Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

mercoledì 3 giugno 2020

L'indice


a ) Generalità

E’ il dito usato per indicare una direzione, ripartire i compiti, ammonire e sottolineare. Questo, sia perché e il più lungo della mano e in quanto tale emerge dagli altri soprattutto se sono richiusi su se stessi, sia in quanto i movimenti più autonomi gli consentono di rimanere teso senza affaticare più di tanto il suo proprietario.
Ciò fa si che i movimenti del dito accompagnino l’uomo con precisione ed energia  mentre organizza l’attività, dà indicazioni e sottolinea con enfasi ciò che va dicendo. Così facendo del resto attrae l’attenzione di chi ascolta sull’importanza del punto.
Data la funzione di questo arto dunque, si reputa che chi lo usa abitudinariamente sia un soggetto autorevole o comunque saccente. Puntare il dito contro terzi quindi è anche un fatto irritante in quanto è facilmente usato nei confronti di chi ha commesso un errore oppure a chi si dà ordini. La cosa ha un senso un poco più neutro ed è fonte di minori tensioni se lo si punta con una penna biro, la pipa o gli occhiali fra pollice e indice piegato. A volte chi parla fa dei buchi con l’indice, oppure può avvicinare la punta dell’indice al pollice dominante e poi con questo ‘becco appuntito’ dare ‘beccate’ su di noi o su un oggetto

b ) Segnali di minaccia

Agitare l’indice è considerato un gesto aggressivo a vuoto in quanto, effettuato durante una discussione accalorata, simbolizza un bastone, una lama o comunque un’arma con la quale si vorrebbe percuotere l’altro. È un gesto che piace molto agli insegnanti, ai politici e agli oratori molto autorita­ri.
Molto diffuso in tutto il mondo è pure il puntare l’indice verso l’interlocutore. Si tratta di un gesto egualmente aggressivo con l'indice che agisce co­me se fosse un bastone alzato e pronto a colpire. Data la sua valenza negativa che crea ansia in colui che ne è oggetto, si tende a insegnare ai bambini a non farlo. Secondo  Joe Navarro ( Non mi freghi!, Venezia 2010, Sonzogno di Marsilio Editori S.p.A. ), alcuni studi : <<  .. hanno dimostrato che un pubblico ministero dovrebbe evitare di indicare un impu­tato nel corso della dichiarazione di apertura. È un comporta­mento che ai giurati non piace perché, secondo loro .. >>, costui : << .. Non ha il diritto di segnare a dito finché non ha provato le sue accuse. È molto meglio fare gesti a mano aperta ( palmo all’insù ) nei confronti dell’’imputato. Solo una volta esposte le prove, nell’arringa finale, il pubblico mini­stero può permettersi di indicare il colpevole. .. >>.
Ne consegue che se s’impartisce un ordine puntando l’indice ma tenendo però il palmo gi­rato verso l’alto l’interlocutore non sente la richiesta come una prevaricazione ed eseguirà più vo­lentieri quanto gli viene richiesto.
Pare che in Olanda usi “ affilare “ un indice con un altro, quasi come se si stesse rendendo tagliente una lama per poter ferire più efficacemente l’altro. Ovvio che, se non si tratta di un atto scherzoso, è da valutare con una certa apprensione.
A quanto pare in Giordania e in Libano quando l'indice destro si infila in una «V» formata dalle dita della mano sinistra può voler dire : << Ti violento >>, oppure indicare una pugnalata simbolica. In entrambi i casi non si tratta di uno scambio di gentilezze.
In Italia mordersi simbolicamente la nocca dell'indice piegato significa che il soggetto è arrabbiato e fa a se stesso ciò che vorrebbe fare all'interlocutore.

c ) Segnali d’indicazione spazio-temporali

Quando qualcuno chiede dov’è un determinato posto viene spontaneo indicarglielo con l’indice se è vicino oppure, se è lontano, spiegargli come ci si arriva sempre indicando con l’indice la direzione da prendere. L’indicazione congiunta, verbale e gestuale, serve a completare il quadro chiarificatorio sul dove andare : come a dire che in tal modo si è fatto il possibile per far comprendere all’altro dove dirigersi.
Solo l’uomo è in grado di compiere simili segnali con le dita. Questi e altri gesti inoltre, allorché cominciammo a unirci in comunità e a cacciare, divennero particolarmente importanti per indicare silenziosamente ai colleghi dove posizionarsi, ordinare l’azione e coordinare le persone coinvolte in inseguimenti furtivi. Del resto data l’esperienza positiva avuta in questo contesto la cosa prese campo in altri contesti.
Alzare la mano, con il palmo rivolto verso il compagno e l'indice eretto, viene eseguito in un contesto formale allo scopo d’attirare l’attenzione dell’insegnante o del cameriere. Si tratta di un atto diffuso in tutto il mondo.
In contesti religiosi l'indice viene alzato alto in aria per indicare che quanto va affermando è conforme ai dettami di Dio. Anche in questo caso il gesto è diffuso in tutto il mondo.
Tipico dei paesi occidentali è l’alzare l’indice sopra la testa quando uno sportivo vince una competizione, a indicare d’essere il numero uno.
Leccando l'indice per poi tracciare un immaginario «1» nell'aria si mima il segnare i punti su un tabellone. E’ un gesto un po’ teatrale che viene spesso usato in Occidente per irridere  chi dava torto al punto di vista.

