più sfarzi tanto esagerati.
Vi fu infatti un parziale ritorno in auge di parrucche “ strane “, negli anni cinquanta quando in America furono inventati i capelli sintetici. Ciò ovviamente fece crollare il costo di fabbricazione delle parrucche rendendole accessibili a tutte le tasche e furono le donne ad approfittarne. Erano del resto gli anni del boom economico e della fiducia infinita nelle possibilità di progresso e così nacque un gusto “ modernista “ che mostrava di preferire tutto ciò che era nuovo, compresi colori, forme e materiali insoliti.
Un tale orientamento interessò dunque pure le parrucche e si videro donne infilarsi in testa cose assolutamente improbabili. Gli uomini invece, che spesso soffrono la caduta dei capelli come una perdita di sex appeal, furono da subito molto più interessati dal trapianto dei capelli o comunque dal nascondere la condizione considerata umiliante.
Come tutte le mode del resto, anche questo nuovo exploit di parrucche alquanto strane scemò ed esse tuttora sopravvivono nella loro forma più “ settecentesca “ solo nell’atmosfera arcaica dei tribunali e in teatro, mentre nella vita quotidiana hanno ormai un peso marginale, volto soprattutto a mascherare calvizie o difetti vari. Del resto, visto che lo scopo per cui vengono adoperate è quello di nascondere inestetismi, è ovvio che  debbano essere tanto realistiche da non parere tali. Altro vantaggio dell’indossarla è che può essere curata e pettinata in assenza del suo proprietario, uomo o donna che sia.
Non è detto tuttavia che in un prossimo futuro non vi possa essere un ritorno di fiamma delle parrucche più vistose. Da che mondo è mondo infatti le donne propendono per accessori che le rendano più “ visibili “ agli occhi maschili, che una volta notate, ne valuteranno istintivamente l’appetibilità. E visto dunque che determinati oggetti hanno una mera funzione di “ richiamo “ dell’attenzione maschile che poi valuterà a parte le qualità femminili, nulla toglie la possibilità di un ritorno di moda di qualche altro tipo di improponibile  parrucca.

e ) Riferimenti bibliografici

Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1° edizione 1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Desmond Morris, L’uomo e i suoi gesti, Milano, V edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.
Desmond Morris, L’animale donna,  Milano 1°  Edizione Oscar Saggi 2005, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A


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