Prende a scartabellare
nell'enorme rilegatura grezza dell'annata 1978 : ( .. ). Gruppi di scolari, ex
combattenti con bandiere, quanti primi piani di teste a pera ( Lometto :
<< E il barbiere gli fa : " Gliela lavo o gliela sbuccio ? >> )
Da : " VITA STANDARD DI UN VENDITORE PROVVISORIO DI COLLANT " di ALDO BUSI
a ) Un fenomeno spesso male accettato
Viene
il momento in cui gli ormoni maschili cominciano a disattivare un certo numero
di papille di bulbi piliferi, prevalentemente sul cocuzzolo della testa. In
seguito a ciò i capelli prodotti da quelle cadono e non vengono più
rimpiazzati. E’ l’inizio della calvizie.
Il
fenomeno tocca una persona su cinque a partire dall’adolescenza anche se in
questo momento è così lieve da passare inosservato. A 30 anni però, guardandosi
allo specchio cominciano a vedersi i primi cambiamenti e a 50 anni, il 60 %
circa dei maschi presenta discrete perdite di capelli anche se la percentuale è
maggiore nella razza bianca. Pure le donne anziane perdono capelli, solo che
nel loro caso la caduta non diventa quasi mai così generalizzata come nei
maschi.
E’ a
questo punto che ormai è nettamente delineata il tipo di calvizie di cui si è
colpiti. V’è infatti la stempiatura
che affonda verso il centro della testa lasciando una sottile striscia di
capelli al centro; la chierica dove
la perdita di capelli è concentrata sul sommo del capo; la fronte pelata che man mano conquista spazio verso l’interno e il cocuzzolo completamente nudo contenuto
solo dai radi capelli laterali. Non è detto che si presentino solo queste
tipologie poiché spesso sono commiste. L’unica cosa certa è che le differenze
dipendono da fattori genetici e che pertanto i figli erediteranno la tipologia
di calvizie paterna.
Possono
stare tranquilli solo gli eunuchi, oppure chi non l’abbia nel proprio
patrimonio genetico o comunque produca pochi ormoni maschili.
Anzi,
essendo la pelata conseguenza di un alto livello di ormoni maschili ne deriva
che quanto più essa è generale tanto maggiore sarà la pulsione sessuale
dell’individuo ( tant’è vero che spesso è considerato più sexy dalle donne ).
Il fatto è tuttavia che con l’avanzare dell’età e anche se in quantità minore
dei colleghi capelloni, pure costoro perdono vitalità sessuale e a quel punto
una testa calva indicherà unicamente che
si è entrati in una fase di minor benessere fisico generale.
Secondo diversi studiosi il maschio anziano che
perde i capelli recupera caratteri, quali la fronte alta e la peluria rada o
mancante, che sono tipicamente infantili e che, in quanto tali, suscitano
sentimenti protettivi. Desmond Morris (Desmond
Morris, L’uomo e i suoi gesti,
Milano, V edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. ), si domanda se la
cosa non possa considerarsi come l’ennesimo caso di : << .. Mimesi infantile
.. >>, ovvero dell’acquisizione di tratti tipici dei più piccini e che in
quanto tali appunto, evocano negli adulti emozioni amorevoli.
Che poi oggi molti anziani o adulti con problemi di
calvizie siano riluttanti a mostrare i propri capi glabri dipenderebbe dal
fatto che, sia l’aspettativa di vita che le condizioni fisiche individuali sono
molto migliorate e che quindi si preferisce nascondere un segnale indicante che
si è entrati in una fase di minor benessere fisico generale.
E’
proprio questa la ragione che spinge molti uomini a nascondere la calvizie : se
salute e giovinezza fanno il paio con
energia e potenza sessuale è ovvio che coloro che cercano di dare di sé una
buona impressione, come gli uomini pubblici o dello spettacolo, cerchino di
nascondere la pelatura e brigheranno per calare di chili. Ecco perché tante
persone usano elaborati parrucchini oppure s’impegnano a riportare per benino i
capelli laddove non ci sono più, oppure si mettono in testa originali
copricapi. I più decisi poi cercano di risolvere il problema sottoponendosi ad
antipatici trapianti, altri si accontentano di abbondanti applicazioni di
minoxidil, farmaco che in origine era usato per contenere la pressione e che
poi s’è visto che come effetto collaterale faceva crescere i peli, anche se
radi, salvo poi ritrovarseli pure là dove non dovrebbero esserci.
b ) Tagliare la testa al toro, ovvero raparsi
Accanto a coloro che cercano
disperatamente di nascondere il proprio deficit pilifero ve n’è una minoranza
che si rapa a zero e ogni giorno bada a togliersi ogni capello in modo da
rendere difficile capire se lo sono o “ ci fanno “. E’ il caso di monaci,
orientali o non, criminali o lottatori. Una volta era caratteristico di molti
sovrani ma oggigiorno, a parte i monaci
che lo fanno onde non peccare d’orgoglio davanti a Dio e per mostrare la loro
assoluta dedizione alla realizzazione del disegno divino, rimane più che altro
prerogativa di uomini dal carattere forte che disprezzano orgogliosamente il
conformismo : si tratta comunque di personalità
dominanti e la loro vicinanza solitamente incute una certa inquietudine.
Tutt’altro paio di maniche invece
è l’imporre a qualcuno di rasarsi. Visto infatti che la chioma fluente
maschile ha sempre significato forza e
libertà, l’obbligare chicchessia a tagliarla è un’umiliazione. Non a caso è
sostanzialmente praticata a prigionieri, schiavi o criminali, ovvero a
personaggi obbligati a condurre una vita degradata. Desmond Morris al riguardo
( Desmond Morris, Il nostro corpo, Milano 1° edizione
1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A ), parla di un : << .. Tipo
lieve di mutilazione corporea in cui si è voluto vedere una forma simbolica di
castrazione. … >>.
Non tutti comunque concordano nel ritenere la
calvizie una sorta di ritorno a fattezze
infantili ispiratrici d’istinti più amorevoli proprio quando l’individuo,
entrando in una fase di decadimento fisico e intellettuale, ne ha più bisogno.
Tanto più poi che, al contrario, l’uomo non perde la barba che in realtà è
prerogativa di mascolinità.
Secondo diversi studiosi invece, la perdita di
capelli e il mantenimento della peluria sul mento sono interpretabili come
indicatori dell’autorevolezza data dall’età, assieme al fatto che collera e
determinazione generebbero un arrossamento maggiormente visibile della pelata.
Anche questa tesi tuttavia, suscitando più perplessità di quante ne risolva,
potrebbe invece rafforzare l’opinione di quanti pensano che la calvizie non
debba per forza avere uno scopo particolare se non quello d’essere inscritto
nei nostri geni.
c ) Riferimenti bibliografici
Desmond
Morris, Il nostro corpo, Milano
1986, Arnoldo Mondadori Editore.
Desmond Morris, L’uomo e i suoi gesti, Milano, V
edizione 1987, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Desmond
Morris, Il nostro corpo, Milano 1°
edizione 1982, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Allan
& Barbara Pease, Perché gli uomini
.. Perché le donne .. La bibbia del vivere in due, Milano 2006, RCS Libri S. p. A.
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