Si fa compiere all'indice rigido, tenuto orizzontalmente, una qualche rotazione con movimenti semi-circolari. per lasciar intendere che ci si vedrà più tardi. Secondo Desmond Morris (, I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A ) in questo modo : << ..  il dito descrive un movimento in avanti, come se voltasse le pagine del tempo, o seguisse il corso del sole. .. >>.
Se l’atto accompagna spiegazioni verbali può pure sottendere e facilitare la comprensione che l’incontro avvenga l’indomani oppure dopodomani. In questo caso tuttavia intero l’atto è ripetuto, dopo una breve pausa, una seconda volta, a significare che, passato il primo giorno ne seguirà un secondo prima che ci si veda.
Il fare cenno con l’indice piegandolo e distendendolo più volte, avendo il palmo della mano rivolto verso l'alto e tutte le altre dita chiuse, invita l’altro ad avvicinarsi. L’intento può essere sarcastico o malizioso.


d )  Insulti

Quando l'indice destro di un abitante dell’Arabia Saudita batte leggermente sulle punte delle dita dell’altra mano riu­nite a grappolo intende dire che quella persona ha almeno cinque padri, ovvero uno per dito visto che l'indice destro sta per il figlio. Non si tratta certo di un complimento visto che s’intende dire che sua madre è una  puttana.
Puntare perpendicolarmente l’indice di una mano sul palmo dell’altra è un insulto ebraico che suona così : « Sulla mia mano crescerà l’erba prima che quanto dici diventi vero».
Tipicamente italiano invece è l’unire pollice e indice a mò di O  con il palmo della ma­no rivolto verso l'alto e la mano che si muove diverse volte avanti e indietro tra chi compie l’atto e il suo interlocutore. Più spesso si fa lo stesso movimento con la punta del pollice poggiato sui polpastrelli delle altre dita ma il significato, piuttosto  irrisorio, è lo stesso, ovvero : << .. Che minchia vai dicendo? .. >>.
Spesso si uniscono pollice e indice a formare una O. La cosa può simboleggiare lo zero e quindi voler indicare che tizio o caio valgono meno di niente. Se si discorre con persone che con lo stesso gesto intendono far sapere che va tutto bene ( ok ), si possono creare equivoci più o meno assurdi.
In Sudamerica toccare la parte sotto al mento con la punta dell'indice mentre il viso adotta un'espressione dol­cemente sorridente, viene usato per insultare la virilità di un uomo facendo capire che «È effeminato.».
In Grecia, indice e medio puntati vengono spinti vigorosamente verso l'interlo­cutore, come per buttargli qualcosa in faccia. Si tratta di un gesto chiamato «Moutza-a-metà» che viene usato come forma di insulto grossolano per mandare all’inferno la persona invisa.
In Arabia Saudita può capitare di vedere che l'indice sinistro venga posto sotto una «V» rovesciata formata dall'indice e dal medio della mano destra. il gesto imita l'azione che si compie per ca­valcare e la «V» rovesciata rappresenta le gambe del fantino. Il significato dell'insulto è : «Ti cavalcherò come un asino».
In Inghilterra ( ma non solo ), il descrivere una O orizzontale con il pollice e con l’indice che si muove in alto e in basso indica che la persona in oggetto è capace di soddisfarsi sessualmente unicamente masturbandosi.
L’unire pollice e indice ad anello tenendolo orizzontale simboleggia un orifizio. Si tratta di un gesto molto antico che è stato addirittu­ra ritrovato in alcuni vasi dipinti risalenti alla Grecia antica. Anche se può riferirsi sia all’orifizio maschile che a quello femminile, oggi il gesto viene usato quasi sempre per sottolineare l’omosessualità o l’effeminatezza maschile. Pare che sia in uso in Germania, Sardegna, Malta, Tunisia, Grecia, Tur­chia, Russia, Medio Oriente e alcune parti del Sudamerica.
L'indice rigido viene inserito in un anello formato dall'altra mano stretta a pugno. Il dito viene poi mosso in su e in giù nell'apertura in modo ritmico, imitando così l'inserimento del pene nella vagina. Il gesto viene usato sia come azione volutamente oscena, sia come sfacciata richiesta di sesso.
Stesso significato ha il gesto, comune in Sudamerica, di spingere l'indice teso della mano destra contro la mano sinistra, in modo tale che vada a introdursi tra il pollice e l'indice sinistro.
In Egitto battere gl’indici uno contro l’altro viene inteso come : «Vieni a letto con me.». La ragione per cui questo gesto viene interpretato così sta nel fatto che in questa regione le dita rappresentano l'uomo e la donna che hanno un contatto sessuale.
Può capitare di vedere uno spagnolo tenere l'indice in basso con il pollice. Il gesto descrive il segno della croce formata dall'indice e dal pollice e implica che l'altro è così cattivo da indurre chi lo fa a richiamare la protezione divina contro di lui. Per chi comunque ha poca dimestichezza con la religione resta il fatto che chi è così indicato viene insultato in quanto spregevole.
Nel Galles, in Germania e in Austria può capitare di vedere un tizio che, davanti a un altro,  sfrega un indice contro l'altro, come per «tagliarlo». La cosa simboleggia il “ segare “ l’altro indice e potrebbe voler significare ciò che costui vorrebbe fare all’altro. Nel migliore dei casi indica che v’è dell’attrito.

