Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

sabato 15 agosto 2015

Il Tipo 1 dell'Enneagramma, detto anche Perfezionista : nono paragrafo

E’ disciplinato, conservatore e indeciso


Il non essere stato accettato per quello che era e l’essere stato spinto a fare di più e meglio, ha comportato per il nostro Perfezionista il diventare disciplinato, ovvero il seguire i dettami dei superiori e il sapersi organizzare sapientemente al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati.
E dato che questi, onde tacitare gli scrupoli, vengono stilati sulla base del senso del dovere, egli sarà così severo con se stesso ( e qui è ravvisabile un certo qual masochismo così come nell’essere intransigente con il prossimo può riscontrarsi una punta di vendicatività ), da diventare inconsapevole del fatto di negarsi i piaceri e di bloccare le pulsioni istintuali. Tant’è vero che la cosa lo porta a essere talmente serio e lavoratore da preoccuparsi di fare qualcosa di buono ed educativo persino nel tempo libero.
Secondo Naranjo[1] pure il 6 ha un alto senso del dovere. Solo che l’1 è più fiducioso di sé, ha un minimo senso di colpa, non è tormentato, ricorre raramente alla psicoterapia e se lo fa è più per migliorarsi che per risolvere problemi esistenziali.
Il ruolo di guida e pungoli poi che i severi genitori dei futuri Perfezionisti assumono nei loro confronti, cosa che per altro glieli fanno diventare dei riferimenti obbligati in quanto modelli di vita, fa si che ai nostri moralisti l’esistenza dell’autorità paia assolutamente naturale e necessaria.
E’ da tener presente tuttavia, spiega Naranjo che il nostro tipo, data la sua  sete di “ giustizia “, è più colpito da : << .. L’autorità astratta delle norme o della carica .. >>, ( oggettive in quanto frutto di  ponderazioni profonde ), che da : << .. L’autorità concreta delle persone .. >>, ( fallibile o interessata ).
Ciò significa ch’egli non accetta il potere come un male minore ma ne diventa uno strenuo assertore e questo  perché lo fa stare bene sentirsi finalmente dalla parte di chi ha imperio.
Per costoro infatti, lo stare dalla parte delle istituzioni non significa solamente l’essere riconosciuti come persone a posto ma il sentirsi in diritto di scaricare l’aggressività imponendo agli altri le proprie norme comportamentali, eque o stolte che siano.
L’essere nel giusto quindi non fa loro  avvertire che in realtà ciò che fanno non è altro che una sorta di rivalsa nei confronti di un destino che a torto o a ragione li ha comunque costantemente penalizzati. Così facendo dunque non percepiscono l’egoismo e la rabbia che li anima e li spinge a esempio ad abbracciare un partito piuttosto che a essere solidali con il genere umano.
Per il perfezionista del resto il decidere, che è la prerogativa di quell’autorità giusta da loro tanto vagheggiata, risulta problematico in quanto non riesce a concepire risoluzioni sbagliate. In un caso del genere infatti ne andrebbero di mezzo gl’intenti morali che persegue da sempre, con le relative ricadute sull’autostima e la considerazione delle persone per bene.
Da un simile preambolo ne discende che quanto più le scadenze sono importanti o prossime tanto più diviene ansioso di evitare soluzioni che siano troppo abborracciate. Ciò significa il rimandare la scelta a quando creda di aver trovato la soluzione ideale.
La Palmer[2] al riguardo giunge a rilevare che quando il Perfezionista teme di dover fare scelte in base a un desiderio che gli altri potrebbero non approvare le sue : << .. Paure ingigantiscono .. >>, sino a : << .. Percepire critiche anche là dove non esistono. .. >>.
In simili casi, aggiunge l’autrice, invece di credere che : << .. Frasi innocue .. >>, celino : << .. Toni di condanna e macerarsi nella falsa sensazione che gli altri lo stiano segretamente giudicando .. >>, farebbe bene a : << .. Verificare realisticamente i suoi timori. .. >>.
Sylvie Tenenbaum e “ soci “[3] vanno oltre.  Poiché : << .. Il diritto di sbagliare viene perce­pito come un errore che non si possono permettere, le persone in base 1 sono talvolta portate a preferire un risultato mediocre ottenuto senza sforzo a un risultato buono ma necessariamente imperfetto .. >>, e che per di più : << .. Ri­chieda un investimento maggiore. .. >>. Per : << .. Queste persone .. >>, proseguono gli studiosi sopra citati, << .. A volte è meglio incrociare le braccia piuttosto che sbagliare ( .. ). Una giovane donna diceva: «Io non faccio le cose fin quando non le so fare!». .. >>.





[1] Claudio Naranjo, Carattere e nevrosi, Roma 1996, Astrolabio
[2] Helen Palmer, L’Enneagramma, Roma, 1996, Astrolabio
[3] Sylvie Tenenbaum, Dominique Laugero, Françoise Cavè, L’Enneagramma, Roma 2006, Edizioni Scientifiche Ma. Gi. srl

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