Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

martedì 2 giugno 2020

Dai barbari all’Assolutismo francese





1 ) Premessa

Il fascino della storia sta nel fatto che la spiegazione delle ragioni scatenanti fatti passati, nonché la loro stessa evoluzione può essere presa a modello di come si dispieghino probabilmente quegli eventi odierni che inneschino reazioni sociali similari.
Non si tratta più dunque di interpretare il divenire dell’uomo sulla base di una serie di pretese leggi scientifiche che interpreterebbero l’intera esistenza umana, sistema che tra l’altro sta seguendo il relativo sfavore del pubblico conseguente al fallimento del punto di vista marxista, liberale e cattolico ma di riconoscere le ragioni umane che sottendono a specifici episodi e alla loro evoluzione, certi che i sopraddetti comportamenti si ripeteranno laddove si verifichino nuovamente determinate condizioni.
La Rivoluzione Francese del resto, cui seguirono un periodo di orribili massacri e un quindicennio di guerre tremende e che alla fine portò alla “ Restaurazione “, ovvero al ripristino di uno stato politico e sociale simile a quello antecedente a essa, può fornirci da sola molti preziosi insegnamenti. Nonché renderci più chiaro se tutto quel disastro abbia avuto davvero senso.
Ci aiuterà in questo percorso la monumentale opera di Hippolyte Taine, nato a Vouziers nel 1828 e morto a Parigi nel 1893, storico, filosofo e critico francese, ovvero le sue “ Origini della Francia contemporanea “.
Questa consta di tre libri e il primo, ovvero “ L’Antico Regime “ venne pubblicato nel 1876 ( Hippolyte Taine, Le origini della Francia contemporanea : l’antico regime, Milano 2008, Adelphi Edizioni S.p.A. ).
La ragione che mi spinge  a “ resuscitare “ l’opera sta nel fatto che una disanima precisa di un periodo complicatissimo come fu quello della Rivoluzione Francese può comunque rivelare aspetti dimenticati dalla storiografia moderna, che per sua natura è  portata a enfatizzare ciò che può apparire antesignano del moderno.
Non solo! Può anche aiutare a far capire meglio come vadano le cose del mondo alle nuove generazioni la cui conoscenza è come una   pagina bianca che man mano deve venire scritta.
Ogni nuova “ leva “ infatti acquisisce faticosamente quanto gli può servire per garantirsi le migliori condizioni di vita possibile. In questo senso la scuola, i genitori e le informazioni fornite dai media sono più che sufficienti e sta ai giovani apprenderle e applicarle ma ciò che non possono recuperare sono le esperienze che hanno fatto scattare nei padri e nei nonni quei meccanismi datici dai geni e ingenerato determinate scelte.
Vediamo dunque di cercare di chiarirle un poco!

2 ) La Chiesa  alfiere del popolo, dei valori religiosi e culturali occidentali

I barbari distrussero non solo le vestigia dell’Impero Romano ma praticamente tutto quel che trovarono. Si trattava di uomini selvaggi costretti a migrare a Occidente, vuoi per ragioni demografiche, vuoi forse per un peggioramento delle condizioni climatiche, senz’alcuna mira che non fosse la violenza volta a fini depredatori.
L’unica istituzione che non solo riuscì a resistere ma alla lunga a trarre partito da quei tristi avvenimenti fu appunto la Chiesa. Grazie alla sua organizzazione, alla determinazione dei sacerdoti indotta dalla sicurezza di essere i depositari della verità nonché alla detenzione del sapere e degli strumenti per accedervi, riuscirono a poco a poco a fare breccia nelle ataviche paure dei capi germanici, offrendo la speranza che il rispetto dei principali precetti cristiani e dei rappresentanti della Chiesa potesse bastare ad assolverli dalle rapine e dai delitti effettuati. Sapendo leggere e scrivere nonché conoscendo quanto di meglio la cultura greco-romana aveva prodotto poi, gli ecclesiastici divennero sempre più spesso consiglieri del governo. Ne seguirono donazioni e immunità a cui andarono aggiunte le ricchezze acquisite con il lavoro e la frugalità dei monaci. Spingendo poi la povera gente alla rassegnazione riguardo i mali terreni a fronte di un appetibile premio eterno, la tranquillizzarono rendendole più tollerabile l’esistenza ( e anche questo non fu cosa da poco : diede infatti a quelle persone indifese un minimo di speranza e quindi la voglia di tornare a fare e a credere nel futuro ). La cristianizzazione dei Germani inoltre operò nello stesso senso umanizzando il loro imperio : cosa che spinse a stabilizzare la residenza nei villaggi dove la gente poteva godere della protezione, vuoi civile, vuoi del clero locale e a indurla così al dissodamento di nuovi terreni.
La Chiesa dunque nel Medioevo giocò il ruolo fondamentale di stemperare la virulenza dei barbari, mantenere l’identità religiosa e culturale dell’occidente.