e )  Segnali amichevoli

In Europa chiudere il pollice e l'indice a mò di O portandoli poi alle labbra, per baciarli prima e allontanarli poi, significa che ciò che si vede o si gusta è “ delizioso “. Non a caso si tratta di dare un bacio ( ovvero il segno umano di maggior gradimento accettato in pubblico ), alle dita della mano chiuse come se tenessero un qualcosa che in questo caso funge dall’oggetto o dalla persona gradita
Anche in questo caso il pollice e l'indice della mano formano una «O» verticale e come la maggior parte di questo tipo di gesti il suo significato trae origine dal cercare di far presa visiva sull’interlocutore circa la bontà della propria spiegazione. L’atto infatti mima il tenere in mano un qualcosa di piccolo ma prezioso o quanto meno curioso e così è invalso l’uso di adottarlo quando si vuole essere molto precisi nel discorso. Dato questo aspetto ne è conseguito, in alcune regioni, il segnalare un qualcosa di bello oppure fatto molto bene e, vista l’influenza che gli USA hanno conquistato, il loro OK, che aveva appunto questo significato è divenuto noto in tutto il mondo.
Nella maggior parte dei paesi arabi però questo significato non ha preso piede, soprattutto perché lì vi sono due al­tre versioni di questo gesto, una minacciosa e una oscena.
In Medio Oriente affiancare gli indici tenendoli premuti l'uno contro l'altro oppure sfregandoli leggermente, indica l’andare d’accordo. Nell’Africa del Nord lo stesso gesto significa essere molto amici.
Una variante avente lo stesso significato è usata in Arabia Saudita e consiste nel mostrare al compagno l'indice e il medio tenu­ti saldamente l'uno contro l'altro. L’amicizia in questo caso sarebbe dimostrata dalla vicinanza delle due dita.
Un altro atto significante amicizia e comune in tutto il mondo consiste nel tenere agganciati gli indici. In Marocco tuttavia vuol dire inimicizia. Per quanto stramba possa pare la cosa e ingenerare confusione in questa nazione agganciare gli indici indica attrito perché prima o poi le due dita dovranno sganciarsi.
Nei paesi cattolici si usa la mano pantea ovvero sollevata con il palmo rivolto in fuori, il pollice, l'indice e il medio tesi mentre le altre due dita sono piegate. E’ il tipico gesto con cui i prelati impartiscono le loro benedizioni e secondo alcuni le tre dita tese e unite simboleggiano la Santa Trinità. Altri aggiungono che le dita tese e unite immobilizzano la mano rendendole impossibile sia l'azio­ne di afferrare che di stringere e spingere. Si tratterebbe  dunque di un atto dal carattere già di per sé tranquillizzante visto che in ciò l’interlocutore non intravvede alcuna possibile minaccia; ma che viene esaltato dall’aggiungersi della valenza simbolica del divenire oggetto del favore divino.
In Arabia Saudita la falange media dell'indice piegato viene simbolicamente morsa a dimostrazione di quanto dispiaccia il comportamento tenuto. Si tratta dunque di una sorta di  autopunizione, da non confondere con il gesto di mordere l’indice che è un atto più minaccioso anche se controllato .

f )  Rimproveri

Pare che in America del Nord usi strofinare in su e in giù un indice contro l'altro. Un tale atto simboleggerebbe un attrito ed eseguito davanti all’interlocutore suonerebbe come un rimprovero. A me verrebbe da pensare che s’intenda  far capire all’altro che in quel contesto vi è della tensione ma Desmond Morris ( I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A ), la pensa diversamente.


g ) Ordini

Quando l'indice viene portato alle labbra e tenuto per un attimo in quella posizione è come se bloccasse simbolicamente la parola. Il gesto quindi invita perentoriamente al silenzio ed è conosciuto in tutto il mondo.
Una variante del portare l’indice alle labbra e tenervelo per un attimo per imporre il silenzio consta nell’ avvicinarlo alle labbra e poi soffiarvi sopra. Pare che in Arabia Saudita facciano così

h ) Indicazioni qualificative

In Italia, Medio Oriente e Sudamerica si usa, per indicare un qualcosa di molto piccolo, tendere l'indice orizzontalmente e appoggiare il pollice sulla prima falange. Più spesso però, per evidenziare meglio le piccole dimensioni della cosa si usa fare la stessa cosa con il mignolo.
Quando in Giappone l'indice viene tenuto brevemente piegato come se fosse “ agganciato “, s’intende far capire che si considera la persona in questione un ladro. Secondo Desmond Morris ( Desmond Morris, I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A ) : << .. Il gesto imita il comportamento di un ladro che porta via qualcosa a qualcuno .. >>, ma a dire il vero l’atto in se a me non dice proprio nulla.
Quando in Giappone si vede l’interlocutore battere insieme e rapidamente gli indici, significa che i rapporti fra coloro che si sottende sono tesi.
In Italia del Sud e in Grecia battendo un indice contro l’altro s’intende riferito a due sposati.
Quando uno spagnolo appoggia gli indici uno contro l'altro e poi li stacca­ bruscamente, muovendoli avanti e indietro vuole significare o rafforzare l’affermazione discorsiva che i due in questione sono nemici o comunque in disaccordo. Secondo Desmond Morris ( Desmond Morris, I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A ) pare che in spagnolo un tale gesto si chiami : “De punta “, ovvero : “ In disaccordo “.

