Perché l'uso del concetto di Paideia e di Cultura a 360°

Perché l'uso del concetto di Paideia e di cultura a 360°

Dall'iniziale esaltazione dell'aretè, ovvero il culto del coraggio, della valenza fisica e dell'astuzia, gli uomini di cultura e i politici greci vennero man mano delineando una più complessa idea di uomo valente. Costui infatti, accanto al coltivare l'àristoi, ossia l'essere prode, doveva curare : << .. Il padroneggiamento della parola ( .. ) qual segno della sovranità della mente .. >>, ( Werner Jaeger, Paideia, Milano II Edizione Bompiani Pensiero Occidentale 2011, RCS Libri S. p. A. ). E' così che il concetto greco di Paideia prese la sua forma definitiva.

Da allora sono passati più di 2000 anni ma la bellezza e il fascino della visione di come quei " grandi " ritenevano dovesse essere l'uomo ideale non solo non è sorpassata ma, stante la decadenza della nostra Società, è quanto mai attuale.

Ed egualmente fondamentale, oggi come allora è la determinazione delle qualità, virtù ed abilità che il soggetto d'elite debba aver maturato. Doti e nozioni che a mio parere possono rilevarsi soltanto cominciando a pubblicizzare e studiare quanto di meglio i ricercatori scientifici e i nostri " geni " abbiano scoperto nei loro studi attorno all'uomo e alla società.

.. Quanto al resto .. E' solo ciccia! ..

venerdì 4 ottobre 2019

Le Nazioni da sole non ce la fanno



In un precedente post si è detto che secondo Tremonti l’Italia, nonostante il debito altissimo, è entrata nell’Unione Europea grazie all’appoggio interessato degl’industriali tedeschi che in tal modo avrebbero costretto l’Italia a smetterla di fare loro concorrenza sleale grazie alla svalutazione della lira.
Ora propongo un punto di vista diverso e più convincente in quanto è improbabile che uomini di vaglia e lo stesso  governo di centro-sinistra che più si battè per entrare nell’Unione non capissero che così facendo non sarebbe andata bene. Non si trattava di sprovveduti ( si parla di economisti del calibro di Mario Draghi, Guido Carli, Romano Prodi, eccetera ) e dunque per costoro il gioco doveva valere la candela.
Secondo Giulio Conti infatti : << .. La crisi ha reso evidenti i rischi per la tenuta dell'intera Unione provocati da un'insufficiente competitività in alcuni Stati membri   e all'opposto, i benefici di cui hanno goduto quei paesi che hanno portato  avanti riforme volte ad aumentare la produttività, come ad esempio Spagna o Grecia. Occorre, per Draghi, prendere atto che “ oggi i governi nazionali non sono in grado di esercitare pienamente la propria sovranità da soli “ semplicemente “ non sono abbastanza potenti”.
Le esperienze dell'Europa sul terreno fiscale, o quelle del Fondo moneta­rio internazionale, insegnano che una «disciplina imposta da un organismo sopranazionale» può rendere più semplice definire il dibattito sulle riforme a livello nazionale. A fianco degli esistenti criteri di convergenza, Draghi ritiene allora opportuno introdurre una serie di «criteri strutturali» da ri­spettare per entrare e rimanere nell'area euro. Per perseguire i propri obiet­tivi i paesi dell'area euro devono imparare a «essere sovrani insieme», portando avanti le necessarie riforme strutturali e non interrompendo il processo di consolidamento dei conti pubblici. .. >>.
Vi era dunque e vi è tuttora una frazione d’intellettuali oltre a industriali e uomini politici di grande spessore per cui il far parte dell’Europa poteva e può imprimere un indirizzo virtuoso a quei Paesi, tra cui il nostro, che da soli non potrebbero comunque farcela.


Bibliografia

Giulio Conti, Squilibrio italiano e vincolo europeo, Milano 2019, Edizioni Lotta Comunista.

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