3 ) Superiorità dei gruppi militari stanziali sul nomadismo

La dissoluzio­ne dello Stato suscitò per contraccolpo una gene­razione militare che parallelamente al clero contribuì alla formazione della nazione medievale francese. Dapprima infatti ebbero la meglio bande di nomadi abituati a reperire le risorse necessarie alla propria sopravvivenza saccheggiando gl’insediamenti occupati sino a esaurirne ogni risorsa per poi spostarsi verso lidi più prosperosi. A poco a poco però, figure locali di spicco cominciarono a divenire il perno di altrettante bande decise a difendere il territorio e le sue risorse. Non che costoro fossero più umani dei barbari ma la decisione di radicarsi nel proprio villaggio e proteggere se stessi, la comunità e le sue risorse calamitò le energie dei villici che furono ben contente di cedere a questi quanto serviva ad armare e mantenere il capo e il suo piccolo esercito pur di aver salva la vita e di che sostentarsi.  ( << .. «Non essere ucciso» dice Stendhal « e avere un buon abito di pelliccia per l’inverno, era questa, per molta gente, la mag­gior fortuna nel decimo secolo »; aggiungiamoci, per una donna, quella di non essere violentata da tutta una banda; quando ci si figuri un po’ netta­mente la condizione degli uomini in quei tempi, si capisce come essi abbiano potuto accettare vo­lentieri i peggiori diritti feudali .. >> ).
Vennero a fondersi così gli elementi necessari a contrastare con successo un avversario abituato al mero depredamento, ovvero la costituzione di un  piccolo esercito professionale che potesse contare sul favore della popolazione locale. I residenti del resto, rassicurati dalla presenza dei nuovi difensori tornarono al lavoro con rinnovato vigore e ciò permise  la necessaria ripresa economica della zona, cosa che poteva garantire ad libitum il sostentamento di quei militari e dei suoi capi nonché l’edificazione delle necessarie opere di difesa e le  infrastrutture.

4 ) I nobili sono dei piccoli sovrani che hanno dovuto cedere al Re parte delle proprie prerogative