In Giappone, se si uniscono pollice e indice a formare una O s’intende parlar di soldi e se si fa ciò mentre si discorre con persone che con lo stesso gesto intendono far sapere che va tutto bene ( ok ), si possono creare equivoci più o meno assurdi.
Se si uniscono pollice e indice a formare una O, tenendo però la mano orizzontalmente e si en­fatizza la cosa con uno o più brevi movimenti verticali della mano, s’intende che la cosa non solo va bene ( come con il gesto dell’ok ), ma è perfetta. Secondo Desmond Morris ( Desmond Morris, I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A ), si usa fare ciò in Sudamerica.
In Italia se qualcuno chiude il pollice e l'indice a mò di O ma questa è rivolta verso il basso, è probabile che si riferisca a una persona giusta e retta.
In Olanda e nel napoletano è in uso indicare una persona o una situazione molto bella o comunque deliziosa  chiudendo il pollice e l'indice a mò di O, tenendolo orizzontale e muovendo la mano lateralmente.

In Italia, paese cattolico per eccellenza, è in uso tracciare il segno della croce cristiana nell'aria con l'indice teso. L’atto mima il segno della croce e spesso si usa come un giuramento, ovvero a riprova che quanto si afferma è veritiero.
In Sudamerica gli indici vengono inanellati, con uno che spinge l'altro indietro. Si tratta di una variante degli indici agganciati, che però in questo caso viene compiuto da una perso­na sola invece che da due. L'inanellamento delle due dita simbo­leggia il potente legame tra un uomo e una donna che si sono sposati.
In Libano, Siria e Arabia Saudita, l'indice viene introdotto orizzon­talmente nella bocca, morsicato, quindi tol­to e scosso. Il gesto paia voglia significare che si è fortunati in quanto il dito «aggredito» è stato abbastanza favorito da «scappare».
Negare con l'indice teso movendolo da destra a sinistra e viceversa, ricorda lo scuotere la testa ed è usato con lo stesso significato negativo. Non è detto tuttavia che il rifiuto sia sempre netto. Spesso può avere un valore più scherzoso e quindi indicare che la persona è meno determinata a  mantenerlo.
Alcune tribù indiane del Nordamerica tengono l'indice leggermente curvo e viene puntato verso il basso. In questo modo  la mano compie il gesto verso il basso che di solito viene compiuto dalla testa., ovvero dicendo un bel no!
Sgan­ciare gli indici e allontanarli forzatamente rappresenta il contrario dell’unirli a gancio. Se in questo caso infatti si suole indicare l’unione fra due persone, lo sganciarsi implica marcare il fatto che il sodalizio è rotto. Esiste anche una variante con i mignoli al posto degli indici.
Tenere la punta dell'indice piegato tra le labbra mentre la perso­na pensa è la versione adulta del succhiarsi il pollice infantile e ha lo scopo di ricostruire quell’atmosfera così confortevole di cui il piccino poteva momentaneamente fruire.
Nei paesi arabi invece succhiarsi breve­mente l'indice teso e poi tirarlo via, sta a indicare che non si hanno più soldi.
Quando un hombre colombiano «sega» con l'indice destro la punta dell'indice sinistro teso, quasi a tagliarlo in due,
intende ripartire il ricavato a metà.
Non deve sorprendere se, nel mentre uno espone il proprio punto di vista, l’altro tenga l’indice teso o leggermente piegato sulle labbra, di traverso; la nocca all’incirca sopra l’apertura della bocca oppure prema il polpastrello sulle labbra. In entrambi i casi chi lo fa ha dei dubbi al riguardo a quanto affermato dall’altro ma non intende o non può manifestare un aperto dissenso.
L’origine del segno è nel respingimento infantile di un alimento sgradito oppure offerto da una persona invisa.
In Francia puntare l'indice di lato sotto il naso viene chiamato «Sous le nez» o semplicemente «Pfuit» e chi lo compie vuole far sapere che ha fatto tardi e non è riuscito a raggiungere un certo risultato.

i ) Riferimenti bibliografici

Giovanni Chimirri, I gesti che seducono, Milano I998, Giovanni De Vecchi Editore
Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A.
Giuseppe Maffeis, Guida pratica – Il linguaggio del corpo, Milano 2011, Edizioni Riza S.p.A.
Samy Molcho, I linguaggi del corpo, Como I997, Lyra Libri
Desmond Morris, I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Desmond Morris, L’uomo e i suoi gesti, Milano, V edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.
Desmond Morris, L'occhio nudo, Milano I edizione Oscar saggi Mondadori 2002, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.
Desmond Morris, L'animale uomo,  Milano 1994, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Joe Navarro, Ti faccio vedere io!, Venezia 2011, Sonzogno di Marsilio Editori in Venezia
Joe Navarro, Non mi freghi!, Venezia 2010, Sonzogno di Marsilio Editori S.p.A.
Marco Pacori, I messaggi segreti del corpo, Milano 2012, Giunti Editore S.p.A.


