Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

sabato 12 maggio 2018

Calvizie



Prende a scartabellare nell'enorme rilegatura grezza dell'annata 1978 : ( .. ). Gruppi di scolari, ex combattenti con bandiere, quanti primi piani di teste a pera ( Lometto : << E il barbiere gli fa : " Gliela lavo o gliela  sbuccio ? >> )

Da : " VITA STANDARD DI UN VENDITORE PROVVISORIO DI COLLANT " di ALDO BUSI

a ) Un fenomeno spesso male accettato
Viene il momento in cui gli ormoni maschili cominciano a disattivare un certo numero di papille di bulbi piliferi, prevalentemente sul cocuzzolo della testa. In seguito a ciò i capelli prodotti da quelle cadono e non vengono più rimpiazzati. E’ l’inizio della calvizie.
Il fenomeno tocca una persona su cinque a partire dall’adolescenza anche se in questo momento è così lieve da passare inosservato. A 30 anni però, guardandosi allo specchio cominciano a vedersi i primi cambiamenti e a 50 anni, il 60 % circa dei maschi presenta discrete perdite di capelli anche se la percentuale è maggiore nella razza bianca. Pure le donne anziane perdono capelli, solo che nel loro caso la caduta non diventa quasi mai così generalizzata come nei maschi.
E’ a questo punto che ormai è nettamente delineata il tipo di calvizie di cui si è colpiti. V’è infatti la stempiatura che affonda verso il centro della testa lasciando una sottile striscia di capelli al centro; la chierica dove la perdita di capelli è concentrata sul sommo del capo; la fronte pelata che man mano conquista spazio verso l’interno e il cocuzzolo completamente nudo contenuto solo dai radi capelli laterali. Non è detto che si presentino solo queste tipologie poiché spesso sono commiste. L’unica cosa certa è che le differenze dipendono da fattori genetici e che pertanto i figli erediteranno la tipologia di calvizie paterna.
Possono stare tranquilli solo gli eunuchi, oppure chi non l’abbia nel proprio patrimonio genetico o comunque produca pochi ormoni maschili.
Anzi, essendo la pelata conseguenza di un alto livello di ormoni maschili ne deriva che quanto più essa è generale tanto maggiore sarà la pulsione sessuale dell’individuo ( tant’è vero che spesso è considerato più sexy dalle donne ). Il fatto è tuttavia che con l’avanzare dell’età e anche se in quantità minore dei colleghi capelloni, pure costoro perdono vitalità sessuale e a quel punto una testa calva indicherà unicamente che si è entrati in una fase di minor benessere fisico generale.
Secondo diversi studiosi il maschio anziano che perde i capelli recupera caratteri, quali la fronte alta e la peluria rada o mancante, che sono tipicamente infantili e che, in quanto tali, suscitano sentimenti protettivi. Desmond Morris (Desmond Morris, L’uomo e i suoi gesti, Milano, V edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. ), si domanda se la cosa non possa considerarsi come l’ennesimo caso di : << .. Mimesi infantile .. >>, ovvero dell’acquisizione di tratti tipici dei più piccini e che in quanto tali appunto, evocano negli adulti emozioni amorevoli.
Che poi oggi molti anziani o adulti con problemi di calvizie siano riluttanti a mostrare i propri capi glabri dipenderebbe dal fatto che, sia l’aspettativa di vita che le condizioni fisiche individuali sono molto migliorate e che quindi si preferisce nascondere un segnale indicante che si è entrati in una fase di minor benessere fisico generale.
E’ proprio questa la ragione che spinge molti uomini a nascondere la calvizie : se salute e giovinezza fanno il paio  con energia e potenza sessuale è ovvio che coloro che cercano di dare di sé una buona impressione, come gli uomini pubblici o dello spettacolo, cerchino di nascondere la pelatura e brigheranno per calare di chili. Ecco perché tante persone usano elaborati parrucchini oppure s’impegnano a riportare per benino i capelli laddove non ci sono più, oppure si mettono in testa originali copricapi. I più decisi poi cercano di risolvere il problema sottoponendosi ad antipatici trapianti, altri si accontentano di abbondanti applicazioni di minoxidil, farmaco che in origine era usato per contenere la pressione e che poi s’è visto che come effetto collaterale faceva crescere i peli, anche se radi, salvo poi ritrovarseli pure là dove non dovrebbero esserci.

b ) Tagliare la testa al toro, ovvero raparsi
Accanto a coloro che cercano disperatamente di nascondere il proprio deficit pilifero ve n’è una minoranza che si rapa a zero e ogni giorno bada a togliersi ogni capello in modo da rendere difficile capire se lo sono o “ ci fanno “. E’ il caso di monaci, orientali o non, criminali o lottatori. Una volta era caratteristico di molti sovrani  ma oggigiorno, a parte i monaci che lo fanno onde non peccare d’orgoglio davanti a Dio e per mostrare la loro assoluta dedizione alla realizzazione del disegno divino, rimane più che altro prerogativa di uomini dal carattere forte che disprezzano orgogliosamente il conformismo : si tratta comunque di personalità  dominanti e la loro vicinanza solitamente incute una certa inquietudine.
Tutt’altro paio di maniche invece è l’imporre a qualcuno di rasarsi. Visto infatti che la chioma fluente maschile  ha sempre significato forza e libertà, l’obbligare chicchessia a tagliarla è un’umiliazione. Non a caso è sostanzialmente praticata a prigionieri, schiavi o criminali, ovvero a personaggi obbligati a condurre una vita degradata. Desmond Morris al riguardo ( Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1° edizione 1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A ), parla di un : << .. Tipo lieve di mutilazione corporea in cui si è voluto vedere una forma simbolica di castrazione. … >>.

Non tutti comunque concordano nel ritenere la calvizie  una sorta di ritorno a fattezze infantili ispiratrici d’istinti più amorevoli proprio quando l’individuo, entrando in una fase di decadimento fisico e intellettuale, ne ha più bisogno. Tanto più poi che, al contrario, l’uomo non perde la barba che in realtà è prerogativa di mascolinità.
Secondo diversi studiosi invece, la perdita di capelli e il mantenimento della peluria sul mento sono interpretabili come indicatori dell’autorevolezza data dall’età, assieme al fatto che collera e determinazione generebbero un arrossamento maggiormente visibile della pelata. Anche questa tesi tuttavia, suscitando più perplessità di quante ne risolva, potrebbe invece rafforzare l’opinione di quanti pensano che la calvizie non debba per forza avere uno scopo particolare se non quello d’essere inscritto nei nostri geni.

c ) Riferimenti bibliografici
Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1986, Arnoldo Mondadori Editore.
Desmond Morris, L’uomo e i suoi gesti, Milano, V edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1° edizione 1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Allan & Barbara Pease, Perché gli uomini .. Perché le donne .. La bibbia del vivere in due,  Milano 2006, RCS Libri S. p. A.


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