Il re francese per vincere le mire papali nel 300, l’avanzata inglese nel 400 e quella spagnola del 500 ebbe bisogno di rafforzare il proprio imperio e la cosa avvenne riducendo a proprio vantaggio l’autorità della nobiltà.
Ciò non significa che la abolì bensì che fece proprie le potestà collidenti con le sue necessità. Alla nobiltà infatti vennero lasciate le enormi ricchezze che : << .. Sono le vestigia del regime feudale; ( .. ). Nel ve­scovo, nell’abate o nel conte, il re ha rispettato il proprietario rovesciando il rivale, e nel proprie­tario sopravvissuto cento aspetti indicano ancora il sovrano distrutto o indebolito. .. >>.
D’altro canto poiché : <<  .. Il re sente che la proprietà feu­dale ha la stessa origine della sua, ha problemi morali a tassarla. Tant’è vero che  Luigi XIV, ha avuto degli scrupo­li quando l’estrema necessità lo ha costretto a sot­toporre tutti all’imposta della decima. Senza contare che dopo quattrocentocinquanta anni la taglia ha lasciato quasi intatta la proprie­tà feudale. .. >>.
In fondo : << .. In un tale regime, l’esenzione dalle imposte era un ultimo brandel­lo della sovranità, o almeno dell’indipendenza, di un tempo. Il privilegiato evita o respinge la tas­sa, non soltanto perché essa lo spoglia, ma anche perché lo umilia; è un segno di condizione ple­bea, vale a dire di antica servitù, ed egli resiste al fisco per orgoglio non meno che per interesse. .. >>.
Vediamo ora meglio in cosa consiste la sua residua sovranità
<< .. Un ve­scovo, un abate, un capitolo, una badessa ha il proprio dominio come un signore laico, perché un tempo il monastero e la Chiesa erano dei pic­coli Stati, come la contea e il ducato. .. >>.
Nel ‘700 essi sostituiscono il re e in quanto tali : << .. Hanno i suoi stessi diritti economici e onorifici. Sono quasi dei re delegati a vita, perché ricevono non soltanto tutto ciò che il re riceverebbe come signore, ma an­che una parte di ciò che riceverebbe come mo­narca. Per esempio, la casa d’Orléans percepisce le gabelle, vale a dire i diritti sulle bevande, sui lavori d’oro e d’argento, sulla fabbricazione del ferro, sugli acciai, sulle carte da gioco, la carta e l’amido, in breve, l’intero ammontare di una delle più pesanti imposte indirette. Non c’è da meravigliarsi se, così vicini alla condizione di sovrani, essi hanno come i sovrani un consiglio, un cancelliere, un debito consolidato, una corte, un cerimoniale domestico, e se l’edificio feudale riveste nelle loro mani lo scenario lussuoso e compassato che esso ha assunto nelle mani del re. .. >>.
Riguardo al nobile di minor lignaggio : << .. Egli è ancora, dicono gli intendenti, «il principale abitante»; è un principe che è stato a poco a poco spogliato delle sue funzioni pubbliche e ridotto ai suoi diritti onorifici ed economici, ma che resta principe.
In chiesa ha il proprio banco, e diritto alla sepoltura nel coro; i paramenti portano i suoi stemmi; gli viene dato l’incenso, « l’acqua be­nedetta per distinzione ». Spesso, avendo fondato la chiesa, ne è il patrono; sceglie il parroco, pre­tende di controllarlo; in campagna lo si vede an­ticipare o ritardare, a capriccio, l’ora delle messe parrocchiali. Se è titolato, è alto giustiziere, e in que­sto caso egli nomina il bailli, il cancelliere e le altre persone di legge e di giustizia, procuratori, notai, sergenti signorili, usceri a verga e a ca­vallo, che istruiscono il processo di prima istan­za in sede civile o in sede penale, o giudicano in suo nome. Inoltre, nomina un gruyer, cioè un giudice dei crimini forestali, e riscuote le am­mende che questo ufficiale infligge. Per i delin­quenti di diverse specie, ha la propria prigio­ne, talvolta le proprie forche. D’altra parte, co­me risarcimento delle spese di giustizia, rice­ve i beni del condannato a morte e quelli con­fiscati nel proprio dominio; succede al bastar­do nato e deceduto nella sua signoria senza testamento né figli legittimi; eredita dal regni­colo, figlio legittimo, deceduto in casa sua senza testamento né eredi apparenti; si appropria delle cose mobili, vive o inanimate, smarrite e di cui si ignora il proprietario; preleva un terzo o la metà dei tesori trovati, e sulla costa egli prende per sé i relitti dei naufragi; infine, ed era la cosa più fruttifera in quei tempi di miseria, diventa il possessore dei beni abbandonati che si è cessa­to di coltivare da dieci anni.
Altri vantaggi at­testano ancora più chiaramente che un tempo egli ebbe il governo del cantone. Tali sono in alcune regioni i diritti di pro­cura e di salvataggio che gli vengono pagati per ottenere la sua protezione generale; quelli di sorveglianza e di guardia che egli reclama per la sua protezione militare; la tassa che esige da coloro che vendono la birra, il vino o altre be­vande all’ingrosso o al dettaglio; il focatico, in denaro o in natura, che in parecchie consuetu­dini percepisce su ciascun fuoco, casa o famiglia; ecc.
Anche altri balzelli sono delle antiche imposte, come ad esempio i pedaggi che il re sopprime in quantità ma ne restano ancora molti a bene­ficio del signore. Parallelamente, in cambio della manutenzione degli edifici del mercato e della fornitura gratuita dei pesi e delle misure, egli preleva un diritto sulle derrate e le mercanzie portate alla sua fiera o al suo mercato. Avendo un tempo costruito il forno, il frantoio, il mulino, il macello, egli ob­bliga gli abitanti a servirsene o a rifornirvisi e demolisce le costruzioni che gli farebbero concor­renza.
Si dice che in diverse regioni vi sono ancora 1.500.000 uomini con ancora al collo un pezzetto del collare feudale; .. >>, e può : << .. Ancora esigere da dieci a dodici corvées all’anno e una taglia an­nuale fissa.
( .. ) Quanto alla proprietà del suolo, si vede ancor più chiaramente che un tempo egli la possedeva per intero. Nel distretto sottoposto alla sua giurisdi­zione, il dominio pubblico rimane suo dominio privato; ne fanno parte i sentieri, le strade e le piazze pubbliche; egli ha il diritto di piantarvi alberi, e di rivendicare per sé gli alberi che vi si trovano. In molte province, per il diritto di blairie, fa pagare agli abitanti il permesso di far pascolare il loro bestiame nei campi dopo il rac­colto e nei terreni incolti e abbandonati. I fiumi non navigabili sono suoi, come pure gli isolotti, gli apporti alluvionali e il pesce che vi si trova. Gode del diritto di cacciare su tutto il territorio della sua giurisdizione, tanto che si sono visti dei plebei costretti ad aprirgli il proprio parco cin­tato.

5 ) Bibliografia

Hippolyte Taine, Le origini della Francia contemporanea : L’antico Regime, Milano 2008, Adelphi Edizioni S.p.A.


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