martedì 2 giugno 2020

Dai barbari all’Assolutismo francese





1 ) Premessa

Il fascino della storia sta nel fatto che la spiegazione delle ragioni scatenanti fatti passati, nonché la loro stessa evoluzione può essere presa a modello di come si dispieghino probabilmente quegli eventi odierni che inneschino reazioni sociali similari.
Non si tratta più dunque di interpretare il divenire dell’uomo sulla base di una serie di pretese leggi scientifiche che interpreterebbero l’intera esistenza umana, sistema che tra l’altro sta seguendo il relativo sfavore del pubblico conseguente al fallimento del punto di vista marxista, liberale e cattolico ma di riconoscere le ragioni umane che sottendono a specifici episodi e alla loro evoluzione, certi che i sopraddetti comportamenti si ripeteranno laddove si verifichino nuovamente determinate condizioni.
La Rivoluzione Francese del resto, cui seguirono un periodo di orribili massacri e un quindicennio di guerre tremende e che alla fine portò alla “ Restaurazione “, ovvero al ripristino di uno stato politico e sociale simile a quello antecedente a essa, può fornirci da sola molti preziosi insegnamenti. Nonché renderci più chiaro se tutto quel disastro abbia avuto davvero senso.
Ci aiuterà in questo percorso la monumentale opera di Hippolyte Taine, nato a Vouziers nel 1828 e morto a Parigi nel 1893, storico, filosofo e critico francese, ovvero le sue “ Origini della Francia contemporanea “.
Questa consta di tre libri e il primo, ovvero “ L’Antico Regime “ venne pubblicato nel 1876 ( Hippolyte Taine, Le origini della Francia contemporanea : l’antico regime, Milano 2008, Adelphi Edizioni S.p.A. ).
La ragione che mi spinge  a “ resuscitare “ l’opera sta nel fatto che una disanima precisa di un periodo complicatissimo come fu quello della Rivoluzione Francese può comunque rivelare aspetti dimenticati dalla storiografia moderna, che per sua natura è  portata a enfatizzare ciò che può apparire antesignano del moderno.
Non solo! Può anche aiutare a far capire meglio come vadano le cose del mondo alle nuove generazioni la cui conoscenza è come una   pagina bianca che man mano deve venire scritta.
Ogni nuova “ leva “ infatti acquisisce faticosamente quanto gli può servire per garantirsi le migliori condizioni di vita possibile. In questo senso la scuola, i genitori e le informazioni fornite dai media sono più che sufficienti e sta ai giovani apprenderle e applicarle ma ciò che non possono recuperare sono le esperienze che hanno fatto scattare nei padri e nei nonni quei meccanismi datici dai geni e ingenerato determinate scelte.
Vediamo dunque di cercare di chiarirle un poco!

2 ) La Chiesa  alfiere del popolo, dei valori religiosi e culturali occidentali

I barbari distrussero non solo le vestigia dell’Impero Romano ma praticamente tutto quel che trovarono. Si trattava di uomini selvaggi costretti a migrare a Occidente, vuoi per ragioni demografiche, vuoi forse per un peggioramento delle condizioni climatiche, senz’alcuna mira che non fosse la violenza volta a fini depredatori.
L’unica istituzione che non solo riuscì a resistere ma alla lunga a trarre partito da quei tristi avvenimenti fu appunto la Chiesa. Grazie alla sua organizzazione, alla determinazione dei sacerdoti indotta dalla sicurezza di essere i depositari della verità nonché alla detenzione del sapere e degli strumenti per accedervi, riuscirono a poco a poco a fare breccia nelle ataviche paure dei capi germanici, offrendo la speranza che il rispetto dei principali precetti cristiani e dei rappresentanti della Chiesa potesse bastare ad assolverli dalle rapine e dai delitti effettuati. Sapendo leggere e scrivere nonché conoscendo quanto di meglio la cultura greco-romana aveva prodotto poi, gli ecclesiastici divennero sempre più spesso consiglieri del governo. Ne seguirono donazioni e immunità a cui andarono aggiunte le ricchezze acquisite con il lavoro e la frugalità dei monaci. Spingendo poi la povera gente alla rassegnazione riguardo i mali terreni a fronte di un appetibile premio eterno, la tranquillizzarono rendendole più tollerabile l’esistenza ( e anche questo non fu cosa da poco : diede infatti a quelle persone indifese un minimo di speranza e quindi la voglia di tornare a fare e a credere nel futuro ). La cristianizzazione dei Germani inoltre operò nello stesso senso umanizzando il loro imperio : cosa che spinse a stabilizzare la residenza nei villaggi dove la gente poteva godere della protezione, vuoi civile, vuoi del clero locale e a indurla così al dissodamento di nuovi terreni.
La Chiesa dunque nel Medioevo giocò il ruolo fondamentale di stemperare la virulenza dei barbari, mantenere l’identità religiosa e culturale dell’occidente.

3 ) Superiorità dei gruppi militari stanziali sul nomadismo

La dissoluzio­ne dello Stato suscitò per contraccolpo una gene­razione militare che parallelamente al clero contribuì alla formazione della nazione medievale francese. Dapprima infatti ebbero la meglio bande di nomadi abituati a reperire le risorse necessarie alla propria sopravvivenza saccheggiando gl’insediamenti occupati sino a esaurirne ogni risorsa per poi spostarsi verso lidi più prosperosi. A poco a poco però, figure locali di spicco cominciarono a divenire il perno di altrettante bande decise a difendere il territorio e le sue risorse. Non che costoro fossero più umani dei barbari ma la decisione di radicarsi nel proprio villaggio e proteggere se stessi, la comunità e le sue risorse calamitò le energie dei villici che furono ben contente di cedere a questi quanto serviva ad armare e mantenere il capo e il suo piccolo esercito pur di aver salva la vita e di che sostentarsi.  ( << .. «Non essere ucciso» dice Stendhal « e avere un buon abito di pelliccia per l’inverno, era questa, per molta gente, la mag­gior fortuna nel decimo secolo »; aggiungiamoci, per una donna, quella di non essere violentata da tutta una banda; quando ci si figuri un po’ netta­mente la condizione degli uomini in quei tempi, si capisce come essi abbiano potuto accettare vo­lentieri i peggiori diritti feudali .. >> ).
Vennero a fondersi così gli elementi necessari a contrastare con successo un avversario abituato al mero depredamento, ovvero la costituzione di un  piccolo esercito professionale che potesse contare sul favore della popolazione locale. I residenti del resto, rassicurati dalla presenza dei nuovi difensori tornarono al lavoro con rinnovato vigore e ciò permise  la necessaria ripresa economica della zona, cosa che poteva garantire ad libitum il sostentamento di quei militari e dei suoi capi nonché l’edificazione delle necessarie opere di difesa e le  infrastrutture.

4 ) I nobili sono dei piccoli sovrani che hanno dovuto cedere al Re parte delle proprie prerogative

Il re francese per vincere le mire papali nel 300, l’avanzata inglese nel 400 e quella spagnola del 500 ebbe bisogno di rafforzare il proprio imperio e la cosa avvenne riducendo a proprio vantaggio l’autorità della nobiltà.
Ciò non significa che la abolì bensì che fece proprie le potestà collidenti con le sue necessità. Alla nobiltà infatti vennero lasciate le enormi ricchezze che : << .. Sono le vestigia del regime feudale; ( .. ). Nel ve­scovo, nell’abate o nel conte, il re ha rispettato il proprietario rovesciando il rivale, e nel proprie­tario sopravvissuto cento aspetti indicano ancora il sovrano distrutto o indebolito. .. >>.
D’altro canto poiché : <<  .. Il re sente che la proprietà feu­dale ha la stessa origine della sua, ha problemi morali a tassarla. Tant’è vero che  Luigi XIV, ha avuto degli scrupo­li quando l’estrema necessità lo ha costretto a sot­toporre tutti all’imposta della decima. Senza contare che dopo quattrocentocinquanta anni la taglia ha lasciato quasi intatta la proprie­tà feudale. .. >>.
In fondo : << .. In un tale regime, l’esenzione dalle imposte era un ultimo brandel­lo della sovranità, o almeno dell’indipendenza, di un tempo. Il privilegiato evita o respinge la tas­sa, non soltanto perché essa lo spoglia, ma anche perché lo umilia; è un segno di condizione ple­bea, vale a dire di antica servitù, ed egli resiste al fisco per orgoglio non meno che per interesse. .. >>.
Vediamo ora meglio in cosa consiste la sua residua sovranità
<< .. Un ve­scovo, un abate, un capitolo, una badessa ha il proprio dominio come un signore laico, perché un tempo il monastero e la Chiesa erano dei pic­coli Stati, come la contea e il ducato. .. >>.
Nel ‘700 essi sostituiscono il re e in quanto tali : << .. Hanno i suoi stessi diritti economici e onorifici. Sono quasi dei re delegati a vita, perché ricevono non soltanto tutto ciò che il re riceverebbe come signore, ma an­che una parte di ciò che riceverebbe come mo­narca. Per esempio, la casa d’Orléans percepisce le gabelle, vale a dire i diritti sulle bevande, sui lavori d’oro e d’argento, sulla fabbricazione del ferro, sugli acciai, sulle carte da gioco, la carta e l’amido, in breve, l’intero ammontare di una delle più pesanti imposte indirette. Non c’è da meravigliarsi se, così vicini alla condizione di sovrani, essi hanno come i sovrani un consiglio, un cancelliere, un debito consolidato, una corte, un cerimoniale domestico, e se l’edificio feudale riveste nelle loro mani lo scenario lussuoso e compassato che esso ha assunto nelle mani del re. .. >>.
Riguardo al nobile di minor lignaggio : << .. Egli è ancora, dicono gli intendenti, «il principale abitante»; è un principe che è stato a poco a poco spogliato delle sue funzioni pubbliche e ridotto ai suoi diritti onorifici ed economici, ma che resta principe.
In chiesa ha il proprio banco, e diritto alla sepoltura nel coro; i paramenti portano i suoi stemmi; gli viene dato l’incenso, « l’acqua be­nedetta per distinzione ». Spesso, avendo fondato la chiesa, ne è il patrono; sceglie il parroco, pre­tende di controllarlo; in campagna lo si vede an­ticipare o ritardare, a capriccio, l’ora delle messe parrocchiali. Se è titolato, è alto giustiziere, e in que­sto caso egli nomina il bailli, il cancelliere e le altre persone di legge e di giustizia, procuratori, notai, sergenti signorili, usceri a verga e a ca­vallo, che istruiscono il processo di prima istan­za in sede civile o in sede penale, o giudicano in suo nome. Inoltre, nomina un gruyer, cioè un giudice dei crimini forestali, e riscuote le am­mende che questo ufficiale infligge. Per i delin­quenti di diverse specie, ha la propria prigio­ne, talvolta le proprie forche. D’altra parte, co­me risarcimento delle spese di giustizia, rice­ve i beni del condannato a morte e quelli con­fiscati nel proprio dominio; succede al bastar­do nato e deceduto nella sua signoria senza testamento né figli legittimi; eredita dal regni­colo, figlio legittimo, deceduto in casa sua senza testamento né eredi apparenti; si appropria delle cose mobili, vive o inanimate, smarrite e di cui si ignora il proprietario; preleva un terzo o la metà dei tesori trovati, e sulla costa egli prende per sé i relitti dei naufragi; infine, ed era la cosa più fruttifera in quei tempi di miseria, diventa il possessore dei beni abbandonati che si è cessa­to di coltivare da dieci anni.
Altri vantaggi at­testano ancora più chiaramente che un tempo egli ebbe il governo del cantone. Tali sono in alcune regioni i diritti di pro­cura e di salvataggio che gli vengono pagati per ottenere la sua protezione generale; quelli di sorveglianza e di guardia che egli reclama per la sua protezione militare; la tassa che esige da coloro che vendono la birra, il vino o altre be­vande all’ingrosso o al dettaglio; il focatico, in denaro o in natura, che in parecchie consuetu­dini percepisce su ciascun fuoco, casa o famiglia; ecc.
Anche altri balzelli sono delle antiche imposte, come ad esempio i pedaggi che il re sopprime in quantità ma ne restano ancora molti a bene­ficio del signore. Parallelamente, in cambio della manutenzione degli edifici del mercato e della fornitura gratuita dei pesi e delle misure, egli preleva un diritto sulle derrate e le mercanzie portate alla sua fiera o al suo mercato. Avendo un tempo costruito il forno, il frantoio, il mulino, il macello, egli ob­bliga gli abitanti a servirsene o a rifornirvisi e demolisce le costruzioni che gli farebbero concor­renza.
Si dice che in diverse regioni vi sono ancora 1.500.000 uomini con ancora al collo un pezzetto del collare feudale; .. >>, e può : << .. Ancora esigere da dieci a dodici corvées all’anno e una taglia an­nuale fissa.
( .. ) Quanto alla proprietà del suolo, si vede ancor più chiaramente che un tempo egli la possedeva per intero. Nel distretto sottoposto alla sua giurisdi­zione, il dominio pubblico rimane suo dominio privato; ne fanno parte i sentieri, le strade e le piazze pubbliche; egli ha il diritto di piantarvi alberi, e di rivendicare per sé gli alberi che vi si trovano. In molte province, per il diritto di blairie, fa pagare agli abitanti il permesso di far pascolare il loro bestiame nei campi dopo il rac­colto e nei terreni incolti e abbandonati. I fiumi non navigabili sono suoi, come pure gli isolotti, gli apporti alluvionali e il pesce che vi si trova. Gode del diritto di cacciare su tutto il territorio della sua giurisdizione, tanto che si sono visti dei plebei costretti ad aprirgli il proprio parco cin­tato.

5 ) Bibliografia

Hippolyte Taine, Le origini della Francia contemporanea : L’antico Regime, Milano 2008, Adelphi Edizioni S.p.A.


lunedì 4 maggio 2020

Dondolarsi




Il farlo, sia da seduti, sia da in piedi può significare stati d’animo molto diversi.
Ci si può dondolare oscillando monotonamente il corpo avanti e indietro  quando si è annoiati, angosciati o in preda a un conflitto. In questo modo si lenisce il relativo disagio ripetendo oscillazioni ritmiche consolatorie ricordanti il battito cardiaco materno o, comunque, il venir cullati.
V’è poi il caso di chi si dondola avanti e indietro portando anche il peso su un’unica anca perché vuole andarsene ed è in attesa di cogliere il momento giusto per farlo senza apparire maleducato. Non ci si può confondere sulle intenzioni del soggetto : costui infatti rispetto al caso precedente è più energico e manifesta impazienza.
Dondolarsi in una sedia nel mezzo di una discussione e dando per di più chiari segni d’insofferenza indica il non vedere l’ora che l’altro finisca di parlare per poter dire la propria opinione, che, manco a farlo apposta, è contraria. E’ d’altronde ovvio che il comportamento poco condiscendente dell’interlocutore metta ansietà in chi parla che, se insicuro, cercherà di concludere più in fretta il suo discorso per vederla scemare ma se nervosetto, potrebbe attaccar lite.

a ) Riferimenti bibliografici

Milton Cameron, Gesti e atteggiamenti che parlano da soli, Vicenza 2004  1° edizione, Edizioni Il Punto d’Incontro
Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A.
Desmond Morris, La scimmia nuda, Milano 1968, Bompiani editore.
Angelo Musso, Ornella Gadoni, Giusy Musso, Il linguaggio segreto del corpo, Milano 2000 1° edizione, Gruppo Editoriale Futura SpA

Manipolare una ciocca di capelli



Il rigirarsi una ciocca di capelli tra le dita non ha un significato univoco. Se la donna è impegnata in una conversazione e mentre lo fa sorride guardando l’interlocutore indica che è interessata a costui al punto da offrirgli allo sguardo una parte di sé che da sempre è oggetto d’ammirazione. Se fa così quando è da sola è comunque  probabile che lo sguardo e la sua attenzione siano spersi in qualche pensiero o ricordo piacevole.

A volte però, se si vede che tira i capelli più che giocarci e fissa ciò che sta facendo senza fare attenzione a ciò che dice chi è con lei, segnala uno stato di tensione. E’ possibile che le avances dell’uomo, anche se desiderabile, l’abbiano imbarazzata perché troppo esplicite o che il discorso contenga critiche più o meno velate oppure sia scivolato su questioni che in qualche modo abbiano a che fare con frustrazioni irrisolte.
Nel caso in cui  il gesto sia riscontrabile quando la donna è da sola, oltre a tirare quei poveri ella guarderà in basso e da esso non trapelerà positività ma angoscia o comunque preoccupazione.
Il comportamento in questione pare che sia legato alla rassicurante abitudine infantile di toccare o stringere i capelli materni, quando il farlo, sia che ci si addormentasse o meno, era volto a mantenere il più a lungo possibile il legame  con la persona più importante della nostra vita. In età adulta, quando è sciolto il cordone ombelicale che ci teneva uniti alla famiglia, quella piacevole usanza, anche se non può più venire ripristinata per sedare l’agitazione causata da situazioni stressanti, viene in un qualche modo riprovata per mezzo di un sostituto : i propri capelli invece di quelli materni. Di sicuro non è la stessa cosa poiché la persona non ritroverà certo l’originaria sensazione rilassante ma d’altronde non ha molta altra scelta.

a ) Riferimenti bibliografici

Giovanni Chimirri, I gesti che seducono, Milano I998, Giovanni De Vecchi Editore
Anna Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo, Casale Monferrato, II Edizione 2000, Edizioni Piemme S.p.A.
Marco Pacori, I messaggi segreti del corpo, Milano 2012, Giunti Editore S.p.A.
Marco Pacori, Come interpretare i messaggi del corpo, Milano 2002, DVE ITALIA S.p.A.

domenica 12 aprile 2020

Sulle nocche


 
In Medio Oriente stringere la mano a una donna accarezzandole le nocche con il pollice è considerato una sorta di “ esplorazione “ dell’interesse della signora nei confronti di quel maschio e ciò dato che il pollice in questo caso è inteso, e si spera che venga egualmente avvertito, come una specie di fallo.
Presso le culture arabe è invece usato baciarsi le nocche della mano destra e poi ruotarla in modo tale che il palmo sia ri­volto verso l'alto, gli occhi al cielo. Il gesto simboleggerebbe l’invio di un segno di amore alla Divinità.
In Turchia invece colpire le nocche di una mano col pugno dell’altra indica il voler sfidare l’interlocutore.
Nel Regno Unito e in Olanda è in uso toccare con la mano qualsiasi superficie di  legno a titolo di scongiuro dicendo nel contempo : << Tocco legno >>. In molti altri paesi, compreso l’Italia lo stesso effetto si pensa sia ottenibile toccando un qualunque oggetto di metallo e questo, sia per il valore e la resistenza di quel materiale, sia perché questa sostanza si ottiene trasformando una materia grezza in una maniera che in passato aveva una valenza magica, data la sua inspiegabilità razionale.
Nei paesi sopracitati invece è preferito il legno in quanto in tempi pagani si riteneva che il toccare gli alberi di noce, grazie alle radici che discendevano fin negli inferi, placasse la volontà degli spiriti maligni di distruggere per invidia quanto di buono accadeva a ogni singolo. I Cristiani modificarono la pratica imponendo agl’individui il tocco della croce cristiana onde ottenere la medesima protezione, mentre con il tempo, generalizzandosi l’uso e perdendosi la consapevolezza del suo significato originario, ci si abituò a credere che toccando qualunque tipo di legno si potesse scongiurare lo zampino malefico della malasorte nelle proprie vicende.
In Indonesia, a quanto pare è in uso appoggiare le nocche della mano sotto il mento e sfregarle in avanti, a significare che si attribuisce la colpa del malfatto all’altro.

b ) Riferimenti bibliografici

Desmond Morris, I gesti nel mondo,  Milano 1995, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A

Capitale



La parola «capitale» (da cui capitalismo) deriva dal latino caput: il capo di bestiame, il simbolo elementare della ric­chezza reale inciso sulle vecchie monete.

Giulio Tremonti, “ Mundus furiosus “, I edizione giugno 2016, Milano 2016, Mondadori Libri S.p.A.